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18 agosto 2018 18:30 - Cristina Ciccarelli
A me hanno sempre fatto schifo anche i rave party esattamente come le sostanze stupefacenti però vedo e leggo che c'è molto interesse a questi eventi che hanno generato dei morti giovani, dalle indagini si legge che dichiarano di non ricordarsi niente che non hanno notato niente di strano e nel frattempo prendono sotto le persone con le loro auto che hanno sempre a disposizione per questi raduni cd gruppali demenziali come quelli che fanno le messe nere di notte facendo orge e quant'altro di deviato.

Sono branchi di gente fallita che vive con la testa fra le nuvole ridendo quando devono essere seri e fanno le persone seriose quando devono ridere, ogni tanto qualcuna rimaneincinta per sbaglio o per distrazione e poi li senti inveire contro la società le loro famiglie e quant'altro, fanno festini privati con le stesse finalità non finalità e poi?

In italia fanno finte guerre alle cd droghe finte guerre alla devianza finte guerre alla corruzione ecc ecc eccc e poi?


E si meravigliano del fatto che c'è un filone di persone che li hasempre guardati dall'alto al basso snobbandoli pur trovandoseli sempre fra i piedi perché sono cd cerca guai cerca lite.


A me fanno vomitare
18 luglio 2010 19:27 - lucillafiaccola1796
Ho fatto una ricerca su come vengono trattati i contribuenti italiani fin dagli albori della Sostituzione. Ve lo copioincollo... è successo solo 50 anni fa... mica tanto poi...la strategia è sempre quella. Imparate e siate sempre presenti a Voi Stessi. Non cadete nella loro trappola. Proibiscono per invogliare ed esercitare il potere di repressione verso chi dà loro il mantenimento con le "decime". Tenete presente che fanno tutte le parti in commedia: zio e satana, giorno e notte, più e meno, destra e sinistra, ecc. ecc. ecc. Illuminati...il sole x 24 ore...

I MORTI DI REGGIO EMILIA - I morti del luglio 1960 Scheda a cura di Girolamo De Michele http://www.reti-invisibili.net/reggioemilia/

