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Polonia. Centomila firme per poter morire
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Articolo di Knut Krohn *
11 marzo 2007 0:00
 
Da piu' di dieci anni Janusz Switaj giace paralizzato in un letto. Adesso sta lottando per conquistarsi il diritto al suicidio assistito.
Janusz Switaj cerca disperatamente una via d'uscita -una via d'uscita dalla vita. Vuole morire perche' non soppporta piu' la propria sofferenza. Ha trentadue anni. Piu' di dieci anni fa, questo giovane polacco ebbe un gravissimo incidente con la motocicletta, e da allora e' costretto a letto, paralizzato dalla nuca alla punta dei piedi, e senza respiratore non potrebbe sopravvivere. Quello che vuole oggi e' che sia discusso in giudizio il suo diritto ad essere aiutato a morire. La sua vita non soddisfa "criteri accettabili da un punto di vista biologico, psicologico, sociologico ed economico", sostiene. Purtroppo la norma giuridica e' inequivocabile. In Polonia la legge consente ai pazienti di rifiutare il ventilatore polmonare, ma una volta che la respirazione artificiale sia stata attivata, l'apparecchio non puo' piu' essere staccato. Switaj sostiene che, essendo entrato in coma immediatamente dopo l'incidente, non gli fu certo possibile rifiutare quel trattamento.
Con la sua richiesta, ha innescato un forte dibattito in Polonia. Vari canali televisivi trasmettono le immagini del giovane, mostrano la fatica con cui pronuncia ogni singola frase e come deve riprendere fiato tra una parola e l'altra. Per quanto possa apparire paradossale, a qualcuno ricorda Superman. Anche Christopher Reeve, il famoso attore che impersonava l'eroe cinematografico, riusciva a muovere solo la testa dopo l'incidente avuto nel 1994. Tre anni fa e' morto. E' tema di discussione anche la vicenda dell'italiano Pier Giorgio Welby, colpito da una grave malattia muscolare e che alla fine non riusciva piu' a parlare. Nel dicembre 2006 un medico gli ha staccato il respiratore.
"Per ora mi curano ancora i miei genitori", spiega Janusz Switaj. Sette anni fa fu portato a casa dal reparto di medicina intensiva dove si trovava. "Ma sono anziani; cosa sara' di me il giorno in cui gli venissero a mancare le forze?". Fino a due anni fa, un'infermiera si occupava di lui per circa due ore al giorno. Quando lui ha protestato perche' gli sembrava troppo poco, l'assistenza gli e' stato ridotta a due visite la settimana. Adesso e' commosso per l'alto numero di persone che gli stanno offrendo aiuto. Pero' non si fa illusioni. "Che cosa succedera' tra alcuni anni, quando il mio caso sara' dimenticato?". Ecco perche' tiene duro sulla sua istanza di poter morire. Per raggiungere l'obiettivo vuole lanciare un referendum nazionale che chiede una legge sull'eutanasia. Servono 100.000 firme; le sta raccogliendo sul suo sito internet www.switaj.eu. Finora il tribunale della sua citta', Jastrzebie Zdroj, non ha reagito. In compenso si e' fatto vivo il ministro della Sanita' Zbigniew Religa, il quale ha respinto senza mezzi termini il desiderio di morire del giovane. Ha solo aggiunto, bonta' sua: la medicina fa progressi enormi, percio' vale la pena di aspettare un po'.

* da Die Presse, 8 marzo 2007
 
 
 
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Articolo di Knut Krohn *
11 marzo 2007 0:00
 
Da piu' di dieci anni Janusz Switaj giace paralizzato in un letto. Adesso sta lottando per conquistarsi il diritto al suicidio assistito.
Janusz Switaj cerca disperatamente una via d'uscita -una via d'uscita dalla vita. Vuole morire perche' non soppporta piu' la propria sofferenza. Ha trentadue anni. Piu' di dieci anni fa, questo giovane polacco ebbe un gravissimo incidente con la motocicletta, e da allora e' costretto a letto, paralizzato dalla nuca alla punta dei piedi, e senza respiratore non potrebbe sopravvivere. Quello che vuole oggi e' che sia discusso in giudizio il suo diritto ad essere aiutato a morire. La sua vita non soddisfa "criteri accettabili da un punto di vista biologico, psicologico, sociologico ed economico", sostiene. Purtroppo la norma giuridica e' inequivocabile. In Polonia la legge consente ai pazienti di rifiutare il ventilatore polmonare, ma una volta che la respirazione artificiale sia stata attivata, l'apparecchio non puo' piu' essere staccato. Switaj sostiene che, essendo entrato in coma immediatamente dopo l'incidente, non gli fu certo possibile rifiutare quel trattamento.
Con la sua richiesta, ha innescato un forte dibattito in Polonia. Vari canali televisivi trasmettono le immagini del giovane, mostrano la fatica con cui pronuncia ogni singola frase e come deve riprendere fiato tra una parola e l'altra. Per quanto possa apparire paradossale, a qualcuno ricorda Superman. Anche Christopher Reeve, il famoso attore che impersonava l'eroe cinematografico, riusciva a muovere solo la testa dopo l'incidente avuto nel 1994. Tre anni fa e' morto. E' tema di discussione anche la vicenda dell'italiano Pier Giorgio Welby, colpito da una grave malattia muscolare e che alla fine non riusciva piu' a parlare. Nel dicembre 2006 un medico gli ha staccato il respiratore.
"Per ora mi curano ancora i miei genitori", spiega Janusz Switaj. Sette anni fa fu portato a casa dal reparto di medicina intensiva dove si trovava. "Ma sono anziani; cosa sara' di me il giorno in cui gli venissero a mancare le forze?". Fino a due anni fa, un'infermiera si occupava di lui per circa due ore al giorno. Quando lui ha protestato perche' gli sembrava troppo poco, l'assistenza gli e' stato ridotta a due visite la settimana. Adesso e' commosso per l'alto numero di persone che gli stanno offrendo aiuto. Pero' non si fa illusioni. "Che cosa succedera' tra alcuni anni, quando il mio caso sara' dimenticato?". Ecco perche' tiene duro sulla sua istanza di poter morire. Per raggiungere l'obiettivo vuole lanciare un referendum nazionale che chiede una legge sull'eutanasia. Servono 100.000 firme; le sta raccogliendo sul suo sito internet www.switaj.eu. Finora il tribunale della sua citta', Jastrzebie Zdroj, non ha reagito. In compenso si e' fatto vivo il ministro della Sanita' Zbigniew Religa, il quale ha respinto senza mezzi termini il desiderio di morire del giovane. Ha solo aggiunto, bonta' sua: la medicina fa progressi enormi, percio' vale la pena di aspettare un po'.

* da Die Presse, 8 marzo 2007
 
 
 
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