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Testamento biologico. I pericoli di una legge che rischia di negare diritti anziche' affermarli
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Articolo di Claudia Moretti
29 luglio 2006 0:00
 
Non nascondo la profonda preoccupazione per i disegni di legge pendenti in commissione Igene e Sanita' al Senato, ed in particolare quello del senatore Ignazio Marino. Soprattutto cominciamo a temere che una legge che noi stessi abbiamo invocato come necessaria e di civilta' fino ad avanzarne i contenuti (clicca qui), si trasformi irrimediabilmente in un mattatoio di diritti e di liberta' allo stato esistenti -anche se inattuati- nei nostri principi dell'ordinamento e nella Costituzione.

Non crediamo di esagerare nel dire che se dovessero passare le proposte che prevedono che il testamento biologico (continuiamo pervicacemente, a scanso di ipocrisie e oggi piu' che mai, a chiamarlo cosi') non vale nei casi d'urgenza o nei casi di pericolo di vita non avremmo solo perso l'occasione auspicata di garantire l'attuazione del diritto di ognuno a verdersi rispettato nelle proprie scelte sui trattamenti medici, ma assisteremmo alla strage del diritto stesso. Sotto l'egida di chi vuol innovare e avanzare il diritto e la civilta' giuridica introducendo nel nostro ordinamento la figura giuridica della dichiarazione anticipata di volonta', si consumerebbe la morte di diritti che, se pur di confusa e difficile attuazione, oggi ancora possiamo invocare: quelli sanciti all'art. 32 e 13 della Costituzione, la liberta' di cura e il diritto al rifiuto del trattamento sanitario.

Oggi infatti, in assenza di una legislazione di dettaglio, posso ancora invocare i principi che regolano la materia del consenso informato, l'obbligo dei sanitari di informarsi su quali fossero i trattamenti che il malato avrebbe o non avrebbe accettato o voluto, la Convenzione di Oviedo che vede irrisolta l'attuazione di un diritto che pero' gia' esiste in tutto e per tutto come diritto "perfetto". Ancora oggi posso appellarmi al principio di uguaglianza che impone il trattamento di situazioni uguali in eguale modo, e le diseguali in modo diverso. Posso spiegare ad un giudice, che ha come prima fonte del diritto la Costituzione, che un paziente fino a ieri sano e lucido, che ha espresso volonta' precise sul suo fine vita, e' da considerarsi uguale a chi le stesse volonta' le esprime al medico personalmente e in modo cosciente e attuale. E che l'uguaglianza comporta il pieno esercizio di tutto lo spettro delle possibilita' riconosciute oggi ad un essere senziente. Come ad esempio il diritto in caso di pericolo di vita o d'urgenza a rifiutare qualunque intervento estraneo (lo chiamino come vogliono, trattamento sanitario, atto di carita') sulla propria persona quale somministrazione di cibo e acqua. Posso spiegare anche che lo stesso paziente e' da considerarsi diseguale al minorenne, o all'incapace originario di intendere e di volere, perche' quest'ultimo detta opinione non ha ancora o mai avuto modo di formarsela e esprimerla e si giustifica l'intervento di una volonta' estranea che agisca per il suo bene.

All'indomani di una legge liberticida come quella su cui si tentano le convergenze al Senato, sara' stata regolato in dettaglio un nostro diritto, spezzettato e razionato; un diritto che oggi e', se pur disatteso per ragioni di caos normativo, ancora un diritto pieno e costituzionalmente riconosciuto. Ci sveglieremo, in nome dell'innovazione, con la liberta' personale limitata e offesa.

Ogni legge che uscira' dal Parlamento italiano, che non veda riconosciuta la pari dignita', il pari diritto all'autodeterminazione, alla liberta' e scelta terapeutica e soprattutto all' uguaglianza fra il soggetto senziente e colui che un domani perdera' la capacita' di intendere e di volere sara' una diminuzione di diritti. Una legge che prima di tutto e sopra tutto determinera' cio' che non potremo decidere con dichiarazione anticipata di volonta'.

Ricordiamo, infine, che la maggioranza dei casi per i quali si ritiene universalmente necessario il testamento biologico si decide e si determina nei casi d'urgenza e nei casi di pericolo di vita. Escluderli dall'ambito decisionale del paziente significhera' -ipocritamente- aver creato una legge vuota e vana da un punto di vista pratico, oltre che autoritaria e paternalista.
 
 
 
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