Il 7 luglio 1960, nel corso di una manifestazione sindacale, cinque operai reggiani, tutti iscritti al PCI, sono uccisi dalle forze dell'ordine. I loro nomi, immortalati dalla celebre canzone di Fausto Amodei "Per i morti di Reggio Emilia": Lauro Ferioli, Ovidio Franchi, Emilio Reverberi, Marino Serri, Afro Tondelli. I morti di Reggio Emilia sono l'apice - non la conclusione - di due settimane di scontri con la polizia, alla quale il capo del governo Tambroni ha dato libertà di aprire il fuoco in "situazioni di emergenza": alla fine si conteranno undici morti e centinaia di feriti. Questi morti costringeranno alle dimissioni il governo Tambroni, monocolore democristiano con il determinante appoggio esterno dei fascisti del M.S.I. e dei monarchici, e apriranno la strada ai futuri governi di centro-sinistra. Ma soprattutto, contrassegneranno in modo repentino un radicale mutamento di clima politico nel paese: l'avvento della generazione dei "ragazzi con le magliette a righe". Sino a quel momento i giovani erano considerati come spoliticizzati, distanti dalla generazione dei partigiani e orientati al mito delle "tre M" (macchina, moglie, mestiere): la giovane età di tre delle cinque vittime testimonia invece la presa di coscienza, in forme ancor più radicali della generazione che aveva resistito negli anni Cinquanta, di un nuovo proletariato giovanile. Di questo mutamento di clima - dalla disperata tristezza per il revanchismo fascista alla rinascita della speranza dopo i fatti di luglio - sono testimonianza la poesia di Pasolini "La croce uncinata" (aprile 1960) e l'articolo "Le radici del luglio" (Vie nuove, 29 ottobre 1960). Il contesto storico-politico Il 25 marzo 1960 il presidente della Repubblica Giovanni Gronchi conferisce l'incarico di formare il nuovo governo a un democristiano di secondo piano, Fernando Tambroni, avvocato quasi sessantenne ed esponente della sinistra democristiana, attivo sostenitore di una politica di "legge ed ordine". La sua designazione segna un punto di svolta all'interno di un'acuta crisi politica, con pesanti risvolti istituzionali. La politica del centrismo è ormai esaurita, ma le trattative con il Partito Socialista di Pietro Nenni per la formazione di un governo di centro-sinistra non sembrano in grado di partorire la svolta politica, auspicata e preparata dall'astro nascente della DC Aldo Moro, che nell'ottobre 1959 aveva aperto ai socialisti affermando il carattere "popolare e antifascista" della DC in occasione del congresso democristiano svoltosi a Firenze. Il governo Tambroni ha al suo interno una forte presenza di uomini della sinistra democristiana, ma ottiene la fiducia alla camera solo grazie ai voti dei fascisti e dei monarchici. La direzione della DC sconfessa l'operato del gruppo parlamentare, e tre ministri (Sullo, Bo e Pastore) aprono una crisi che si conclude col rinvio alle Camere del Governo, con l'invito del presidente Gronchi a sostituire i tre ministri riottosi. In questo modo Gronchi esplicitava la proposta politica di un "governo del Presidente" che cercava spregiudicatamente i suoi consensi in aula con chiunque fosse disponibile ad appoggiarlo: una soluzione autoritaria, come lo era del resto la proposta di un "gollismo italiano" caldeggiata da Fanfani, volta a sminuire le prerogative del Parlamento davanti al rischio di un ingresso dei socialisti nella maggioranza. Degna di nota la presenza nel governo di due uomini del "partito-Gladio": Antonio Segni (agli Esteri) e Paolo Emilio Taviani, (oltre all'immancabile Giulio Andreotti, Oscar Luigi Scalfaro e Benigno Zaccagnini) Da Genova a Reggio Emilia Nel giugno il MSI annuncia che il suo congresso nazionale si terrà a Genova, città medaglia d'oro della Resistenza, e che a presiederlo è stato chiamato l'ex prefetto repubblichino Emanuele Basile, responsabile della deportazione degli antifascisti resistenti e degli operai genovesi nei lager e nelle fabbriche tedeschi. Alla notizia Genova insorge. Il 30 giugno i lavoratori portuensi (i cosiddetti "camalli") risalgono dal porto guidando decine di migliaia di genovesi, in massima parte di giovane età (i cosiddetti "ragazzi dalle magliette a righe"), in una grande manifestazione aperta dai comandanti partigiani. Al tentativo di sciogliere la manifestazione da parte della polizia, i manifestanti rovesciano e bruciano le jeep, erigono barricate e di fatto si impadroniscono della città, costringendo i poliziotti a trincerarsi nelle caserme. In piazza De Ferrari viene acceso un rogo per bruciare i mitra sequestrati alle forze dell'ordine. Il prefetto di Genova è costretto ad annullare il congresso fascista. In risposta alla sollevazione genovese Tambroni ordina la linea dura nei confronti di ogni manifestazione: il 5 luglio la polizia spara a Licata e uccide Vincenzo Napoli, di 25 anni, ferendo gravemente altri ventiquattro manifestanti. Il 6 luglio 1960 a Roma, a Porta San Paolo, la polizia reprime con una carica di cavalleria (guidata dall'olimpionico Raimondo d'Inzeo) un corteo antifascista, ferendo alcuni deputati socialisti e comunisti. Il 7 luglio La sera del 