«La signora Silvana si e' trovata, suo malgrado COSTRETTA a
scegliere un aborto terapeutico a causa di una grave
malattia diagnostica al feto.»
Le hanno puntato un'arma alla testa? Ma per favore! Non c'è
più alcun limite al ridicolo...
25 febbraio 2008 0:00 - L'INFORMATORE
da: www.chiesavaldese.org
Il moderatore della Tavola valdese scrive a Silvana
"come donna e come cristiana"
"Sono preoccupata del clima culturale e politico. Non
salgo su una cattedra a giudicare una scelta dolorosa, ma mi
pongo al fianco di chi sta soffrendo".
La pastora Maria Bonfede, moderatore della Tavola valdese,
con una lettera aperta pubblicata su NEV-Notize evangeliche
del 20 febbraio 2008, esprime la sua vicinanza nel dolore a
Silvana, la donna vittima di un’irruzione di agenti di
polizia mentre si sottoponeva ad un aborto terapeutico al
Policlinico Federico II di Napoli.
Cara
Silvana, mi permetto di scriverle una lettera aperta
perché ho visto che lei ha inteso dare pubblicità a quello
che le è accaduto nell'ospedale Policlinico di
Napoli. Lo faccio come donna e come credente,
innanzitutto per esprimerle la mia vicinanza in un momento
difficile della sua vita, reso ancora più intollerabile da
una violenta irruzione nel suo dolore da parte di chi
dovrebbe garantire protezione e giustizia. Mi permetto di
scriverle perchè sono molto preoccupata del clima culturale
e politico nel quale si è consumata la vicenda che la
riguarda: la sua dignità ed il suo diritto a compiere una
scelta certo sofferta e meditata, sono stati violati nel
momento in cui qualcuno ha voluto politicizzare il tema
della legge 194 e in particolare il riconoscimento
dell’autodeterminazione della donna in materia di aborto
volontario. Mi amareggia che tutto questo venga spesso
motivato nel nome di valori cristiani: al centro della mia
fede in Gesù Cristo, infatti, non c'è una norma o un
principio, ma l’attenzione alla singola persona e la
pratica dell'amore e della compassione. Quell'amore
e quella compassione che le sono stati negati nei giorni
scorsi e che, prima dell’approvazione della legge 194 (e
della sua conferma con il referendum popolare del 1981)
erano negati a tutte le donne che si trovavano, spesso in
solitudine, nella drammatica e rischiosa condizione di dover
ricorrere all’aborto clandestino.
Noi sappiamo
che ogni scelta umana è segnata dal limite e dal peccato,
perché puro e santo è solo il Signore. A noi è dato però
di operare scelte parziali, con responsabilità, amore e
spirito di condivisione. E’ questa comprensione
dell’evangelo, gentile Silvana, che oggi mi porta vicino a
lei e alle tante donne che, invece di solidarietà e
rispetto, incontrano perentori giudizi senza appello.
Come donna e come cristiana so che l'esperienza della
vita che nasce dentro di noi è una infinita grazia del
Signore; per questo credo che ci si debba impegnare
seriamente nella diffusione di una cultura della
contraccezione, che avvii alla procreazione cosciente,
voluta e responsabile. Ma al tempo stesso so che la vita ci
pone sfide e problemi enormi che non possono essere risolti
con una brutale semplificazione: che cosa significa amare di
fronte a un feto malformato? E' una domanda che ogni
genitore si è posto mille volte ed alla quale non credo si
possa dare una risposta univoca e assoluta. Per questo, come
pastore, non salgo su una cattedra a giudicare una scelta
difficile e dolorosa, ma mi pongo al fianco di chi sta
soffrendo, con simpatia e nella preghiera.
Pastore Maria Bonafede, Moderatore Tavola Valdese
19 febbraio 2008 0:00 - Sergio
Gianni, la cosa drammatica è che l'Italia, come tutti
gli altri Paesi del mondo, proviene da una esperienza lunga
di punibilità dell'aborto. Nonostante i rischi
penali le donne abortivano clandestinamente e morivano.
Ancora oggi nel mondo il 40% degli aborti avviene
nella clandestinità con circa 80000 donne che annualmente
muoiono di aborto. Le donne rischiano così tanto per puro
divertimento? Per provare l'ebbrezza della lapidazione,
del carcere, della morte?
"Cosa fai questa
estate?" "Scopo come una matta, spero di
riuscire a restare incinta così a ferragosto vado ad
abortire." "Davvero?" "Sì,
pensa che sto facendo una curetta per avere una gravidanza
multipla. Sai che bello abortire due o più feti!"
Forse qualcuno pensa che questo sia un possibile
dialogo tra donne.
