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Austria. Aiuto al suicidio: non colpevole
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Articolo di Robert Benedikt
13 ottobre 2007 0:00
 
Si sarebbe potuto sentire volare una mosca nell'aula di Corte d'Assise del Tribunale regionale di Klagenfurt, il 10 ottobre, quando l'imputato raccontava delle sofferenze di sua moglie Renate: "Ogni giorno un muscolo smette di funzionare, e cio' procura dolori indicibili. La sclerosi laterale amiotrofica (Sla) e' peggio del cancro. Renate era del tutto consapevole che sarebbe morta in poco tempo". La letterartura scientifica indica una sopravvivenza massima di tre anni. Per la Sla non esiste una terapia efficace e di solito la morte avviene per soffocamento.
Il Pubblico ministero, Franz Simmerstatter, aveva istruito la causa contro l'ingegnere 56enne della Carinzia sulla scorta di una segnalazione anonima; l'accusa era di collaborazione al suicidio, reato che in Austria e' punibile con una pena variante tra i cinque mesi e i sei anni. L'imputato, assecondando la volonta' di sua moglie, nel dicembre 2003 l'aveva accompagnata in Svizzera dove, a determinate condizioni, l'assistenza al suicidio non e' punito. A Zurigo la signora aveva ricevuto la medicina mortale. Suo marito era accanto a lei e ha potuto riferire: "S'e' addormentata dolcemente".
Il difensore, Wolf Guenter Auer chiede l'assoluzione, sottolineando che "non sono riscontrabili motivi abbietti". Dice ai giudici popolari che dovrebbero valutare la difficile situazione personale in cui era venuto a trovarsi l'imputato. Il legale accenna all'Olanda e al Belgio, dove l'assistenza al suicidio e' stata legalizzata, e anche alla Germania, dove la legge non contempla il reato di collaborazione al suicidio. Invece il pubblico ministero chiede una condanna nel rispetto della legge. Ammonisce i giudici popolari: "Se voi mandate assolto l'imputato, spalancate la porta all'eutanasia". Tuttavia, anche lui riconosce che il gesto merita comprensione. Pertanto suggerisce una condanna lieve con sospensione condizionale della pena.
L'imputato racconta che sua moglie aveva sentito in Tv dell'esistenza di Dignitas, l'associazione zurighese che da' la possibilita' ai malati terminali di abbandonare volontariamente questa vita. Da quel momento, tutti i loro colloqui ruotavano intorno a quella chance. "Voleva andare a tutti i costi a Zurigo; l'unica sua preoccupazione era che non riuscisse piu' a fare il viaggio".
Prima che i giudici popolari si ritirassero in Camera di consiglio, il difensore ha voluto ricordare il dovere dell'assistenza, che obbliga il coniuge a dare conforto e aiuto al partner in difficolta'. Niente piu' di questo ha fatto l'imputato. Oltre tutto, ha ricordato, dal 2005 sono 58 gli austriaci iscritti a Dignitas che hanno contemplato quella stessa evenienza. Una condanna imporrebbe al pubblico ministero l'esame di tutti quei casi. Dopo breve ritiro in Camera di consiglio, il giudice Christian Liebhauser-Karl ha letto la sentenza d'assoluzione. Il fatto sussiste, ma occorre valutare il caso specifico: "Da un lato, c'e' una moribonda capace d'intendere e di volere; dall'altro, l'imputato, che vede la sofferenza tremenda di sua moglie e accetta la sua volonta'". Il pubblico ministero presentera' ricorso contro la sentenza. (Die Presse, trad. Rosa a Marca)
 
 
 
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