6 luglio la CGIL reggiana, dopo una lunga riunione (la linea della CGIL era sino a quel momento avversa a manifestazioni politiche) proclama lo sciopero cittadino. La polizia ha proibito gli assembramenti, e le stesse auto del sindacato invitano con gli altoparlanti i manifestanti a non stazionare. Ma l'unico spazio consentito - la Sala Verdi, 600 posti - è troppo piccolo per contenere i 20.000 manifestanti: un gruppo di circa 300 operai delle Officine Meccaniche Reggiane decide quindi di raccogliersi davanti al monumento ai Caduti, cantando canzoni di protesta. Alle 16.45 del pomeriggio una violenta carica di un reparto di 350 celerini al comando del vice-questore Giulio Cafari Panico investe la manifestazione pacifica: "Cominciarono i caroselli degli automezzi della polizia. Ricordo un'autobotte della polizia che in piazza cercava di disperdere la folla con gli idranti", ricorda un testimone, l'allora maestro elementare Antonio Zambonelli. Anche i carabinieri, al comando del tenente colonnello Giudici, partecipano alla carica. Incalzati dalle camionette, dalle bombe a gas, dai getti d'acqua e dai fumogeni, i manifestanti cercano rifugio nel vicino isolato San Rocco, "dove c'era un cantiere, ricorda un protagonista dei fatti, Giuliano Rovacchi. Entrammo e raccogliemmo di tutto, assi di legno, sassi...". "Altri manifestanti, aggiunge Zambonelli, buttavano le seggiole dalle distese dei bar della piazza". Respinti dalla disperata sassaiola dei manifestanti, i celerini impugnano le armi da fuoco e cominciano a sparare: "Teng-teng, si sentiva questo rumore, teng-teng. Erano pallottole, dice Rovacchi, e noi ci ritirammo sotto l'isolato San Rocco. Vidi un poliziotto scendere dall'autobotte, inginocchiarsi e sparare, verso i giardini, ad altezza d'uomo". In quel punto verrà trovato il corpo di Afro Tondelli (1924), operaio di 35 anni. Si trova isolato al centro di piazza della Libertà. L'agente di PS Orlando Celani estrae la pistola, s'inginocchia, prende la mira in accurata posizione di tiro e spara a colpo sicuro su un bersaglio fermo. Prima di spirare Tondelli dice: "Mi hanno voluto ammazzare, mi sparavano addosso come alla caccia". Partigiano della 76a Sap (nome di battaglia "Bobi"), è il quinto di otto fratelli, in una famiglia contadina di Gavasseto. Sposato, è segretario locale dell'Anpi. Davanti alla chiesa di San Francesco è Lauro Farioli, 22 anni, orfano di padre, sposato e padre di un bimbo. Lo chiamavano "Modugno" grazie alla vaga somiglianza con il cantante. Era uscito di casa con pantaloni corti, una camicetta rossa, le ciabatte ai piedi: ai primi spari si muove incredulo verso i poliziotti come per fermarli. Gli agenti sono a cento metri da lui: lo fucilano in pieno petto. Dirà un ragazzo testimone dell'eccidio: "Ha fatto un passo o due, non di più, e subito è partita la raffica di mitra, io mi trovavo proprio alle sue spalle e l'ho visto voltarsi, girarsi su se stesso con tutto il sangue che gli usciva dalla bocca. Mi è caduto addosso con tutto il sangue". Intanto l'operaio Marino Serri, 41 anni, partigiano della 76a brigata si è affacciato piangendo di rabbia oltre l'angolo della strada gridando "Assassini!": cade immediatamente, colpito da una raffica di mitra. Nato in una famiglia contadina e montanara poverissima di Casina, con sei fratelli, non aveva frequentato nemmeno le elementari: lavorava sin da bambino pascolando le pecore nelle campagne. Militare a 20 anni, era stato in Jugoslavia. Abitava a Rondinara di Scandiano, con la moglie Clotilde e i figli. In piazza Cavour c'è Ovidio Franchi, un ragazzo operaio di 19 anni. Viene colpito da un proiettile all'addome. Cerca di tenersi su, aggrappandosi a una serranda: "Un altro, racconta un testimone, ferito lievemente, lo voleva aiutare, poi è arrivato uno in divisa e ha sparato a tutti e due". Franchi è la vittima più giovane (classe 1941, nativo della frazione di Gavassa): figlio di un operaio delle Officine Meccaniche Reggiane, dopo la scuola di avviamento industriale era entrato come apprendista in una piccola officina della zona. Nel frattempo frequentava il biennio serale per conseguire l'attestato di disegnatore meccanico, che gli era stato appena recapitato. Morirà poco dopo a causa delle ferite riportate. Ma gli spari non sciolgono la manifestazione: sono proprio i più giovani - tra i quali è Rovacchi - a resistere: "La macchina del sindacato girava tra i tumulti e l'altoparlante ci invitava a lasciare la piazza, che la manifestazione era finita. Ma noi non avevamo alcuna intenzione di ritirarci, qualcuno incitava addirittura alle barricate. Non avremmo sgomberato la piazza almeno fino a quando la polizia non spariva. E così fu. Mentre correvo inciampai su un corpo senza vita, vicino al negozio di Zamboni. Era il corpo di Reverberi, ma lo capii soltanto dopo". Emilio Reverberi, 39 anni, operaio, era stato licenziato perché comunista nel 1951 dalle Officine Meccaniche Reggiane, dove era entrato all'età di 14 anni. Era stato garibaldino nella 144a Brigata dislocata nella zona della Val d'Enza (commissario politico nel distaccamento