Nei lunghi decenni di
punibilità dell'aborto, a fronte di tanti milioni di
aborti clandestini si sono svolti pochissimi (molto meno di
mille) processi. L'aborto era diffusissimo, ma
rappresentava solo "una piccola storia ignobile"
che non meritava due parole su un giornale della musica o
parole un po' rimate.. che non meritava nemmeno
l'attenzione della gente...
L'aborto era
punito e questo bastava agli ipocriti benpensanti, sempre
attenti a salvare le apparenze. Di aborto non ne
parlava nessuno, tranne coloro che si battevano per la
depenalizzazione e poi per il riconoscimento
dell'interruzione legale della gravidanza.
Oggi, che siamo riusciti a far diminuire gli aborti, che
c'è una maggiore sensibilità sui problemi etici e si
potrebbe promuovere la cultura della responsabilità e della
prevenzione, si preferisce lanciare slogan inutili e
crociate buone solo a scopi ben diversi da quelli
dichiarati.
Che si debba tendere alla massima
tutela possibile per il nascituro è sacrosanto. Mettere
sullo stesso piano etico e giuridico l'aborto coatto e
l'aborto volontario è semplicemnte sintomo di totale
mancanza di cultura giuridica e sensibilità etica.
Trasformare l'invito alla tutela della vita "dal
concepimento alla morte" in una norma giuridica è
semplicemente folle.
Proporre improbabili e
ambigue analogie tra moratoria della pena di morte e
moratoria dell'aborto è assurdo. Per rendersene
conto basterebbe riflettere su cosa comporta la moratoria
della pena di morte e cosa comporterebbe la moratoria
dell'aborto. La prima moratoria è un invito agli
Stati dal desistere dall'esecuzione della pena capitale
(ogni Stato mantiene la propria sovranità e può svolgere
comunque la funzione giudiziaria anche se dovesse accogliere
l'invito ONU); la seconda moratoria, quella
dell'aborto, dovrebbe per analogia tradursi in un invito
alle donne a riflettere. Cosa che avviene già: la donna
può abortire solo dopo 7 giorni dal rilascio del
certificato che l'ammette all'intervento. Ma
alla domanda quali effetti concreti avremmo se passasse la
moratoria, molti fuggono senza rispondere e altri cominciano
a vaneggiare intorno alle vite salvate perché sarebbe
nuovamente proibito l'aborto. Ma se lo stesso Ferrara
afferma che la legge 194 non va abolita, va solo applicata
in ogni sua parte. Quante stupide illusioni e quanta
ignoranza sta producendo questa beffarda iniziativa suonata
col trombone?
19 febbraio 2008 0:00 - L'INFORMATORE
Da www.chiesavaldese.org
ATTUALITA' E NEWS
Aborto, diritti in
conflitto? di Vera Schiavazzi
Un dibattito
superficiale per questioni ben più complesse
L’interesse per i diritti della madre può confliggere con
quello per i diritti del potenziale prematuro. Troppe
aspettative dalla scienza
Come donna,
come madre, come credente e come giornalista vorrei provare
a formulare alcune (scomode) domande, o pensieri, che il
recente dibattito sulla legge 194 che regola l’aborto
volontario in Italia mi ha suscitato, e che a mio avviso
tutti dovremmo porci se non vogliamo incorrere nell’errore
più grave che spesso contestiamo ai nostri avversari:
quello di strumentalizzare a fini politici, ideologici e
culturali un’evenienza, l’aborto, che appartiene invece
a una dolorosa sfera personale, che pone ai singoli e ai
medici legittimi interrogativi etici. E che appartiene
all’esperienza diretta e drammatica di milioni di donne,
compresa quella che scrive queste righe. Sono domande (e
pensieri) che vorrei fare insieme a chi, come me, difende la
(buona) legge 194 e ritiene doveroso che in un paese civile
una donna possa abortire, ma non per questo è disponibile a
rinunciare a interrogarsi sul significato della parola
«vita» o a usare la scienza e i suoi progressi come una
coperta che ciascuno può tirare dove vuole per sostenere le
sue tesi. Un dato per tutti: l’Oms (Organizzazione
mondiale della sanità) ha fissato fin dal 1997, cioè in
un’epoca nella quale la neonatologia non aveva ancora
conosciuto molti degli attuali traguardi, la definizione di
«feto» a 22 settimane di gestazione e 500 grammi di peso,
al di là dei quali si parla invece di «prematuro».
