Preoccupazione per la decisione giapponese di riversare nell’oceano Pacifico le acque reflue della centrale nucleare di Fukushima, trattate dopo il noto disastro del 2011. Preoccupazione perché la certezza sulla non-radioattività è spesso ancora un atto di fiducia. Inoltre fa specie il divieto di importazioni ittiche della Cina, anche se non va sottovalutata che potrebbe essere l’ennesima occasione per alimentare le diatribe sulle acque territoriali tra i due Paesi.

Le importazioni italiane di pesce dal Giappone sono lo 0,02% (1) di tutto il pescato importato, ma va considerato che nel mare in cui vengono riversate le acque reflue di Fukushima, non ci sono solo pescatori giapponesi.

Una piccola e ipotetica pericolosità che però, per chi dovesse dire che è buona occasione per un consumo “nazionale”, si scontra col fatto che l’80-90% del mercato italiano è costituito da pesce importato. E, pur se sui banchi del pesce fresco il consumatore dovesse districarsi nella ricerca dell’etichetta nazionale, c’è un’altra preoccupazione molto etica e poco sanitaria: i nostri mari sono sempre più pieni di cadaveri di migranti annegati (che non ci risulta facciano parte degli studi sui “rifiuti” in mare).

Insomma, il pesce fresco, oltre a costare “un botto” specialmente con gli aumenti di questi ultimi mesi, ha anche questi problemi. Da considerare, inoltre, che anche il pesce congelato, prima di esser tale è stato fresco.

Non è facile districarsi e, sicuramente, non è più il pesce fresco che andavamo diverse decine di anni fa a comprare dai pescatori che arrivavano in porto.

Tra etica, salute, informazione e, volendo, anche gestione delle proprie paranoie e finanze, è bene farci un pensierino prima di acquistare e consumare. Certo, mangiare pesce fa bene al nostro essere onnivori, ma come per la carne, la diffusa cultura del vegetarianesimo ci consente di informarci su come non creare problemi al nostro organismo o, quantomeno, rischiare meno ed essere più sereni con se stessi.

1 - Istat, 2022

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