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Affetti e sessualità. Il potere se ne lava le mani?
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23 novembre 2023 12:09
 

Ieri il Parlamento ha approvato in via definitiva la legge cosiddetta contro il femminicidio (1). Un pacchetto di misure che potenzia strumenti come ammonimento, braccialetto elettronico, distanza minima di avvicinamento e applicazione dei cosiddetti “reati spia”.

Mentre continua una sorta di confronto tra reale e surreale su educazione all’affettività a scuola, eludendo o dicendo e non dicendo che ci dovrebbe essere anche la sessualità, le istituzioni si sarebbero così espresse in quello che potrebbe essere il massimo delle proprie possibilità: aumentare le pene e le presunte prevenzioni.

A questo punto ci sono tre potenziali scenari: si fermano, legiferano per qualche nuova materia scolastica, decidono di cambiare economia e società.

Si fermano. Praticamente è come se non avessero fatto nulla, ché pene maggiori non rappresentano un disincentivo per chi vuole ammazzare qualcun altro/a, soprattutto quando questo assassinio ha motivazioni passionali e/o patologici. La prevenzione, invece, qualcosa rappresenta, ma talmente poco che, alla luce di come poi verrà messa in atto (esecutori e norme) diventa quasi nulla.

Legiferano per qualche nuova materia scolastica. Si parla di educazione all’affettività. A noi sembra che insegnare come voler bene a qualcuno sia una castroneria che neanche gli Stati a dittatura scolastica oserebbero. E qualcuno aggiunge anche sessualità… senza speranza di ritrovare unanimità o maggioranze di voti in Parlamento, ché a chi ha osato pronunciare o far intendere la parola “sesso”, dalla maggioranza è giunta l’eco “via queste schifezze”.
Ci sarebbe un campo confinante, la lotta al bullismo, l’educazione all’elementare rispetto del prossimo, chiunque esso sia. Non come questione esclusivamente punitiva, ma che sarebbe propria della scuola, senza un apposito orario o materia, perché ogni ora, compresa la ricreazione, sarebbe il proprio campo d’azione. Lotta  che comporterebbe la formazione degli insegnanti che, al netto della disponibilità di tempo ed economica di questi ultimi, comporterebbe investimenti dello Stato. 

Cambiare economia e società. Ce lo sentiamo ripetere ovunque, la base è culturale e non abbiamo percepito altro a parte alcuni isolati e minoritari appelli alla improbabile mobilitazione dei maschi in quanto tali (movimenti maschili in grado di mobilitarsi - visto che siamo in una società ed economia patriarcale - non esistono, come invece esistono movimenti femminili e femministi, proprio in opposizione alla società patriarcale). La cultura, all'origine, nasce dal bisogno e qui il legislatore potrebbe intervenire: zero differenze tra salari di uomini e donne, zero differenze in tutte le funzioni e ruoli che oggi vengono assegnati con scelte di genere. Qui tutti a parole dicono di essere d’accordo, ma la realtà è ben altro. Non è nostra invenzione che le remunerazioni delle donne sono sempre inferiori rispetto a quelle degli uomini, nonché i tempi di lavoro dei coniugi rispetto all’arrivo, nella loro famiglia, di un bimbo.

Su questi scenari si decide la vita delle persone e dell’economia. Occorrerebbe scegliere.

Qui il video sul canale YouTuibe di Aduc

 
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