Il legislatore che ha scritto il testo della legge 194
ha giustamente e volutamente escluso la possibilità che
l’aborto terapeutico, cioè quello che può intervenire
tra il quarto e il sesto mese di gravidanza, si potesse
giustificare tout court come «selettivo». Il legislatore,
dunque, non ha scritto che è sufficiente una diagnosi di
anomalia o di malformazione del feto, ma ha precisato che
per poter effettuare l’aborto oltre il terzo mese occorre
che sia a rischio «la salute fisica o psichica della
madre». Si è ammesso quindi, come è giusto che sia, che
ciascuno di noi possa reagire diversamente a una medesima
disgrazia. E che a fronte di una donna, o di una famiglia,
che sente di voler accogliere un bambino malato, disabile, o
che magari ha poche possibilità di sopravvivere ne esista
un’altra che non vuole o non può farlo. È giusto e
sacrosanto che l’essere che la madre porta in grembo dal
giorno del concepimento fino a quello del parto sia
considerato dalla legge, e dal nostro comune sentire, come
un essere non autonomo, sul quale un’altra persona – la
madre appunto – può decidere. Questa evidenza fa parte
della realtà esistenziale di ogni giorno, e difatti nessuna
legge vieta a una donna incinta di fumare, bere, drogarsi,
correre in auto o buttarsi dalle scale. Di più: il
legislatore ha previsto, in altre norme, attenuanti per la
puerpera che uccide il suo neonato, proprio perché ha
riconosciuto il legame inestricabile e non sempre felice che
unisce una donna al figlio.
Un parto
prematuro Le cose cambiano appena il parto avviene, e
l’aborto terapeutico è a tutti gli effetti un parto
(prematuro) indotto con i farmaci. Il neonato prematuro
dalle 22 settimane di gravidanza in avanti uscito dal grembo
materno rappresenta senza dubbio un essere giuridicamente
autonomo. Il parere della madre e del padre che esercitano
la patria potestà è dunque, nel suo caso, di uguale valore
rispetto a quello di una madre o di una coppia chiamata dai
medici a pronunciarsi sulle terapie da effettuare su un
bambino di un mese, un anno o dieci in pericolo di vita. È
necessario e doveroso chiederlo, ma non sempre è
sufficiente. La data gestazionale indicata quando si decide
l’aborto è di norma presunta, e solo il medico presente
al momento dell’aborto o del parto può rendersi
pienamente conto della sua esattezza. Non dobbiamo
essere ipocriti. Nella maggior parte dei casi, l’aborto
terapeutico è collegato a una diagnosi di malformazione,
perlopiù quella che indica la nascita di un bambino down,
che arriva troppo tardi per consentire un’interruzione nei
primi tre mesi. È giusto rispettare la donna (e la coppia:
nella realtà spesso molte persone circondano e influenzano
la donna che deve decidere) che «non se la sente» di
accettare questo peso. Ma è anche giusto rispettare e
sostenere chi decide di fare diversamente, e riconoscere che
queste vite, quelle dei disabili, dei malformati, di chi non
diventerà mai adulto sono vite rispettabili (e degne agli
occhi di Dio) quanto le altre, quanto le nostre.
Il legislatore è, in media, un adulto, di solito maschio,
di solito ben riuscito nella sua carriera. È lui che ispira
e determina le norme, e lo fa, come è umano e inevitabile,
lasciandosi influenzare dai propri interessi. È dunque
inevitabile che le leggi, e la 194 non fa eccezione se non
nella misura in cui ha risentito positivamente e più di
altre dell’impegno civile e culturale di milioni di donne,
riflettano questa realtà. Se una legge obbligasse la donna
incinta al quinto o sesto mese ad attendere il nono mese e
il parto naturale per poi dare il figlio non voluto in
adozione noi protesteremmo, giustamente, perché nessuno
può imporre a un altro essere umano un periodo angoscioso e
pagato sulla propria pelle. Ma vogliamo ammettere, almeno
sul piano etico, filosofico, per così dire, che la
prevalenza di questo giusto interesse avviene a svantaggio
di un altro interesse, quello del feto di cinque o sei mesi
che potrebbe, solo Dio lo sa, diventare un bambino?
Scienza taumaturgica? La nostra società è
orientata, talora in modo esasperato, ad aspettarsi dalla
scienza le soluzioni ai propri drammi. Ciò avviene, come
sappiamo bene, anche nella lotta all’infertilità, in quel
desiderio di diventare madri, o padri, che ormai siamo
vicini a considerare un diritto. È ammissibile o no che
alcuni bambini nati gravemente prematuri siano considerati
«preziosi» (è questo il termine tecnico usato dai
ginecologi che si occupano di gravidanze volute e
difficili), magari perché frutto di molti e dolorosi
tentativi di fecondazione artificiale, e che si cerchi in
ogni modo di portarli alla vita autonoma e alla crescita,
mentre ad altri, alla stessa età gestazionale, non vengono
praticate se è possibile le stesse terapie? La risposta è
in mano al medico, che agisce in «scienza e coscienza»,
sempre, e che certo non può e non deve dibattere con
nessuno quando deve prendere una decisione in pochi
minuti. In conclusione, occorre essere consapevoli che
quando si parla di «rianimazione dei feti» si dice una
cosa imprecisa. Che si tratta di pochi, pochissimi casi –
quelli nei quali il feto diventato prematuro ha reali
possibilità di vita autonoma – e che in quei pochi casi
decide perlopiù l’esperienza, la pietà e la capacità
del medico. E che non dobbiamo consentire che la battaglia
culturale e politica, che pure impegna legittimamente molti
di noi, renda le nostre coscienze cieche e sorde.
