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 ITALIA - ITALIA - Italia. Woo Suk Hwang a Bologna
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Notizia 
13 ottobre 2005 17:44
 
"In un futuro molto prossimo, spero in 5-10 anni, potra' cominciare la sperimentazione sull'uomo. E penso che in 10-20 anni si possa passare alla cura, al trasferimento dei risultati delle nuove ricerche sulle cellule staminali sugli ammalati". Il padre della clonazione terapeutica, il coreano Woo Suk Hwang, docente all' Universita' di Seul, ha risposto ai giornalisti a margine dell'incontro a Bologna dello scorso 7 ottobre "Senza identita': il segreto delle cellule staminali", nell'ambito di Cronobie, cronache dal futuro della scienza.
"La clonazione -ha detto il coordinatore dell'incontro, Carlo Flamigni, esperto di fecondazione assistita e componente del Comitato nazionale di bioetica- e' parola da esorcizzare. A parte che deriva da una parola greca che significa germoglio e quindi sarebbe piu' adatta alla botanica che non alla genetica, non deve far paura perche' servira' alla cura di malattie terribili, mentre la clonazione umana, al di la' delle obiezioni etiche e' impossibile perche' si e' visto sulle sperimentazioni animali che i cloni sono portatori di gravi patologie".
Hwang ha detto che le applicazioni delle ricerche sulle cellule staminali daranno risultati nei termini di cura su malattie come le lesioni spinali, il diabete, malattie del sangue, l'aids, le immunodeficenze, le lesioni degenerative cerebrali, l' Alzheimer, il Parkinson, il morbo di Lou-Goeherig.
Il docente coreano a Bologna per un breve incontro ed un immediato rientro in Corea dove il 19 ottobre aprira' una grande banca di cellule staminali, ha detto che gli Stati dovrebbero investire di piu' su questo tipo di ricerche, "ovviamente all'interno di protocolli molto rigidi". Protocolli che serviranno ad evitare degenerazioni dei ricercatori ma che non porteranno alla "clonazione umana". "Sono decisamente, fortemente contrario e sono sicuro che non accadra' mai. Non c'e' da preoccuparsi".
E' bastata la presenza nel nostro Paese dello scienziato sudcoreano per riaprire un dibattito e sentire ancora delle voci contrarie alla ricerca con le staminali embrionali.
Non fossilizzarsi sui problemi di natura etica che con lo sviluppo della ricerca saranno superati. E' l'invito di uno dei maggiori esperti italiani di cellule staminali non embrionali, Cesare Peschle dell'Istituto Superiore di Sanita'. Un invito, quasi, ad abbassare i toni della polemica che si e' scatenata intorno alla ricerca sulle staminali.
"Noi lavoriamo sulle staminali post-embrionali o post-natali prelevate da cordone ombelicale, da feti abortiti terapeuticamente o ancora su cellule staminali adulte. Ma non siamo contro chi lavora sulle staminali da embrioni, che lavorano su un binario parallelo al nostro, ed e' su questi due binari che corre il treno della ricerca".
Anche se "per ora non esiste un solo paziente trattato con cellule staminali embrionali, mentre con le staminali post-natali sono state trattate decine di migliaia di pazienti: dai grandi ustionati a chi ha subito un trapianto di cornea, fino a chi e' affetto da talassemia, una malattia molto importante nel nostro Paese, o da leucemia acuta e tumori solidi del sangue, trattati con trapianti autologhi di cellule ematopoietiche".
Peschle insiste infine sul fatto che "nuovi studi confermano che, anche tra le cellule staminali adulte o post-natali, esistono cellule totipotenti come quelle embrionali, anche se rare". L'efficacia delle staminali adulte e' "solida, acquisita, sicura", dice lo scienziato, "mentre sulle embrionali si lavora da meno tempo, inoltre in alcuni Paesi, come gli Usa, esistono limitazioni governative che impediscono di condurre ricerche".
Sostenitore della ricerca sulle cellule adulte e' il ginecologo Salvatore Mancuso dell'universita' Cattolica di Roma: "Grazie recentissimi studi si aprono interessanti strade di ricerca come ad esempio quella percorsa da alcuni studiosi dell'universita' del Tennessee condotta da Robert Bukowsky il quale e' riuscito a coltivare cellule del rivestimento superficiale dell'ovaio (epitelio) ottenendo cellule staminali in grado di dare luogo a ovociti maturi. Con questa recente tecnica c'e' la possibilita' di coltivare in provetta le cellule staminali adulte che producono ovociti da poter utilizzare per studi".
 
