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No al Mes e sì alle autostrade pubbliche, l’uno-due che ci fa perdere credibilità in Europa
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Articolo di Redazione
16 luglio 2020 9:39
 
 Alla vigilia di uno dei vertici europei più delicati, dove si scontrano visioni molto diverse sul futuro dell’Unione e dove ci troviamo a fianco di Francia e Germania «dalla parte giusta della storia» a difendere obiettivi, volume delle risorse e modalità operative di un Next Generation Eu destinato prioritariamente al nostro paese, che cosa fa la maggioranza di governo (con l’eccezione di Italia Viva) per preparare al meglio il terreno?
Si inventa un “uno-due” che mostra al resto d’Europa che non abbiamo bisogno di niente e di nessuno, che i risparmi sui tassi di cambio garantiti dai crediti del Meccanismo europeo di stabilità (Mes), di svariati miliardi, sono un “de minimis non curat praetor” (cosa di poco conto, ndr) e che anzi siamo sufficientemente arzilli, malgrado la pandemia, da toglierci lo sfizio di sbarcare a suon di miliardi i Benetton “irizzando” le Autostrade con la mitica Cassa Depositi e Prestiti, destinata magari a farci anche mangiare il panettone natalizio.
Certo, noi tutti che abbiamo fatto il militare a Cuneo sappiamo che “così è, se vi pare” e che chi ha votato no sulla mozione Bonino in Senato sul Mes avrebbe volentieri votato sì, se ciò non fosse dispiaciuto ai Cinquestelle delle varie obbedienze, e che questo potrà accadere un giorno, e che insomma, in nome della stabilità di governo, gli equilibri più avanzati dei grillini possono anche comportare di defenestrare i Benetton e votare contro il Mes, salvo dichiararsi a favore.

Insomma: son contento di morire ma mi dispiace. Mi dispiace di morire ma sono contento. In Europa, dove leggono anche loro le agenzie, cosa devono pensare, non disponendo di manuali per interpretare le alchimie della politica italiana?
Vero che “reculer pour mieux avancer” è un celebre proverbio francese, ma non basta a far comprendere perché il Mes da noi è poco più che sterco del diavolo mentre il negoziato in corso rischia di consegnare le chiavi della cassaforte del Next Generation Eu proprio ai paesi che più di ogni altra cosa vogliono veder chiaro come spenderemo i soldi, pronti a mettere ogni paletto possibile sulla nostra strada. Altro che le temute condizionalità del Mes.

Accade infatti che il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, nel tentativo di trovare un compromesso che metta d’accordo tutti (o che scontenti tutti, secondo i punti di vista) abbia proposto, oltre ad altre opinabili regalie ai paesi “tirchi”, di togliere alla Commissione europea e di affidare al Consiglio, cioè agli Stati membri, la competenza a giudicare i piani nazionali necessari per ricevere i finanziamenti di Next Generation EU.
Se si pensa che alcuni pretendono addirittura di applicare la regola dell’unanimità, si rischia che si vada come minimo verso un sistema che preveda una votazione a maggioranza qualificata che non solo stravolgerebbe la logica dell’intero bilancio europeo, competenza saldamente condivisa sin qui anche con il Parlamento europeo, ma soprattutto consegnerebbe ai paesi “tirchi” e ai loro alleati una minoranza di blocco suscettibile di fermare ogni programma di implementazione non gradito.

Ecco perché il premier olandese Rutte ha cominciato a evocare l’abolizione di quota 100 e anche altri hanno cominciato a entrare nel merito dell’intera politica economica italiana. Se a questa offensiva, che sposta dal “quantum” alle regole il nodo del contendere, la nostra risposta è un no a larga maggioranza della mozione pro Mes nei due rami del Parlamento, sarà difficile poi convincere i partner che erano scritte male, erano fuori tema eccetera.

I crediti del Mes sono stati stanziati già a metà maggio e sono a disposizione di chi ne fa richiesta dal 1 giugno 2020. Ma non abbiamo ancora trovato il tempo di occuparcene, al di là delle dichiarazioni stampa, di avere un dibattito sul tema né a livello di governo né tanto meno a livello di Parlamento.

Servono per l’emergenza sanitaria, e l’idea era quella di mobilitarli subito, non di metterli a bagnomaria in attesa dell’occasione propizia. Angela Merkel ci ha consigliato di prenderli subito, considerandolo un tassello essenziale della narrazione del paese più colpito dalla pandemia, e quindi più legittimato a ricevere finanziamenti europei da ogni provenienza possibile.

Ora che abbiamo detto no, sarà maledettamente più difficile dire sì. Risultato: facciamo boccucce a fondi che potremmo ricevere solo mandando una mail e ci attrezziamo invece a lottare per chiedere quelli del Next Generation Eu che ci faranno penare le pene dell’inferno per ottenerli, avendo peraltro dovuto pagare pegno, sia politico che economico, sulla vicenda Autostrade. Un vero capolavoro.

(articolo di Justus Lipsius, pubblicato su Linkiesta del 16/07/2020)

 
 
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