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Francia. Recita teatrale su un caso d'eutanasia
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Articolo di Sandrine Blanchard
29 settembre 2006 0:00
 
Marie Humbert e' li' seduta in prima fila. Assiste alla rappresentazione dei tre anni piu' dolorosi della sua vita, s'asciuga gli occhi ogni volta che l'attore parla del suo "Titi", il nome con cui si rivolgeva a suo figlio Vincent. Nei saloni dell'Hotel de Ville, a Parigi, il 23 settembre un centinaio di persone ha assistito alla prima rappresentazione di Qu'il repose en révolte, ou le procès de Marie H.. Tre anni dopo la morte di Vincent Humbert, la storia tragica di questo giovane tetraplegico che reclamava "il diritto a morire" continua a essere simbolo del dibattito sull'eutanasia.
Il non luogo a procedere, ordinato a febbraio per Marie Humbert e il dottor Frédéric Chaussoy, che avevano aiutato il giovane Vincent a morire, ha lasciato "un gusto amaro" all'associazione Faut qu'on s'active. Non un processo, non una tribuna per reclamare una legge che autorizzi "l'eccezione d'eutanasia". Di qui l'idea, a pochi mesi dall'elezione presidenziale, di rilanciare il dibattito attraverso un pezzo teatrale militante che ricostruisse "il processo vietato di Marie Humbert".
"Vogliamo lottare contro l'oblio e l'ipocrisia", fa presente Vincent Léna, presidente dell'associazione Faut qu'on s'active e membro del consiglio nazionale del Partito socialista. Sostenitore dell'iniziativa, il sindaco di Parigi, Bertrand Delanoe, ha aperto le porte ai difensori di una "legge Vincent Humbert" -tra questi la scrittrice Noelle Chatelet, sorella di Lionel Jospin-, che hanno riservato un tributo a scena aperta a Francis Beaucourt e Danièle Ronsin. Il primo, anche sceneggiatore, interpreta a turno il presidente del tribunale, l'avvocato della difesa, il dottor Garudi (medico di Vincent) e il procuratore generale. La seconda incarna Marie Humbert in madre coraggio che "per amore" ha liberato suo figlio dalla sua "falsa vita". Quella di un giovane uomo divenuto tetraplegico, muto e quasi cieco in seguito a un incidente stradale, prigioniero del proprio corpo ma perfettamente cosciente.
Benche' la vicenda sia stata molto seguita dai media, non e' facile non emozionarsi quando una voce fuori campo da' vita alle parole che il ragazzo non ha potuto pronunciare. "Avevo diciannove anni, stavo per diventare vigile del fuoco professionista. Per quel camion che nella sua manovra. Sono divenuto un condannato a vita. Mamma, liberami!".
Sul palcoscenico, i tre giorni d'udienza ricostruiscono il lungo periodo trascorso tra il momento dell'incidente e la morte di Vincent. Sua madre che non aveva mai abbandonato il letto di suo figlio. Il risveglio dal coma, il primo sorriso e poi quel pollice che poteva muoversi. Marie Humbert che passa ore a compitare l'alfabeto tenendo la mano del suo "Titi". Ogni pressione permette di comporre parole e di comprenderle. Nel settembre 2002, i medici comunicano a Vincent che deve lasciare l'ospedale per un "centro specializzato". Il giovane realizza che rimarra' tetraplegico a vita. Chiede invano ai sanitari "una pillola per non svegliarsi piu'". Scrive due volte al presidente Jacques Chirac. Fa "giurare" a sua madre di aiutarlo.
Questo processo immaginario mostra la grossolanita' di certa medicina. Una medicina che manca di compassione, che non ha altro da dire a Marie Humbert se non di "andare da uno psicologo". Francis Beaucourt e' impietoso con il medico Garudi, una figura poco simpatica, che ripete meccanicamente: "Il nostro dovere e' salvaguardare la vita costi quel che costi". Il procuratore generale chiede "cinque anni di carcere con la condizionale", poiche' "se si puo' comprendere il gesto di una madre ridotta alla disperazione, non si puo' lasciarlo impunito, altrimenti cosa si potra' dire agli altri malati, alle famiglie che hanno un parente in stato vegetativo, al personale delle unita' delle cure palliative?". L'avvocato della difesa, magistralmente interpretato, reclama "per il coraggio di Marie, per Vincent il ribelle, per tutti coloro che vivono quel calvario", l'assoluzione. Di proposito non viene pronunciata nessuna sentenza.
All'uscita gli spettatori sono invitati a firmare la petizione a favore di una "loi Vincent Humbert". Vincent Léna andra' a "bussare alla porta" dei sindaci e dei teatri affinche' questo pezzo sia recitato "dappertutto in Francia".

Traduzione di Rosa a Marca (Fonte: Le Monde)
 
 
 
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