Amendola). Nativo di Cavriago, abitava a Reggio nelle case operaie oltre Crostolo con la moglie e i due figli. Viene brutalmente freddato a 39 anni, sotto i portici dell'Isolato San Rocco, in piazza Cavour. In realtà non è ancora morto: falciato da una raffica di mitra, spirerà in sala operatoria. Polizia e carabinieri sparano con mitra e moschetti più di 500 proiettili, per quasi tre quarti d'ora, contro gli inermi manifestanti. I morti sono cinque, i feriti centinaia: Zambonelli, riuscito a entrare nell'ospedale, testimonia di "feriti ammucchiati ai morti, corpi squartati, irriconoscibili, ammassati uno sull'altro". Drammatica anche la testimonianza del chirurgo Riccardo Motta: "In sala operatoria c'eravamo io, il professor Pampari e il collega Parisoli. Ricordo nitidamente quelle terribili ore, ne passammo dodici di fila in sala operatoria, arrivava gente in condizioni disperate. Sembrava una situazione di guerra: non c'era tempo per parlare, mentre cercavamo di fare il possibile avvertivamo, pesantissimi, l'apprensione e il dolore dei parenti". La caduta del governo Tambroni Nello stesso giorno altri scontri e altri feriti a Napoli, Modena e Parma. Il ministro degli Interni Spataro afferma alla Camera che "è in atto una destabilizzazione ordita dalle sinistre con appoggi internazionali". Invano il presidente del Senato Cesare Merzagora tenta una mediazione, proponendo di tenere le forze di polizia in caserma e invitando i sindacati a sospendere gli scioperi per "non lasciare libera una moltitudine di gente che può provocare incidenti": la polizia continua a sparare ad altezza d'uomo. A Palermo la polizia carica con i gipponi senza preavviso, e quando i dimostranti rispondono a sassate, gli agenti estraggono i mitra e le pistole e uccidono Francesco Vella, di 42 anni, mastro muratore e organizzatore delle leghe edili, che stava soccorrendo un ragazzo di 16 anni colpito da un colpo di moschetto al petto, Giuseppe Malleo (che morirà nei giorni successivi) e Andrea Gangitano, giovane manovale disoccupato di 18 anni. Viene uccisa anche Rosa La Barbera di 53 anni, raggiunta in casa da una pallottola sparata all'impazzata mentre chiudeva le imposte. I feriti dai colpi di armi da fuoco sono 40. A Catania la polizia spara in piazza Stesicoro. Salvatore Novembre di 19 anni, disoccupato, è massacrato a manganellate. Si accascia a terra sanguinante: "mentre egli perde i sensi, un poliziotto gli spara addosso ripetutamente, deliberatamente. Uno due tre colpi fino a massacrarlo, a renderlo irriconoscibile. Poi il poliziotto si mischia agli altri, continua la sua azione". Il corpo martoriato e sanguinante di Salvatore viene trascinato da alcuni agenti fino al centro della piazza affinché sia da ammonimento. Essi impediscono a chiunque, mitra alla mano, di portare soccorso al giovane il quale, a mano a mano che il sangue si riversa sul selciato, lentamente muore. Le autorità imbastiranno successivamente una macabra montatura disponendo una perizia necroscopica al fine di "accertare, ove sia possibile, se il proiettile sia stato esploso dai manifestanti". Altri 7 manifestanti rimangono feriti. Il 9 luglio imponenti manifestazioni di protesta a Reggio Emilia (centomila manifestanti), Catania e Palermo rilanciano la protesta. Tambroni arriva a collegare le manifestazioni a un viaggio di Togliatti a Mosca, affermando che "questi incidenti sono frutto di un piano prestabilito dentro i palazzi del Cremlino". Ma il governo è ormai nell'angolo: il 16 luglio la Confindustria firma con i sindacati l'accordo sulla parità salariale tra uomini e donne, il 18 viene pubblicato un documento sottoscritto da 61 intellettuali cattolici che intima ai dirigenti democristiani a non fare alleanza con i neofascisti. Il 19 luglio Tambroni si reca dal presidente Gronchi, il 22 viene conferito ad Amintore Fanfani l'incarico di formare un governo appoggiato da repubblicani e socialdemocratici. Nel 1964 si svolge a Milano il processo a carico del vice-questore Cafari Panico e dell'agente Celani. Il 14 luglio la Corte d'Assise di Milano, presidente Curatolo, assolve i responsabili della strage: Giulio Cafari Panico, che aveva ordinato la carica, viene assolto con formula piena per non aver commesso il fatto; Orlando Celani, da più testimoni riconosciuto come l'agente che con freddezza prende la mira e uccide Afro Tondelli, viene assolto per insufficienza di prove.
18 luglio 2010 1:08 - shugar
forti con i deboli e deboli con i forti. Una delle innumerevoli pezze giornalistiche per distogliere l'opinione pubblica dalle ruberie e porcherie sistematiche messe in atto da certi elementi e' appunto l'invocazione continua della proibizione e del rigore a tutti i costi. Lo facessero con loro mettendo in galera evasori, corrotti e corruttori, bancarottieri vari ecc. e lasciassero in pace i poveri diavoli e creassero i presupposti che eventi come i rave si possano svolgere nella piena legalita' e sicurezza come all'estero
13 luglio 2010 18:17 - nikodb
"" da una parte studiano questo rave party detection, dall'altra stringono sempre piu per ottenere le leggi bavaglio..

