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Il proibizionismo delle droghe in carcere. Un regime per alimentare delinquenza e disagio
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13 marzo 2024 11:47
 

La notizia è da cronaca nera: il detenuto che consuma droga in carcere… un mix imperdibile per gli appassionati: carcerati e drogati, cattivi due volte nel luogo in cui i buoni (lo Stato) dovrebbero insegnare la bontà. E l’associazione di categoria che ha consentito il risultato (Fns-Cisl) esprime profonda preoccupazione: “continua inesorabilmente l’attività di polizia indirizzata al contrasto nell'introduzione, possesso, spaccio e consumo di sostanze stupefacenti all'interno dei penitenziari sardi…” (Ansa).
In effetti, nel regime proibizionista in cui viviamo, non potrebbe essere altrimenti.

Niente a che fare coi narcos centro e sud-americani che controllano spaccio interno ed esterno da “lussuose” celle con codazzo di detenuti/guardie del corpo e complicità dei dirigenti delle carceri… qui sono un paio di bustine, ficcate nell’ano per eludere i controlli, per potersi godere alcuni momenti di rilassamento, magari anche vendendo l’erba ad altri detenuti in cambio di mezzo rancio. Ma  quanto basta per dar vita alla “inesorabile attività di polizia”.

Per capire questi contesti, che rimangono sempre tali, e peggio, nonostante anni ed anni di denunce e attività di associazioni umanitarie, conviene pensare a SPARIGLIARE. Cioè: ipotizzare di cambiare le regole del gioco in corso e vedere come sarebbe con regole diverse.

Se un detenuto si fa una canna… allo stato: tuoni e fulmini, e il detenuto stesso si becca qualche rigore carcerario in più (a dir poco). Ma  che male fa - a se stesso e alla società - quando si fa una canna? A se stesso sicuramente non fa male, per la società c’è da considerare che il suo possesso dell’erba è probabile che non sia solo grazie a cessione per uso personale, ma attività di spaccio. Di riffa o di raffa, il detenuto non può che peggiorare la sua situazione detentiva e legale.

Ma se estrapoliamo le leggi, che male farebbe un detenuto a farsi una canna se gli fosse consentito, per esempio, coltivandola in un orto interno alla casa di reclusione? Nessuno. Non solo, ma visto che oggi in carcere entra di tutto e di più proveniente dal mercato nero (i blitz denunicati dalla Cisl sono tanto rari quanto clamorosi), perché non isolare il mercato nero dandogli ragione di non essere?

Fantapolitica? Più che altro una provocazione per ricordare a chi esulta per questi blitz::
- che ha a che fare con detenuti che sono esseri umani che se si fanno una canna tranquilla, è possibile che siano anche reclusi più tranquilli, con meno rapporti con la delinquenza (interna ed esterna al carcere);
- tutti i blitz come questi - del passato, dell’oggi e del domani - non servono a nulla. Il problema c’è, rimane, prolifica. Con l’aggravante che, stante il regime proibizionista in essere, l’espansione rappresenta sempre più in pericolo per chi ne è coinvolto e per la società in generale.  E visto che abbiamo a che fare con persone che sono in carcere per “redimersi”, il regime oggi vigente svolge funzione opposta (concetto, questo, che vale per tante cose in carcere, non solo per le canne).


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