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Rette RSA a carico dell'Asl. Il Tribunale di Monza accoglie le tesi dell'utenza
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Comunicato di Claudia Moretti
29 settembre 2017 13:34
 
  Ancora una pronuncia in merito alla copertura integrale dei costi di ricovero degli anziani non autosufficienti. Ancora, una volta il Tribunale di Monza, sent. n. 2585/2017, sulla scia del varco aperto dalla Corte di Cassazione, dapprima con la nota sentenza n. 4558 del 22 marzo 2012 sui malati di Alzheimer, poi con sentenza n.22776 del 2016.
Il Tribunale di Monza, che si pone in linea con i recenti orientamenti su richiamati, si è occupata del caso di un'anziana signora con deterioramento cognitivo medio-grave. Sopraggiunta da un decreto ingiuntivo emesso in favore dalla RSA per mancanza di pagamento della quota sociale, la Signora (per il tramite dell'Amministratore di Sostegno) ha promosso un giudizio chiedendone la revoca, chiedendo l'accertamento della natura integralmente sanitaria degli oneri di ricovero nonché il rimborso di quanto pagato a titolo di quota sociale alla struttura. Il Giudice, non solo ha riconosciuto la natura sanitaria in questione, esonerandola dal pagamento delle spese di ricovero, ma ha accolto le sue richieste di restituzione dell'indebito pagato per un totale di 46.182,00.
Le ragioni addotte a sostegno della motivazione sono le seguenti:
“....[...]Costituisce orientamento giurisprudenziale confermato dalla Cassazione in svariate occasioni (cfr. Cass. SS.UU. n. 1003/1993, Cass. 8436/1998, Cass. 4558/2012 e da ultima Cass. n. 22776/2016), quello secondo cui la disposizione contenuta nel richiamato art. 30 L. n. 730/1983 dev’essere interpretata, peraltro in maniera conforme al dettato letterale, nel senso di ritenere che gli oneri delle attività di rilievo sanitario connesse con quelle socio assistenziali sono a carico del fondo sanitario nazionale. Nello specifico, la Suprema Corte con la sentenza n. 4558/2012 ha precisato che “In tale prospettiva si è consolidato un indirizzo interpretativo del tutto omogeneo, tale da costituire diritto vivente, nel senso che, nel caso in cui oltre alle prestazioni socio assistenziali siano erogate prestazioni sanitarie, l'attività va considerata comunque di rilievo sanitario e, pertanto, di competenza del Servizio Sanitario Nazionale ...[...]”
Tale interpretazione, che il collegio condivide ed alla quale intendo dare continuità, è corroborata dalla precisazione fornita nel D.P.C.M. 8 agosto 1985, soprattutto laddove, all'art. 1, definisce attività di rilievo sanitario quelle "che richiedono personale e tipologie di intervento propri dei servizi socio- assistenziali, purché siano diretti immediatamente e in via prevalente alla tutela della salute del cittadino e si estrinsechino in interventi a sostegno dell'attività sanitaria di cura e/o riabilitazione fisica e psichica del medesimo".

Tale interpretazione, secondo la Cassazione, tiene conto dell’esigenza di tutelare il nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana, tenuto conto della portata innovativa dell’art. 32 Cost., sia sotto il profilo della universalità della tutela dell’interesse della collettività, che sotto il profilo della libertà individuale e del rispetto della persona umana imposto dal legislatore in questa materia (cfr. Corte Cost. n. 455/1990, n. 267/1998, n. 309/1999, n. 509/2000, n. 252/2001, n. 432/2005).
Determinante, ancora una volta, è stata l'istruttoria (la Cosulenza Tecnica d'Ufficio) espletata proprio sulla tipologia di servizio reso alla paziente ed in merito alla patologia.
Per suggerimenti e consigli si rinvia a questo approfondimento
 
 
 
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