da una parte cercano di nascondere gli orrori dei nostri governanti, andando a pararsi il culo con le leggi sulla privacy,
dall'altra ti spiano pure i messaggini in stile controllo totalmediatico alla Orwell..

significa che i rave party e tutto il movimento fa veramente paura al sistema di controllo..
credo che la droga sia solo il pretesto per poterci controllare, ma loro temono il fatto che i giovani riescano a "creare" un qualcosa che va oltre il controllo sistemico.

Perchè se LORO stanno facendo i salti mortali per fregare la magistratura creandosi le leggi ad Oc in modo da non essere controllati, intercettati..
Significa che hanno parecchio da nascondere, ma parecchio parecchio..
non certo 2 cannoni,
Trans cocaina e viagra,sono il loro peccato piu leggero...
e stanno facendo di tutto per nascondere i loro peccati

e allora perchè devono permettersi di intercettare un telefono di un ragazzo che manda info per un semplice party?

tra l'altro è una cosa che gia si fa..sono anni che cercano di intercettare i party tramite internet...vedi goabase supersgamato, oggi facebook..etc etc..

La loro non è prevenzione per il consumo di droga..a loro interessa reprimere i giovani che vogliono CREARE qualcosa che va contro il sistema..
è questo che mi fa veramente incazzare

QUESTI ******* ***** ** ***TANA!

ora aggiungo qualche parola-TAG sperando che qualche motore di ricerca della polizia del Controllo mediatico possa rintracciare

RAVE PARTY, DROGA, INFO,STRADA,

ora misero sbirro della postale che stai leggendo, spero tu possa ragionare su quello che ho scritto...

Tu che sei solo una pedina non ti sembra strano che tu debba lavorare ore per rintracciare una semplice festicciola di giovani che vogliono semplicemente divertirsi per un week end ,in location fuori dalle palle e dal casino creato dalla nostra società?

Sono quei 50/100grammi di hashish su 500 persone che rendono questo movimento pericoloso?
o quei 10/20 grammi di altre sostanze (sempre su una media di 500persone?)

è veramente questo?

spero tu possa ragionarci un po su, perche la cosa è veramente triste..
perchè ai piani alti di chi ti comanda, fanno cose molto piu illegali delle nostre,
talmente illegali da cercare di cambiare il presente e il passato legislativo in modo da pararsi il culo!

Noi continueremo a divertirci nei boschi e nei capannoni,perchè non sarà un governo catto-fascio-mafioso a fermarci!
I nostri bassi continueranno a rimbalzare fra vallate,senza timori..
perchè non abbiamo sensi di colpa! ""


CIT.: Annx
13 luglio 2010 16:08 - psyenrico80
però...l'intelligenza di chi spara ste cazzate è ai minimi storici. ogni estate si riparte con l'emergenza rave.
proibire proibire e basta!!
non frega a nessuno se chi fa danni per le strade o che finisce in ospedale magari sia uscito da un bar del paese dove abita avendo bevuto qualche birra, l'importante è demonizare quei luoghi (rave) dove non si fanno gli interessi economici dello stato. pultroppo i luoghi che non rendono economicamente devono essere proibiti perchè se no che esempio si da alla gente se ci si può divertire anche in posti diversi da discoteche, bar ecc???
ma sbaglio o in questi giorni il "super" governo sta cercando in tutti i modi di far passare una legge che in pratica inpedisce o limita le intercettazioni?? non è proprio il berlusconi che dice che non si può essere spiati in continuazion e?? ma interrcettare conversazioni su siti o sms non è violazione della privacy comunque??
forse allora il concetto è che se ti intercettano per gravi reati (di cui qualche politico è accusato) non puoi esser incriminato mentre se organizzi una festa puoi esser spiato e poi perseguitato??
solite leggi al'italiana fatte per difendere politici, polizziotti e criminali.
mah..non capisco!
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