 
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"In un futuro molto prossimo, spero in 5-10 anni, potra' cominciare la sperimentazione sull'uomo. E penso che in 10-20 anni si possa passare alla cura, al trasferimento dei risultati delle nuove ricerche sulle cellule staminali sugli ammalati". Il padre della clonazione terapeutica, il coreano Woo Suk Hwang, docente all' Universita' di Seul, ha risposto ai giornalisti a margine dell'incontro a Bologna dello scorso 7 ottobre "Senza identita': il segreto delle cellule staminali", nell'ambito di Cronobie, cronache dal futuro della scienza.
"La clonazione -ha detto il coordinatore dell'incontro, Carlo Flamigni, esperto di fecondazione assistita e componente del Comitato nazionale di bioetica- e' parola da esorcizzare. A parte che deriva da una parola greca che significa germoglio e quindi sarebbe piu' adatta alla botanica che non alla genetica, non deve far paura perche' servira' alla cura di malattie terribili, mentre la clonazione umana, al di la' delle obiezioni etiche e' impossibile perche' si e' visto sulle sperimentazioni animali che i cloni sono portatori di gravi patologie".
Hwang ha detto che le applicazioni delle ricerche sulle cellule staminali daranno risultati nei termini di cura su malattie come le lesioni spinali, il diabete, malattie del sangue, l'aids, le immunodeficenze, le lesioni degenerative cerebrali, l' Alzheimer, il Parkinson, il morbo di Lou-Goeherig.
Il docente coreano a Bologna per un breve incontro ed un immediato rientro in Corea dove il 19 ottobre aprira' una grande banca di cellule staminali, ha detto che gli Stati dovrebbero investire di piu' su questo tipo di ricerche, "ovviamente all'interno di protocolli molto rigidi". Protocolli che serviranno ad evitare degenerazioni dei ricercatori ma che non porteranno alla "clonazione umana". "Sono decisamente, fortemente contrario e sono sicuro che non accadra' mai. Non c'e' da preoccuparsi".
E' bastata la presenza nel nostro Paese dello scienziato sudcoreano per riaprire un dibattito e sentire ancora delle voci contrarie alla ricerca con le staminali embrionali.
Non fossilizzarsi sui problemi di natura etica che con lo sviluppo della ricerca saranno superati. E' l'invito di uno dei maggiori esperti italiani di cellule staminali non embrionali, Cesare Peschle dell'Istituto Superiore di Sanita'. Un invito, quasi, ad abbassare i toni della polemica che si e' scatenata intorno alla ricerca sulle staminali.
"Noi lavoriamo sulle staminali post-embrionali o post-natali prelevate da cordone ombelicale, da feti abortiti terapeuticamente o ancora su cellule staminali adulte. Ma non siamo contro chi lavora sulle staminali da embrioni, che lavorano su un binario parallelo al nostro, ed e' su questi due binari che corre il treno della ricerca".
Anche se "per ora non esiste un solo paziente trattato con cellule staminali embrionali, mentre con le staminali post-natali sono state trattate decine di migliaia di pazienti: dai grandi ustionati a chi ha subito un trapianto di cornea, fino a chi e' affetto da talassemia, una malattia molto importante nel nostro Paese, o da leucemia acuta e tumori solidi del sangue, trattati con trapianti autologhi di cellule ematopoietiche".
Peschle insiste infine sul fatto che "nuovi studi confermano che, anche tra le cellule staminali adulte o post-natali, esistono cellule totipotenti come quelle embrionali, anche se rare". L'efficacia delle staminali adulte e' "solida, acquisita, sicura", dice lo scienziato, "mentre sulle embrionali si lavora da meno tempo, inoltre in alcuni Paesi, come gli Usa, esistono limitazioni governative che impediscono di condurre ricerche".
Sostenitore della ricerca sulle cellule adulte e' il ginecologo Salvatore Mancuso dell'universita' Cattolica di Roma: "Grazie recentissimi studi si aprono interessanti strade di ricerca come ad esempio quella percorsa da alcuni studiosi dell'universita' del Tennessee condotta da Robert Bukowsky il quale e' riuscito a coltivare cellule del rivestimento superficiale dell'ovaio (epitelio) ottenendo cellule staminali in grado di dare luogo a ovociti maturi. Con questa recente tecnica c'e' la possibilita' di coltivare in provetta le cellule staminali adulte che producono ovociti da poter utilizzare per studi".
 
 
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