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Coronavirus e viaggi. Gli albergatori si chiamano fuori. Rimborsi negati
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Comunicato di Emmanuela Bertucci
29 maggio 2020 16:19
 
  Dopo la netta presa di posizione dell'Antitrust di ieri 28 maggio, che ha annunciato che sui voucher per i viaggi non effettuati causa Covid disapplicherà il diritto italiano in favore del diritto europeo che garantisce i rimborsi ai consumatori, una delle prime prese di posizione è quella degli albergatori che tramite Federalberghi si chiamano fuori, specificando che la segnalazione Antitrust non li menziona. 

Osservazione tecnicamente corretta, perchè le norme comunitarie in tema di diritto al rimborso dei viaggiatori coprono il settore dei pacchetti turistici e dei trasporti e non anche la singola prestazione alberghiera. Quindi sì, l’Unione Europea non potrà imporre all’Italia di abrogare (pena l’avvio di una procedura di infrazione) la norma sui voucher per quanto riguarda gli alberghi, ma va da sé che se un principio è ingiusto, lo è a priori, e non solo in ragione di un espresso divieto che provenga da “mamma” Unione Europea.

Il primo pensiero degli albergatori è stato “tana libera tutti”: a noi non potete farci nulla.

Ricordiamo che il decreto liquidità ha settorialmente abrogato un principio cardine del nostro diritto civile, quello secondo il quale se una prestazione non viene resa per impossibilità sopravvenuta gli eventuali pagamenti già fatti devono essere restituiti.
Non fosse stato emanato il decreto liquidità, quello che stanno facendo agenzie di viaggi, albergatori, compagnie aeree, organizzatori di concerti eventi e spettacoli e società di calcio sarebbe reato, e si tratterebbe di appropriazione indebita.

Quindi è stata emanata una legge che legalizza un reato e “depenalizza” una condotta, va da sé che non è una bella legge.

Il direttore di Federalberghi ieri durante un’intervista ha spiegato chiaramente qual è il punto della questione: “non si commetta l'errore di credere che la scelta è fra un rimborso oggi e un voucher domani. La scelta è fra un voucher domani e nulla oggi perchè le imprese il denaro da restituire non ce l'hanno”. Aggiunge quindi che l’atteggiamento dei consumatori che pretendono il rimborso assomiglia tanto ai capricci del bambino che pesta i piedi perché vuole qualcosa che la mamma non può dargli.
Noi riteniamo invece che sia profondamente ingiusto che i danni del coronavirus – se qualcuno deve rifonderli al settore turistico– siano rifusi dal cittadino e non dallo Stato. Cittadino che non è socio, non riceve dividendi, e non è un istituto di credito che ci guadagna in interessi e commissioni. E’ semplicemente l’ultima ruota del carro al quale è stato imposto da una norma che chiediamo al presidente del Consiglio, al Governo e al Parlamento di cambiare subito.

Ma siamo anche concreti, e ben comprendiamo come non sia possibile cavare sangue dalle rape quindi abbiamo proposto al Presidente di Federalberghi un punto di incontro, che poi è quello saggiamente suggerito sia dalla Commissione europea che dall’Antitrust:

- consentire al consumatore di scegliere fra voucher e rimborso;
- per invogliare i consumatori a scegliere il voucher, renderlo “appetibile” (ad esempio al 105/110%);
- assicurarli in caso di fallimento dell’impresa, per evitare che il consumatore perda i suoi soldi;
- in caso di mancato utilizzo, garantirne il rimborso economico.

La risposta di Federalberghi è stata: “vedremo cosa dirà il legislatore”, cioè non siamo disponibnili a nessun rimborso a meno che il legislatore non ce lo imponga..

Quindi la nostra richiesta la avanziamo al legislatore, affinché in tutti i settori in cui ha consentito il voucher: pacchetti turistici, mezzi di trasporto, soggiorni alberghieri, eventi sportivi, concerti, eventi culturali, di accogliere le richieste dell’UE – e non solo nei settori disciplinati da mamma Commissione europea – ma in tutti.

Solo in questo modo eviterà che si incrini definitivamente il rapporto fiduciario con i clienti consumatori, eviterà (ed eviteremo) sanzioni da procedura di infrazione che ricadranno su tutti e ripristinerà una legalità ad oggi lesa dalla stessa legge.

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