Tratto da Riforma del 15 febbraio 2008
18 febbraio 2008 0:00 - Gianni
Forse qualcuno potrebbe domandare al nascituro se preferisce
venire al mondo per soffrire per sentirsi diverso o essere
sano, senza complessi da trascinarsi per la vita, la vita
quella vera non un po di cellule che si stanno
riproducendo. Gli estremisti siete voi che combattete
la legge sull'aborto che non consentite l'uso della
pillola abortiva, che volete tornare alla macellerie degli
aborti clandestini, che impedite di verificare se un
embrione da impiantare sia sano oppure malato. Fa
rabbia vedere gente andare all'estero per evitare gli
ostacoli che una legge cretina. Gianni
18 febbraio 2008 0:00 - Sergio
Caro Reset, non ho una risposta, ma solo tante
riflessioni
Ritengo che l'espressione
"anomalie e malformazioni" sia troppo generica e
poco coerente con una normativa che, pur riconoscendo la
facoltà di abortire, non ha affermato il diritto
potestativo sul nascituro.
La questione è aperta
e proprio su questo punto servirebbe una discussione serena
e approfondita.
L'aspetto soggettivo non può
essere trascurato. La soluzione punitiva non mi
convince proprio per nulla; cosa dovremmo punire uno stato
d'ansia immotivato? una paura inconscia? Possiamo
proibire la paura? Saprai che ci sono donne che vanno
in depressione durante la gravidanza... ma accantoniamo
questo aspetto che rischia di portarci lontano.
Quel che potremmo fare è realizzare servizi sociali
adeguati per ospitare bambini nati con anomalie e
malformazioni (e non solo questi), ma con genitori che non
se la sentono di accoglierli. Servizi sociali che si
prendono cura di questi bambini anche attraverso il sistema
dell'affidamento, quindi senza escludere i genitori
naturali. Situazioni di questo genere sono già
sperimentate e possono funzionare. Molto spesso una
donna, una coppia, ha solo bisogno di tempo... perché non
provare a darglielo?
Amore per la vita, per quel
che mi riguarda, significa anche andare oltre la cultura
"proprietaria" dei figli: possiamo cominciare a
considerare i bambini un "patrimonio
dell'umanità" come si fa per i monumenti?
Agire per superare pregiudizi e percorsi obbligati che
mortificano e creano sensi di colpa, mi sembra una strada da
percorrere.
Rifletti su un punto. Come mai
si preferisce talvolta partorire in segreto e poi disfarsi
del pargolo abbandonandolo? Coloro che si comportano così
non sanno che possono partorire in segreto, in una struttura
pubblica, e non riconoscere il bambino? Probabilmente
il senso di colpa e la vergogna che scaturisce dal sapere
che altri sanno è più forte del rischio di essere beccati.
Si ritiene, sbagliando, che sia più facile mettere a tacere
la propria coscienza quando non si deve condivedere con
altri qualcosa (un figlio non desiderato) che è vissuto
come una vergogna. Ma è una falsa convinzione, come ben
sanno le donne che hanno vissuto il dramma dell'aborto
clandestino e il dolore della solitudine in cui si consumava
quel dramma.
Ecco, penso che se si abbandonano i
toni da crociata, la presunzione che ci sia qualcuno che è
per la vita e altri che sono per la morte, avremmo tanta
strada da percorrere con esiti più costruttivi.
17 febbraio 2008 0:00 - Bertoldo
Kit Scarson, ti ci sai mettere con le persone educate che
non ti mandano a farti fottere, sì? Sergio, lascialo
schiattare, tanto qualsiasi cosa gli dici si arrampica
comunque sugli specchi. Ribattere ad uno senza argomenti è
solo una perdita di tempo. B.O.
17 febbraio 2008 0:00 - maria
la verita' fa male, a voi non interessa niente
dell'aborto altrimenti lottereste per altre vie, come la
lotta contro la violenza contro la poverta' per i
diritti delle donne ecc ecc, a voi interessa solo
ripristinare l'ordine maschile di ricatto contro la
donna , ipocriti, della vita non ve ne frega niente,
perhce' sapete perfettamente che l'aborto
clandestino e' la manna per molti medici cosiddetti
''obiettori'', ipocriti!
