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 ITALIA - ITALIA - Staminali. Speranze contro distrofia muscolare
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9 marzo 2015 15:10
 
La ricerca italiana accende nuove speranze per la terapia cellulare delle distrofie muscolari, malattie in cui la muscolatura scheletrica si atrofizza progressivamente, compromettendo la capacità di movimento fino a causare insufficienza cardio-respiratoria anche molto grave. Un team dell'università degli Studi di Milano ha infatti identificato il gene che rende una particolare popolazione di staminali - i mesogangioblasti, scoperti nel nostro Paese dallo scienziato Giulio Cossu - efficaci nel guidare la rigenerazione delle fibre muscolari danneggiate dalla distrofia. Il lavoro è pubblicato su 'Nature Communications'. "Possiamo affermare con orgoglio - afferma Graziella Messina, a capo del gruppo di ricerca - che questo studio apre la via a nuove possibilità per la sperimentazione dei mesangioblasti nella terapia delle distrofie muscolari". Queste patologie, ad oggi senza cura risolutiva - spiegano gli studiosi - sono causate da mutazioni geniche che portano alla mancata espressione di proteine fondamentali per la corretta 'architettura' delle fibre muscolari, e quindi per la loro resistenza. L'effetto di queste mutazioni è una maggiore fragilità per cui, durante la contrazione, le fibre si danneggiano e muoiono, sostituite progressivamente da tessuto cicatriziale e grasso. In una serie di studi precedenti, iniziati alla Sapienza di Roma e continuati alla Statale di Milano - ricorda una nota dall'ateneo di via Festa del Perdono - è stata isolata e caratterizzata per la prima volta una classe di progenitori cellulari associati ai vasi sanguigni, chiamati mesoangioblasti. Negli ultimi anni l'équipe meneghino ha scoperto che queste cellule sono in grado di differenziare in muscolo scheletrico e, se iniettate per via sistemica, riescono ad attraversare la parete dei vasi sanguigni per partecipare alla rigenerazione delle fibre muscolari danneggiate nelle prime fasi di una distrofia. Sulla base di questi dati era partito uno studio clinico di fase I/II nella distrofia muscolare di Duchenne, che tuttavia si è concluso dimostrando sì la sicurezza del metodo, ma non ancora la sua efficacia. "Ora, in questo nuovo lavoro si compie un nuovo importante passo in avanti", assicurano gli scienziati.
Da scoperta mesoangioblasti a prospettiva test clinici, una storia 'tricolore' Il gruppo del Dipartimento di Bioscienze della Statale di Milano, guidato da Graziella Messina, ha scoperto il ruolo cruciale che un particolare gene - chiamato PW1/Peg3 - svolge nel determinare l'effettiva efficacia dei mesangioblasti, derivati da diversi donatori o da pazienti, nella rigenerazione delle fibre muscolari. Il lavoro apre quindi la via a nuove possibilità per la sperimentazione dei mesangioblasti nella terapia delle distrofie muscolari. I ricercatori hanno infatti osservato che il gene PW1/Peg3 è espresso ad alti livelli in popolazioni di mesoangioblasti che differenziano bene in muscolo scheletrico, mentre è assente in mesoangioblasti che non sono in grado di differenziare sia in vitro che in vivo quando trapiantati in topi distrofici. E' stato inoltre osservato che quando PW1/Peg3 è assente mesoangioblasti non sono più in grado di attraversare la parete dei vasi sanguigni se trapiantati per via sistemica. "Abbiamo scoperto - precisa Messina - che PW1/Peg3 risulta essenziale nel conferire ai mesoangioblasti la loro capacità di differenziare in muscolo scheletrico e di attraversare la parete dei vasi: due aspetti che permettono di predire in anticipo la potenzialità dei mesoangioblasti per la terapia cellulare delle distrofie muscolari". La ricerca è frutto di una collaborazione con Giulio Cossu (università degli Studi di Milano e University of Manchester, Gb), il 'papà' dei mesoangioblasti, con il gruppo di David Sassoon (Inserm-Institut de Myologie di Parigi) che ha da sempre studiato e caratterizzato il gene PW1/Peg3, ed Elisabetta Dejana (università Statale e Istituto Firc di oncologia molecolare-Ifom di Milano) che da sempre studia le interazioni cellula-cellula nell'endotelio.
 
 
 
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