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Spagna. Parla il responsabile dell'Associazione che si batte per una morte dignitosa
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Articolo di Rosa a Marca
20 ottobre 2006 0:00
 
"Se puoi curare, cura; se non puoi curare, allevia; se non puoi alleviare, consola". La Asociacion Pro Derecho a Morir Dignamente ha fatto sua l'antica massima, e negli ultimi tre anni ha aiutato due persone a morire pacificamente e senza dolori. Lo ha fatto nel 2003 con un abitante di Baza di 55 anni affetto da una malattia degenerativa, e l'ha ripetuto un anno dopo con un sessantottenne colpito da una grave malattia renale. Due casi ammessi da Fernando Marin, presidente dell'associazione di Madrid, cui i due si erano rivolti per chiedere aiuto come sta facendo ora Inmaculada Echevarria.

In qualita' di medico di cure palliative, Fernando Marin non entra nei dettagli di come sia stato il processo finale della loro vita, anche se, nel secondo caso, si puo' dedurre che ci fosse di mezzo una macchina per la dialisi. Spiega pero' che, con l'aiuto dell'associazione, i due sono potuti morire con dignita', assistiti a casa propria da un'équipe di cure palliative, formata da medici, infermieri, assistenti sociali, psicologi, ausiliari, ecc. che hanno rispettato la loro volonta' di morire con un intervento medico. Senza dolore ne' sofferenza. Tranquilli, con "qualita' di vita", benche' fosse al termine. "Non e' stata prolungata la loro vita e non e' stata accelerata la loro morte", ma si e' fatto ricorso a tutto cio' che la scienza mette a disposizione perche' potessero morire con dignita' e liberi dal dolore fisico. Fernando Marin riafferma il diritto di Inmaculada Echevarria a che le venga tolto il respiratore. "Ha diritto a negarsi a un trattamento che non desidera, e non lo si puo' considerare un omicidio come previsto dal Codice Penale, benche' da un punto di vista etico, il toglierlo o no, e darle l'assistenza medica adeguata affinche' non soffra, puo' essere ritenuto eutanasia attiva da molti".

Marin chiarisce che in questo, come in molti altri casi che si presentano quotidianamente in Spagna, i medici dovrebbero rispettare la liberta' del malato che non vuole prolungare una vita indesiderata. "Tuttavia, se lo si fa, si viola la legalita' e, quindi, si sceglie di guardare dall'altra parte e di non tener conto della sofferenza o del desiderio del paziente". Il presidente dell'associazione porta un dato significativo proveniente dalle indagini effettuate tra i medici spagnoli. Dice che il 15% ammette, anonimamente, di praticare l'eutanasia attiva su molti malati terminali per evitare loro le sofferenze benche', ufficialmente e legalmente, la causa della morte appaia un'altra. "In cio' la Spagna non e' differente dagli altri paesi come l'Italia o la Francia in cui predomina una radicata cultura dove il maggior ostacolo per morire con dignita' e' l'occultamento della morte; nessuno desidera parlarne ne' affrontarla".

Per Ferdinando Marin, la maggioranza delle persone desidera una morte tranquilla, ma sa che oggi questo desiderio puo' venir meno per l'esistenza di tecniche e mezzi clinici sempre piu' potenti, in grado di allungare la vita in modo non sempre auspicabile. Sulla base della propria esperienza nell'associazione che presiede avverte che sono molti coloro che sentono come "il degrado fisico e i patimenti con cui a volte devono convivere, li porta a una situazione che considerano indegna. In quei casi si vede la morte come un male minore: e' la fine dell'agonia e delle pene".
 
 
 
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