17 febbraio 2008 0:00 - Reset
Non replico a Maria e Gianni che sostengono e difendono
posizioni davvero...incomprensibili e talmente estremiste da
far addirittura paura e rabbia, perchè in totale dispregio
della vita dell'Uomo e della dignità e della serietà
di migliaia di professionisti.
Replico, invece, a
Sergio. Il tuo discorso è il seguente: bene, alcune
malformazioni sono chirurgicamente guaribili, consentendo ai
neonati che ne sono affetti una vita relazionale, sociale e
personale del tutto normale per cui occorrerebbe davvero
distinguere fra malformazioni e malformazioni in forza delle
quali tenere in diverso conto eventuali risvolti psicologici
negativi sulle future mamme, però il dato del risvolto
psicologico non è quantificabile, non è prevedibile, per
cui una donna potrebbe davvero ricevere un danno psicologico
elevato per una malformazione anche di lieve entità del
proprio bambino, per cui sarebbe lecito richiedere
l'aborto per danni psicologici alla madre se proseguisse
la gravidanza, pur se quella malformazione è
chirurgicamente guaribilissima. Concordo con te
pienamente, però...dove metti, allora, il rispetto della
vita umana? Se una donna decide di abortire per, ad
esempio, un onfalocele o un labbro leporino, o un piede
torto bilaterale o una malfromazione cardiaca minore del suo
bambino, pur se durante il counseling le viene spiegato che
queste anomalie sono chirurgicamente riparabilissime, allora
dovrebbe, dopo l'aborto richiesto ed ottenuto per gravi
danni psichici connessi alla prosecuzione della gravidanza
(come recita l'attuale 194), sempre per una nuova legge
più rispettosa della scralità della vita, per esempio,
prestare servizio presso un centro di riabilitazione per
motulesi o in ospedali pediatrici dove ci si prende cura di
bambini con problemi per un periodo non inferiore ad 1 anno,
in maniera continuativa, per esempio. Un deterrente ci
vuole, non credi?
16 febbraio 2008 0:00 - maria
vallo a di re algi obiettori che non vedrebbro l'ora di
ricomnciare ad operare in clandestina con grandi guadagni,
la vita va difesa ma l'accanimento e' contro la vita
, e' solo presunzione, e 'il tentativo di voler
superare addirittura il dio per il quale vi arrogate il
diritto di parlare, salvo poi favorire l'ipocrisia .
16 febbraio 2008 0:00 - Gianni
La 194 va difesa e ampliati i motivi per cui una donna possa
abortire senza giustificazioni, occorre inoltre rendere
regolare l'uso della pillola abortiva per non ricorrere
ad interventi più invasivi. Quelli che, per loro
ragioni etiche morali religiose, rifiutano l'aborto,
sono liberi della loro scelta, lasciate la stessa libertà
agli altri. Oppure vogliamo che si debba andare
all'estero per l'aborto, come succede ora per quella
cazzata fatta sulla legge 40. Il bello che c'è uno
stupido che se ne vanta. Gianni
16 febbraio 2008 0:00 - Sergio
Carson, l'unico che ha la pretesa di affermare verità
assolute, granitiche e senza alcun dubbio sei tu.
Gli altri, cercano di definire dei punti certi dai quali
iniziare un confronto e un'analisi.
Abbiamo
capito che per te l'aborto è sempre un omicidio.
Abbiamo capito che per te la 194 va avolita.
Quel
che non abbiamo capito è cosa succede dopo aver fatto
queste meravigliose cosette.
L'abolizione
della 194 ci porterebbe alla situazione ante 1978: aborti
clandestini, morti e pochissimi processi. Perché è
bene che tu sappia, caro Carson, che a fronte di milioni di
aborti avvenuti fino al 1978 in regime punitivo e proibitivo
ci sono stati solo poche centinaie di processi. Che cosa ti
lascia pensare che le cose andrebbero adesso diversamente?
Non è che v'interessi solo l'ipocrita affrrmazione
che l'aborto è proibito per poi far finte di non
vedere, come succedeva in passato? Come mai nessun Paese al
mondo - e tutti sono stati proibizionisti sull'aborto e
molti lo sono ancora - ha sconfitto la piaga
dell'aborto?
Possibile che queste elementari
realtà - non verità, Carson, ma realtà incontrovertibili
- non ti facciano venire qualche dubbio?
