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 ITALIA - ITALIA - Embrioni sovrannumerari e ricerca. La disponibilita' dei medici cattolici
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17 febbraio 2011 19:48
 
"Se, e soltanto se, un embrione e' congelato da troppi anni per poter essere impiantato in sicurezza" nell'utero di una donna che per diventare madre si sottopone a fecondazione assistita, "piuttosto di buttarlo credo sia giusto utilizzarlo a scopi di ricerca. A patto pero' che si tratti di una ricerca rigorosamente controllata, e a condizione di non arrivare mai a creare un embrione solo per usarlo a scopo scientifico". A parlare e' Giorgio Lambertenghi Deliliers, presidente dell'Associazione medici cattolici italiani (Amci) di Milano, che questa sera nel capoluogo lombardo ha promosso il dibattito 'Embrioni sovranumerari: quale il loro destino?'.
Sentito dall'Adnkronos Salute, Lambertenghi precisa che la sua posizione non vuole esprimere quella di tutta l'Associazione, bensi' "un punto di vista personale", comunque "di medico cattolico".
Un'apertura che acquista ancora piu' significato alla luce dello studio pubblicato nei giorni scorsi, firmato anche da scienziati italiani, che ha svelato la possibile cancerogenicita' delle staminali adulte 'ringiovanite' a simil-embrionali (cellule pluripotenti indotte iPS) secondo la tecnica messa a punto dal giapponese Shinya Yamanaka. Risultati che hanno portato molti ricercatori pro-staminali a tornare a chiedere il via libera all'impiego degli embrioni prodotti in eccedenza nei centri di procreazione medicalmente assistita, come fonti di staminali embrionali utili al progresso della medicina.
Se e' vero che "dopo un periodo di tempo compreso fra 5 e 10 anni - evidenzia Guido Ragni, presidente della Federazione italiana delle societa' della riproduzione umana - gli embrioni crioconservati non possono piu' dare origine a una gravidanza", perche' non piu' vitali o addirittura portatori di alterazioni cromosomiche, "allora perche' non poterli utilizzare in ricerche rigorosamente controllate?", si chiede Lambertenghi. "Perche' no? Da medico cattolico credo che la Chiesa debba dare una risposta".
Ma quanti sono gli embrioni congelati in bidoni di azoto liquido nei centri italiani di fecondazione assistita? I numeri non sono tutti certi, ma sicuramente alti. "Al 26 aprile 2004 il censimento del ministero delle Salute ne contava 29.274 in 88 centri", ricorda Ragni. "Il censimento degli embrioni conservati in stato di abbandono, i cosiddetti embrioni 'orfani' che si sarebbero dovuti trasferire dai vari centri di Pma alla Banca appositamente creata al Policlinico di Milano - ipotesi poi tramontata per motivi economici - contava inoltre, al 21 giugno 2006, 2.527 embrioni abbandonati da 603 coppie".
Dopo il giro di boa del maggio 2009, quando una sentenza della Corte Costituzionale ha in parte abbattuto i rigidissimi 'paletti' della legge 40 alla crioconservazione degli embrioni, il numero di quelli congelati "e' aumentato, anche se non di moltissimo. Secondo le mie stime - prosegue Ragni - nel 2009 nei principali centri italiani di Pma sono stati congelati 5-6 mila embrioni sovranumerari, contro 763 nel 2008, 768 nel 2007, 819 nel 2006 e 659 nel 2005". Solo nel Centro sterilita' della Mangiagalli di Milano, gli embrioni congelati sono passati da "26 nel 2005, 32 nel 2006, 36 nel 2007 e 21 nel 2008 a 84 nel 2009 e 115 nel 2010. Considerando che alcuni sono stati regolarmente impiantati, la contabilita' definitiva a oggi e' di 106 embrioni di 69 coppie".
E quanti degli embrioni in surplus possono essere considerati orfani? "Si parla di un 5% circa", calcola Ragni. Una quota bassa che tuttavia "rappresenta un problema enorme di etica del paziente - sostiene lo specialista, pur noto per le sue posizioni di non obiettore - Si tratta di coppie che, firmando un consenso informato, chiedono ai medici di creare embrioni, ma che poi non si fanno piu' vive, nella maggior parte dei casi senza gravi motivazioni che lo giustifichino. Tutti parlano di diritti delle coppie, ma ci sono anche dei doveri ed e' ora di dirlo", incalza il presidente della Federazione italiana delle societa' scientifiche di riproduzione umana.
Quindi cosa fare degli embrioni prodotti in sovranumero nei centri di Pma della Penisola, che solo nel 27% dei casi (49 su 180 di secondo livello) non congelano ne' ovociti ne' embrioni, pur con differenze notevoli a livello regionale (il dato di chi non crioconserva sale dal 12% della Lombardia al 40% della Campania e al 60% della Sicilia)?
"La mia posizione e' nota e non devo certo fare outing", risponde Ragni. "Innanzitutto vanno distinti gli embrioni congelati da meno tempo da quelli congelati da piu' di 10 anni. Per i primi, ancora vitali, io credo sia opportuno metterli 'in donazione' a coppie che ne hanno bisogno. Una cosa ben diversa che darli 'in adozione', perche' mentre quando si adotta un bambino si adotta una vita, l'embrione e' un progetto di vita e come tale comporta sfide e rischi ben diversi. Per quanto riguarda invece gli embrioni crioconservati da oltre 10 anni, che non hanno avuto la possibilita' di essere donati prima e che ormai non rappresentano piu' un progetto di vita, i casi sono due: o li teniamo congelati per tutta la vita, oppure, come io ritengo giusto, li mettiamo a disposizione della ricerca".
Un'analisi che Lambertenghi, da cattolico, condivide: "Anch'io ritengo che l'adozione di un embrione sia una strada poco percorribile - riflette - perche' mi chiedo se una donna voglia davvero farsi impiantare in utero un embrione di cui non sa nulla, o non preferisca piuttosto adottare un bambino senza famiglia". Quanto poi agli embrioni 'vecchi', "penso che Ragni abbia ragione. Piuttosto di buttarlo, credo che un embrione non piu' vitale possa essere utilizzato per studi scientifici rigorosi".
 
 
 
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