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Eutanasia, in Australia si apre il dibattito al Senato
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Articolo di Pym
3 febbraio 2011 11:35
 
Il Senato ha cominciato questa settimana a dibattere il progetto di legge per ridare agli Stati il diritto a legiferare in materia di eutanasia. Attualmente, il Governo federale può infatti annullare le leggi statali a suo piacimento, e proprio sull'eutanasia esercita questo potere dal 1996, quando uno Stato australiano aveva approvato la prima legge al mondo sull'argomento.
Senatori di entrambi gli schieramenti si sono detti favorevoli alla proposta del leader dei Verdi Bob Brown, che mira a rafforzare in particolare i diritti democratici dei cittadini dei Northern Territories. Ma gli oppositori della proposta temono che tutto questo sia solo un modo per legalizzare l'eutanasia.
Il senatore laburista Thish Crossin e il senatore della Coalizione Niger Scullion, entrambi dei Norhern Territories, hanno detto che la proposta di legge riguarda prima di tutto il diritto del loro Stato di "prendere le proprie decisioni autonomamente". Ma la laburista Ursula Stephens, del New South Wales, e la liberale Sue Boyce, del Queensland, si sono scagliate contro il testo, accusando i promotori di voler solo legalizzare l'eutanasia.
Anche se ufficialmente il Governo non si è ancora pronunciato sulla proposta, il ministro per l'Immigrazione, Kate Lundy, ha criticato il senatore Brown per aver forzato i tempi del dibattito.
Dalla sua Brown ha citato i numerosi sondaggi che mostrano una netta maggioranza degli australiani, intorno al 70-80%, a favore della legalizzazione dell'eutanasia. Negli ultimi due anni, grazie ai Verdi, tutti i parlamenti statali hanno dibattuto proposte di legge su questo tema.
Il senatore liberale del West Australia Chris Back, unico veterinario presente in Parlamento, ha raccontato di aver dovuto molto spesso ricorrere all'eutanasia nella sua professione, e che ogni volta si è trattato di una decisione difficilissima. Proprio per questo si è detto contrario all'introduzione dell'eutanasia per gli esseri umani, su cui si dovrebbe agire solo tramite le migliori pratiche della medicina palliativa.
Intanto, in un dibattito organizzato al Parlamento del New South Wales, un esperto ha detto che la legalizzazione dell'eutanasia non produce alcun "effetto valanga", come sostengono la Chiesa cattolica e altri detrattori dell'autodeterminazione. L'oncologo e professore universitario belga Jan Bernheim, ha spiegato che non solo regolamentare non fa aumentare la percentuale di coloro che ricorrono all'eutanasia in ogni sua forma, ma anzi riduce i casi in cui si ricorre a questa pratica senza l'esplicito consenso del paziente. Il dibattito è stato organizzato dal deputato verde Cate Faehrmann, che a breve depositerà una nuova proposta di legge in Parlamento.
Il professor Bernheim ha spiegato che in Belgio, nonostante sia intervenuta la legalizzazione dell'eutanasia, dal 1998 al 2007 non si è modificata la percentuale di decessi causati dall'intervento di un medico. In un sondaggio anonimo condotto dall'ordine dei medici belga fra i propri iscritti, è risultato che il tasso di mortalità dovuto a decisioni mediche è rimasto stabile al 4% prima e dopo il 2002, anno in cui il Parlamento ha legalizzato la pratica.
Dopo l'introduzione della legge e' invece quasi raddoppiata la percentuale dei casi di eutanasia attiva, da 1 a 1,9%, e dimezzata la percentuale di morti causate da decisioni mediche senza l'esplicito consenso dei pazienti (dal 3% all'1,8%). E in questi ultimi casi, spiega Bernheim, i medici hanno agito "per accorciare l'estrema sofferenza dei pazienti che non sono più capaci di esprimersi", solitamente con l'accordo tacito delle famiglie e del personale sanitario. "Dovrebbero essere considerati come omicidi se la legge fosse applicata alla lettera", ha spiegato. I casi di suicidio medicalmente assistito sono aumentati dallo 0,1% di tutti i decessi allo 0,3%.
Sono aumentati dal 12 al 15% anche i decessi a seguito di cure palliative, casi in cui i medici "accettano il rischio che la vita possa essere abbreviata" a causa dei trattamenti sanitari. Questo fa pensare, spiega Bernheim, che dopo l'introduzione della legge sull'eutanasia vi sia un numero maggiore di persone che ricevono trattamenti adeguati di fine vita.
 
 
 
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