Se poi
considerassimo l'aborto un omicidio non solo sul piano
etico ma anche sul piano giuridico (perché è questo che
affermi, no?), come ti ho già spiegato, ma sembra che non
sei in grado di comprenderlo, si determinerebbero
conseguenze catastrofiche che tu e i tuoi amichetti vi
guardate bene dall'affrontare, limitandovi ipocritamente
a sventolare la bandierina della vita della quale in realtà
non ve ne frega nulla, diversamente accettereste il
confronto sulle conseguenze giuridiche e pratiche
dell'affermazione "l'aborto è un
omicidio".
16 febbraio 2008 0:00 - carson
x il padreterno che sdottora da settimane sul forum,
vorrei dire a quel padreterno che si arroga il diritto di
vivisezionare ogni intervento per poi rilasciare il suo
personalissimo patentino di verità che qui stiamo parlando
ESSERI UMANI non di cavalli o vacche! come ti permetti
di stabilire quando una vita vale la pena di essere vissuta
e quando invece un feto si può uccidere?? la vita va
difesa senza 'se' e senza 'ma'altro che
'aspetto soggettivo'! vai in inghilterra dove
si abortisce per la probabilità di avere un figlio col
labbro leporino! l'aborto è un omicidio e la 194 va
abolita mettitelo nella zucca! finalmente oggi, dopo anni di
oblio, si torna a parlarne anche grazie alla disfatta che
avete subito sulla legge 40!
16 febbraio 2008 0:00 - maria
Pedofilia: Viterbo, ex parroco condannato a quattro anni
16 feb 12:25 Cronache
VITERBO - Condanna a
quattro anni e quattro mesi di reclusione per Don
Massimiliano Crocetti, l'ex parroco di Oriolo Romano -
in provincia di Viterbo - accusato di violenza sessuale su
minori. Nell'agosto di due anni fa il sacerdote fu
arrestato con l'accusa di aver abusato di due minorenni,
uno a Oriolo Romano, l'altro a Vetralla, dove era
viceparroco. (Agr)
SI OCCUPASSERO DI
QUESTO PROBLEMA , PIUTTOSTO.
16 febbraio 2008 0:00 - Sergio
Bene Reset. Adesso hai espresso compiutamente e
correttamente una posizione che può costituire un ottimo
punto di partenza per una discussione seria, concreta e non
intorno a questioni astratte.
Non ci sono dubbi
che andrebbero meglio definite le anomalie e le
malformazioni del nascituro che possono consentire un aborto
dopo i 90 giorni.
Biosgna fare però attenzione
all'elemento soggettivo. Mi spiego.
Una
definizione più restrittiva delle anomalie e delle
malformazioni o una puntuale elencazione delle stesse
consentirebbe di accertare l'elemento oggettivo per
l'eventuale ricorso all'aborto ma rimane scoperto
l'elemento soggettivo a partire dalla componente
psichica. Questo è il nodo più ostico perché ogni
problema o difficoltà non è mai uguale per tutte le
persone, risultando determinante l'aspetto caratteriale,
culturale, sociale, psicologico dell'individuo.
Che ne pensi di questo aspetto?
Secondo me
serve una definizione più precisa di "anomalie e
malformazioni", ma eviterei una elencazione minuziosa
che rischierebbe di escludere l'aspetto soggettivo che
invece è rilevante nel ricorso all'aborto. Penso
si possa anche rivedere il termine temporale poiché oggi le
conoscenze ci consentono di poter anticipare determinati
accertamenti. Forse portare il limite a 5 o 5mesi e mezzo
potrebbe essere possibile. Però su questo punto sono gli
specialisti che devono esprimersi mentre i legislatori
dovranno valutare l'efficienza del sistema sanitario.
16 febbraio 2008 0:00 - Reset
Cassazione sez. III civile N°16123 del 14.07.2006 (non
2005) chiedo scusa.
Nel merito. Ho detto le
stesse cose che sono state scritte da Sergio per ciò che
riguarda il fatto di poter abortire dopo i 90 giorni, ma con
parole diverse. In altri termini si può abortire NON
per le malformazioni del feto, ma per l'effetto di
patologie fisiche o psichiche sullo stato di salute della
madre (compresi gli effetti psichici negativi derivanti dal
sapere di una malformazione fetale). In buona sintesi
non si abortisce perchè il feto è malformato. Non esiste
il diritto, in Italia, a nascere SANI (vedi la sentenza
della Cassazione civile sentenza già enunciata), quindi,
NON ESISTE l'aborto EUGENETICO!!! Chi dichiara di
volere PER FORZA un bambino SANO, lo fa CONTRO LEGGE!!
Riguardo alla sindrome di Klinefelter, come per molte
altre situazioni borderline, sarebbe quanto mai opportuno
metter mano alla legge per limitarne un uso strumentale.
