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Il ruolo dei biomarcatori. Alzheimer e proteine sentinella
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Articolo di Primo Mastrantoni
4 agosto 2023 10:48
 
E' una malattia al centro di numerose rappresentazioni teatrali e cinematografiche, la più famosa delle quali è il film "Lo smemorato di Collegno" (con Totò), che descriveva un famoso caso mediatico-giudiziario riguardante una persona affetta da amnesia.
Secondo una certa letteratura anche la scrittrice di gialli, Agatha Christie, fu colpita dalla perdita di memoria scomparve da casa e undici giorni dopo fu ritrovata in un albergo a 320 km di distanza. 
Si tratta del morbo di Alzheimer è un disturbo neurocognitivo descritto dal medico tedesco Alois Alzheimer agli inizi del secolo scorso. Oggi è un problema che coinvolge un numero crescente di individui, considerato che è aumentata l'aspettativa di vita (globalmente si attesta intorno ai 73 anni). Questa malattia è prevalentemente collegata all'età, la maggior parte delle persone colpite  ha, infatti,  più di 65 anni.  L'invecchiamento, insomma, gioca un ruolo importante nell'insorgenza della patologia. 
Uno studio decennale, pubblicato su Science Translational Medicine e ripreso da Nature, ha seguito migliaia di persone e ha identificato alcune proteine legate allo sviluppo della demenza quando i loro livelli sono sbilanciati durante la mezza età.
I ricercatori del National Institute on Aging di Bethesda (USA) hanno scoperto 32 proteine, che se non bilanciate, nelle persone di età compresa tra 45 e 60 anni, sono fortemente associate a un'elevata possibilità di sviluppare demenza in età avanzata. Non è esattamente chiaro come queste proteine possano essere coinvolte nella malattia, ma è "altamente improbabile che il collegamento sia dovuto solo al caso", afferma il capo del gruppo di ricercatori Keenan Walker.
Gli scienziati si sono chiesti se era possibile trovare segni predittivi di demenza anni prima della sua insorgenza osservando il proteoma di una persona, cioè la raccolta di tutte le proteine espresse nel corpo umano. Hanno cercato eventuali segni di alterazione della regolazione, quando le proteine ??erano a livelli più alti o più bassi del normale.
Il professor Walker afferma che, sebbene il proteoma di una persona da solo non possa prevedere il rischio di contrarre la demenza, potrebbe, comunque, consolidare la forza dei predittori esistenti, quali l'età e la storia familiare. 
Come previsto, alcune delle proteine che i ricercatori hanno identificato, sono attive nel cervello, ma la maggior parte hanno altri ruoli nel corpo umano. In parte sono collegate alla proteostasi, il processo di bilanciamento dei livelli proteici nel proteoma; questa regolazione è importante per evitare che le proteine amiloide e tau si aggreghino nel cervello delle persone, il che suggerisce che sono in qualche modo coinvolte nei processi specifici della malattia di Alzheimer. 
Per il professor Walker, l'obiettivo in futuro è determinare se queste proteine possano essere utilizzate come marcatori per identificare vari percorsi nelle persone con demenza e per aiutare a fornire trattamenti più personalizzati.

(Articolo pubblicato sul quotidiano LaRagione del 4 Agosto 2023)
 
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