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 SVEZIA - SVEZIA - Svezia. Ottenuto tessuto cerebrale in provetta da staminali adulte
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4 agosto 2005 19:19
 
Alcuni ricercatori svedesi e norvegesi sono riusciti a prelevare cellule staminali adulte dal cervello di persone malate (che si erano sottoposte a indagini cliniche) e a coltivarle creando delle vere e proprie cellule cerebrali. L'esperimento accresce la speranza di arrivare in futuro a curare malattie gravissime come l'Alzheimer e il morbo di Parkinson.
Lo riferisce il quotidiano danese Berlingske Tidende descrivendo il lavoro compiuto dai ricercatori dell'ospedale universitario di Stoccolma, l'Istituto Karolinska, dove da cellule staminali adulte si e' arrivati a formare dei neuroni, in seguito messi anche in grado di comunicare fra di loro.
Le cellule staminali sono state prelevate da 13 pazienti che avevano eta' diverse, fra i 9 e i 69 anni e che nell'ospedale Karolinska erano stati sottoposti ad un procedure terapeutica di drenaggio a causa di una anomala formazione di liquidi nel cervello.
I piccoli campioni di tessuto cerebrale contenuti in questi liquidi contengono una media di 50 cellule staminali, che una volta divise hanno dato origine a milioni di diversi tipi di cellule cerebrali. L'esperimento e' riuscito elaborando le cellule di dieci dei pazienti, e da un quarto di queste cellule si e' arrivati a dar vita ai neuroni. A questo punto i ricercatori li hanno dotati di sostanze (neurotrasmettitori) e li hanno resi attivi, capaci, attraverso le cosiddette sinapsi.
Il risultato e' stato quello di ottenere un tessuto cerebrale in provetta. L'obiettivo dei ricercatori e' di ottenere cellule curative: "Potenzialmente nel lungo periodo si puo' pensare di prelevare delle cellule staminali dal cervello di un malato di Parkinson, di coltivarle in laboratorio per creare quei tipi di cellule che la malattia ha distrutto e in seguito di impiantarle nel cervello del paziente", dice il professor Iver Langmoen, dell'Istituto Karolinska. Per il momento si cerchera' di compiere l'esperimento sui topi per verificare se il metodo e' applicabile agli esseri umani. "Lo potremo sapere fra tre o quattro anni", e' l'ipotesi del professor Langmoen.
 
 
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