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Eutanasia. Il caso Lambert in Francia: decide il giudice o il medico?
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Articolo di Redazione
18 gennaio 2014 15:30
 
Abitualmente un giudice si esprime da solo sulle questioni di arbitrio-liberta'. Ma “visto il carattere inusuale” della questione sollevata, e' stato un collegio di nove magistrati che ha esaminato la vicenda Vincent Lambert al tribunale amministrativo di Châlons-en-Champagne. Il fatto che un tribunale imponga ad un'équipe medica di sospendere la decisione di bloccare un trattamento di un paziente, e' una primizia. Mai, fino ad oggi, un tribunale si era pronunciato su una questione di fine vita a questo livello. Sulla materia, a posteriori, solo delle corti d'assiste si erano pronunciate.
Il seguito avra' quindi una sua importanza. Se il Consiglio di Stato sara' chiamato in appello confermando la decisione del tribunale, si trattera' di una sentenza che fara' giurisprudenza. Se la procedura, invece, si fermera', questa sentenza costituira' un precedente.
La vicenda solleva il problema dell'assenza di direttive anticipate perche'  la volonta' del paziente sia considerata in modo preciso, oltre che diverse questioni relative alla legge Leonetti. Il deputato UMP, lui stesso, ha detto di prendere atto “con sorpresa” della decisione del tribunale, rilevando che la stessa “rischia di rendere fragile l'attuale legge”.
Medici o giudici, a chi la parola finale?
E' la funzione stessa del medico che sembra rimessa in discussione, con il tribunale che sentenzia che l'ostinazione irragionevole non e' stabilita, non piu' di tanto della volonta' del paziente di non vivere in uno stato di dipendenza. Valutazioni che rilevano, nella legge, la competenza del corpo medico.
Motivo per cui la dottoressa Véronique Fournier, del centro di etica clinica dell'ospedale Cochin, ritiene contestabile la decisione dei giudici: “E' incredibile, e soprattutto molto grave che un tribunale si sostituisca ai medici, e controlli le loro prescrizioni”. Questo medico, che ha preso parte, per la moglie di Lambert, alla procedura collegiale lanciata dal Centro Ospedaliero Universitario (CHU) di Reims vi vede “un mescolio dei ruoli, una confusione dei poteri”.
“Decidere sulla legalita' e' il mestiere dei giudici -dice, al contrario Francois Vialla, professore di diritto medico- ma e' chiaro che questa volta la vicenda era nuova: non sono stati chiamati ad esprimersi non su una domanda di offerte o altre cose, ma sulla vita di una persona”.
I medici intravedono due possibili derive dopo questa decisione: la “giudizializzazione” delle questioni del fine vita, e la prosecuzione delle pratiche di accanimento terapeutico, su cui la legge Leonetti voleva difendere il paziente. E' cio' che teme, per esempio, la Société française d’accompagnement et de soins palliatifs (Societa' francese di accompagnamento e cure palliative). Il rischio e' che in futuro, per non complicarsi la vita, i medici siano riluttanti a fare alcune riflessioni sull'opportunita' del blocco delle cure.
Quale impatto per i pazienti in stato di coscienza-minima?
La decisione del tribunale non riguarda l'handicap in generale ma le persone che non sono in grado di esprimere la propria volonta', e particolarmente quelli in uno stato di coscienza-minima come Vincent Lambert, o vegetativo. I magistrati hanno ritenuto che “trattandosi di un paziente in stato di coscienza-minima per il quale non puo' essere esclusa l'esistenza di una attivita' emozionale al di la' del semplice riflesso organico, il proseguimento delle cure e dei trattamenti non puo' che avere la finalita' del solo mantenimento artificiale della vita biologica”. Cioe', quei pazienti per cui il trattamento e' solo una nutrizione artificiale, non sono nell'ambito dell'accanimento terapeutico. Un punto interessante sul piano giuridico, ma che fa discutere.
“Questa decisione rassicura le équipe mediche che si occupano di pazienti di questo tipo”, sostiene il neurologo Xavier Ducroq, che rappresenta i genitori nella procedura collegiale. Secondo lui , se l'équipe medica avesse vinto, tutti questi pazienti avrebbero potuto essere giudicati in un contesto di “ostinazione irragionevole”. Per cui bisogna ricordare che le questioni di blocco dei trattamenti non sono delle trincee in assoluto, ma sempre un caso, ognuno specifico, per le équipe mediche.
Genitori o coniuge, chi deve essere ascoltato?
Il legislatore ha dato al medico la funzione di decidere, si' da evitare che questo peso sia delegato ai parenti. La famiglia, pero', deve essere consultata, dice la legge. Rachel Lambert, la moglie di Vincent Lambert, aveva deciso di “lasciarlo partire”, ma non i suoi genitori, che avevano interpellato la giustizia a maggio del 2013, ritenendo di essere stati emarginati. Ed e' questa la motivazione della prima sentenza di annullamento del blocco dei trattamenti. Il tribunale amministrativo ha valutato che l'insieme della famiglia dovesse partecipare alla discussione.
La vicenda Lambert ha quindi lanciato un dibattito sulla questione di una eventuale gerarchia. “La legge Leonetti del 2005 valuta l'importanza della famiglia. Ma chi e' questa famiglia? I discendenti? I genitori? Il coniuge? La legge non e' precisa”, dice l'Association pour le droit de mourir dans la dignité (associazione per il diritto a morire con dignita'). A maggio lo stesso onorevole Leonetti ha ritenuto che la legge, per la quale il dialogo e' una delle chiavi, non puo' prendere in considerazione ogni aspetto.
In caso di dubbio, la vita prima di tutto?
“Nella legge Leonetti, la questione piu' importante e' quella della messa in evidenza della realta' e della profondita' della volonta' del paziente. Il tribunale si e' incentrato su questo aspetto”, spiega Denys de Béchillon, professore di diritto pubblico. Cio' che i giudici hanno detto, secondo lui, e' che “il dubbio va a beneficio della vita”. La giustizia ha applicato “il principio di precauzione”, dice l'avvocato dei genitori, Jorome Triomphe. “Dire che la vita deve essere piu' importante in caso di dubbio, e' un principio morale, non una regola giuridica”, rileva Bruno Lorit, avvocato della moglie.
Quale impatto per il dibattito voluto da Francois Hollande?
“Questa decisione rende fondamentale un chiarimento della legge Leonetti sul mantenimento artificiale della vita. Questo non puo' essere fatto se non con una riforma che, giustamente, e' stata annunciata”, dice Vialla. Ma la complessita' del dibattito su un solo caso, nel momento in cui le situazioni di fine vita sono fortemente diverse fra loro, mostra come sia arduo questo compito per il governo.

(articolo di François Béguin  e Laetitia Clavreul pubblicato sul quotidiano Le Monde del 18/01/2014)
 
 
 
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