Vi sono malformazioni che consentono al nascituro una vita
normale se trattate adeguatamente (malformazioni cardiache,
della parete addominale dell'apparato gastroenterico,
dell'apparato uropoietico, alcune anomalie cromosomiche)
che dovrebbero portare ad una revisione della legge stessa,
in considerazione della sacralità della vita umana. Se
fossi un legislatore, proporrei che l'interruzione della
gravidanza possa essere richiesta per evitare problemi
fisici o psichici alla madre SOLO SE una eventuale
malformazione riscontrata al feto, di fatto, ne comporti la
morte o una vita vegetativa o una vita con modestissime e
ridotte capacità relazionali, dal momento che la scienza
medica ha compiuto progressi notevoli nel riportare alla
normalità quadri patologici un tempo invariabilmente
infausti o, comunque, fortemente disabilitanti. In
altre parole, occorrerebbe spiegare alla futura mamma che un
onfalocele (una sorta di ernia della parete addominale), è
ormai perfettamente guaribile nella quasi totalità dei casi
(counseling), per cui ella non è giustificata nei suoi
"timori" talmente elevati da comprometterne
l'integrità psichica, a causa di questa patologia,
ripeto, quasi invariabilmente curabile. idem dicasi per
alcune malfromazioni cardiache minori, per problemi di
vescica iperdistesa per valvole uretrali posteriori
ecc.ecc. Patologie, però, per le quali, ancora oggi,
vi sono donne...che richiedono l'aborto!!
15 febbraio 2008 0:00 - DE pravato
In politica e in amore tutto è permesso!
Du'
cojoni!!! (scusa, Gabriellì!)
15 febbraio 2008 0:00 - passante
X ? ? ? ? anche io ho la stessa sensazione, mi
piacerebbe proprio sapere chi ha fatto la famigerata
denuncia. E comunque anche le manifestanti non hanno
avuto molto rispetto della donna che ha abortito, in fondo
l'hanno strumentalizzata anche loro.
15 febbraio 2008 0:00 - ? ? ? ?
Tutta la vicenda (comprese le manifestazioni prontamente
organizzate) mi puzza come un caso montato ad arte per
contrastare la lista Ferrara (alla faccia della
democrazia)...
15 febbraio 2008 0:00 - Sergio
Reset, hai ragione. L’espressione “aborto
terapeutico” è una delle tante infelici sintesi
giornalistiche a cui ormai siamo abituati (come la storiella
dell’embrione con tre genitori). Come infelice è l’uso
che si fa del termine “eugenetica”, e l’elenco
potrebbe proseguire con molti altri termini.
La
legge 194/1978 prevede solo l’aborto nei primi novanta
giorni o dopo (vedi art. 6) a) quando la gravidanza o
il parto comportino un grave pericolo per la vita della
donna; b) quando siano accertati processi patologici,
tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni
del nascituro, che determinino un grave pericolo per la
salute fisica o psichica della donna.
Come vedi,
Reset, anche la tua sintesi è infelice: tra i processi
patologici che possono determinare pericolo per la salute
della donna rientrano anche le anomalie e le malformazioni
del nascituro. La norma non prevede che l’aborto sia
praticato “in conseguenza delle malformazioni del
nascituro” ma solo nel caso in cui queste malformazioni
determinino “un grave pericolo per la salute fisica o
psichica della donna”.
Può sembrare a prima
vista una norma “ipocrita” e senza dubbio qualcuno
sostiene ciò. In realtà, la norma mette in primo piano la
salute della donna. Non solo salute fisica ma anche
psichica. E’ quindi la donna che deve valutare le
sue forze e capacità nel far fronte a una situazione
problematica che si potrebbe verificare con la nascita di un
bambino con anomalie e malformazioni.
Sia ben
chiaro, non sto esprimendo valutazioni morali (queste
competono a ciascuno di noi) ma tento di riportare la
questione al senso della norma giuridica, che è coerente
con quanto affermato ripetutamente anche dalla Corte
Costituzionale (in estrema sintesi, prima viene la donna e
poi il nascituro; la donna, essendo già persona, ha diritto
a una tutela superiore rispetto al nascituro che persona
ancora non è). Le norme possono essere cambiate, è
ovvio. Opportuno però non confondere l’ambito etico
e l’ambito giuridico. Un comportamento può essere
lecito sul piano giuridico e allo stesso tempo illecito in
una determinata concezione etica. L’assurdo si
verifica quando si vuole trasformare “l’illecito
etico”, il peccato, in illecito giuridico, in reato, senza
cambiare le norme ma con modalità subdole.
Riguardo poi alla sindrome di Klinefelter, anche se nella
maggioranza dei casi non si tratta di una sindrome
“terribile”, trovo di cattivo gusto la sortita di
Ferrara sui testicoli piccoli e il seno grande. Si
presentano problematicità serie con percentuali di una
qualche rilevanza e forse non è il caso di addentrarsi in
questa materia sulla scorta di un dizionario medico...
