testata ADUC
Il vanto dell'Occidente
Scarica e stampa il PDF
Articolo di Pietro Yates Moretti
28 ottobre 2006 0:00
 
Qualche tempo fa, in un confronto televisivo con un rappresentante del mondo musulmano, il vescovo di San Marino-Montefeltro, monsignor Luigi Negri, ha definito la separazione fra Stato e Chiesa "il vanto dell'Occidente". Eppure, nel dibattito sull'eutanasia, apertosi con la richiesta di Piergiorgio Welby di morire ed il prezioso invito a discuterne del Presidente della Repubblica, questa separazione risulta piu' fragile di quanto il monsignore desidererebbe.
La principale obiezione alla richiesta di legalizzazione dell'eutanasia e' fondata infatti sul principio della 'sacralità' della vita, un bene -si dice- indisponibile. Nelle parole di un altro principe della Chiesa, il vescovo di Chieti Bruno Forte, "la vita non e' proprieta' privata", parole fatte proprie da molti uomini politici intervenuti nel dibattito di questi giorni. E allora, viene da chiedersi, di chi e' la vita? E' un bene pubblico, dato in concessione ai singoli da parte dello Stato come una frequenza radiotelevisiva?
Ovviamente il vescovo rispondera' che la vita appartiene a Dio, che e' un suo dono, e pertanto solamente Lui puo' disporne. Ma se l'opinione dell'uomo di fede e di Chiesa e' -naturalmente- legittima, e' desolante che, sulla medesima base, siano numerosissimi i legislatori che respingono la richiesta di legalizzare l'eutanasia, se non addirittura di discuterne. Uno Stato che voglia definirsi "separato", altro, da una istituzione o fede religiosa, non puo' contemplare nel suo ordinamento il concetto assoluto di "sacralita'", e tantomeno puo' proteggere un bene in quanto "sacro" (ovvero cio' che e' connesso con Dio o dedicato ad una funzione religiosa). Un eventuale rifiuto del Parlamento di legalizzare o anche di discutere di eutanasia nel nome della "sacralita'" della vita sarebbe quindi una bestemmia costituzionale, e contraddirebbe le condivisibili considerazioni di monsignor Negri sull'Occidente.
Con questo non intendiamo certo negare il diritto dei singoli parlamentari ad esprimere il loro credo religioso. Ma da qui ad imporre a tutti i cittadini cio' che e' una convinzione privata, di fede, ce ne corre. Anche perche' la definizione di "vita" e di "sacralita'" cambia di religione in religione, di cittadino in cittadino, e spesso anche all'interno di una stessa fede. Basti pensare che la Chiesa valdese, una istituzione cristiana, sostiene la necessita' di legalizzare l'eutanasia, e lo stesso fanno numerose altre Chiese cristiane protestanti. Anche fra gli stessi credenti cattolici vi e' una maggioranza favorevole alla legalizzazione di questa pratica (un recente sondaggio del Corriere della Sera lo ha riconfermato).
Questo ultimo dato non e' da sottovalutare, in quanto costituisce la riprova di una separazione non del tutto riuscita fra Stato italiano e Chiesa. Infatti il legislatore che oppone la sacralita' della vita alla legalizzazione dell'eutanasia non fa proprie le posizioni e sensibilita' religiose del mondo cristiano -e neanche di quello cattolico in senso stretto- ma di una minoranza di cattolici, rappresentata dalle gerarchie ecclesiastiche: e' vita dal concepimento alla morte naturale. Perche' il Parlamento rifletta spesso le posizioni di una influente minoranza di cattolici, piuttosto che di quella maggioranza che li ha eletti, e' questione su cui lasciamo ad ognuno trarre le proprie conclusioni.
E' quindi inevitabile che il dibattito sull'eutanasia prenda la forma ormai sperimentatissima della contrapposizione che abbiamo gia' visto con l'aborto ed il divorzio, e piu' recentemente sulla fecondazione assistita. Una parte politica, maggioritaria e trasversale, rimarra' all'unisono sulle posizioni della Chiesa; l'altra apparira' timida e riluttante a prendere una posizione chiara a difesa della liberta' individuale nel nome dell'immancabile "non e' il momento". Nel mezzo, i soliti noti, i famigerati "laicisti", e, soprattutto, la maggioranza dei cittadini italiani, molti dei quali hanno gia' riflettuto in profondita' sull'argomento, spesso anche a causa di una tragedia vissuta in famiglia.
Quello che pero' e' accaduto e' straordinario, in quanto si e' aperto -anche se forse per poco- un dibattito che fino ad ora stentava a superare la sporadica invettiva antinazista. E' un primo importante passo di cui non possiamo che essere grati a Piergiorgio Welby e alla sua generosissima rinuncia a soluzioni comodamente private e clandestine.
 
 
 
ADUC - Associazione Utenti e Consumatori APS