Almeno per il rispetto che è dovuto a chi vive situazioni
difficili a causa di questa malattia (per fortuna pochi, ma
ci sono anche loro), il circo Ferrara è pregato di
comportarsi in modo civile ed educato.
Non
dimentichiamoci che ogni notizia assume un valore diverso in
base a come è comunicata. Cosa ne sappiamo di come è stata
presentata questa sindrome alla donna di cui tutti parlano?
Che ne sappiamo del contesto familiare e sociale di questa
donna; di come ha vissuto da quando ha appreso la
“notizia”; dell’intelligenza o stupidità, competenza
o incompetenza delle persone che le sono state vicine mentre
ha maturato la decisione di abortire. Che ne sappiamo di
tanti altri aspetti che sono determinanti nell’indurre una
decisione? Credo che nessuno abbia il diritto di fare
“un processo” alla scelta di quella donna, tanto più
che quella scelta è stata valutata dal medico che ha
ammesso la donna al trattamento abortivo.
Reset, una cortesia, se citi leggi e sentenze vuoi usare la
compiacenza di fare citazioni corrette? Cassazione
14.07.2005 non significa nulla; sarebbe come dire hai visto
il film del 1997? Quale film? Una sentenza si cita
indicando numero e data ma anche identificando chi ha emesso
la sentenza (cassazione civile? Penale? Sezione?).
15 febbraio 2008 0:00 - maria
quello che e' successo a napoli e' di una
gravita'assoluta anche alla luce del fatto che
segnalazioni anonime di donne che subiscono violenza o
molestie vengono dalle forze dell'ordine spesso
ignorate...si sta facendo una campagna non contro la 194,
legge saggia e necessaria , ma contro
l'autodeterminazione della donna, mentre di preti
pedofili non si parla piu'
15 febbraio 2008 0:00 - Gianni
Certamente è meglio mettere al mondo dei bambini anche se
si può con certezza sapere che sarà malato o malformato o
che non avrà possibilità di sopravvivenza, poi la legge
permette di non riconoscerli e abbandonarli. Oppure,
per estremo rimedio, c'è sempre il cassonetto della
immondizia. Gianni
15 febbraio 2008 0:00 - Reset
Visto che si vuole fare (o si vorrebbe fare) informazione,
ricordo a tutti voi che in Italia NON è consentito (vedi
Cassazione 14.07.2005) l'aborto EUGENETICO, ovvero la
facoltà di abortire per patologie del FETO. La
strumentalizzazione è proprio questa. In altre parole,
non SI PUO' ABORTIRE, per LEGGE, un feto PERCHE'
MALFORMATO, come si evince dai vostri interventi. Fino
a prova contraria, si PUO' ABORTIRE per GRAVI PERICOLI
PER LA SALUTE FISICA O MENTALE DELLA DONNA NEL PROSEGUIRE LA
GRAVIDANZA. Questo è perchè si FACCIA CHIAREZZA SUI
TERMINI DELLA QUESTIONE. In quanto, poi, alla sindrome
di Klinefelter, moltissime persone (uomini)scoprono di
esserne affette in età scolare o addirittura in età
giovanile/adulta per problemi di infertilità. Quanto
riportato in termini di ritardo mentale, è pura
teoria/fantasia. Come in tutte le sindromi
cromosomiche, anche nella S. di Klinefelter si può avere
una penetranza ed una espressività appena accennata del
cromosoma X sopra-numerario, per cui il soggetto (il
fenotipo) può risultare del tutto normale, ripeto DEL TUTTO
NORMALE, tranne che per problemi di infertilità.
Facciamo della giusta informazione, per favore, almeno su di
un sito di consumatori, evitando di sparare sentenze a
gogò, senza essersi prima adeguatamente documentati.
14 febbraio 2008 0:00 - Gianni
Quanto accaduto a Napoli è anche conseguenza di quella
schifosa e incivile campagna antiabortista, che una certa
classe politica porta avanti con la compiacenza la
complicità e l'appoggio del vaticano. Gianni
14 febbraio 2008 0:00 - carmen
per fortuna ci sono persone come voi che reagiscono e
chiedono giustizia per noi liberi cittadini sempre più
depredati dei nostri diritti... grazie per avere
denunciato i responsabili di questo atto barbarico...
vorrei sapere come andrà a finire e se quell'infermiere
lascerà il posto a qualcuno più meritevole (parliamo del
Policlinico di Napoli e ne avrei da raccontarne!!!).
saluti cordiali
ps-vorrei potermi esprimere su
Giuliano Ferrara...un maiale cui si è dato il diritto alla
parola...mi riocorda un certo old major...