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12 febbraio 2007 0:00 - passante
io rifletto, ma tu continui a parlare del caso particolare e non del principio che deve passare: la persona cosciente deve decidere per proprio conto!! poi si possono trovare tutti i correttivi e le tutele per impedire scelte improvvisate, ma deve passare il concetto che ciascuno deve poter decidere, e non deve essere il reset di turno a decidere cosa è meglio per me.
12 febbraio 2007 0:00 - luciano di nepi
consiglio a tutti di sostituire la parola AGGRESSIONE alla parola ACCANIMENTO che già espime una connotazione dispregiativa.
Non è aria fritta ma solo buon senso.
Sarrebbe sopratutto utile inserirla nel consenso informato. I Colleghi Oncologi sarebbe bene che se ne ricordasssero quando praticano a malati pieni di metastasi inutili penose e scandalose chemioterapie-
Dr.Luciano di Nepi Ordine Medici Roma
n° 11187
11 febbraio 2007 0:00 - Reset
Forse nel mio intervento ti è sfuggito qualcosa, passante. Quando dico che esiste un "bene" per quel malato specifico ed un "bene" per quella "categoria" (i malati terminali o comunque in grandi sofferenze), dico soltanto che occorrerebbe poter decidere caso per caso e NON per tutti, indistintamente. Vi sono malati che potrebbero dare il consenso alla propria morte solo perchè si trovano in un periodo della loro malattia in cui questo è davvero il loro volere, la loro volontà, ma il loro volere, la loro volontà, potrebbe essere "minata" dalla condizione psicologica che in QUEL PERIODO stanno attraversando. E' un pò come l'incapacità "momentanea" di intendere e volere.
Ecco perchè dovrebbe esistere un grande sforzo della nostra società, un grande investimento sulla ricerca scientifica, anzichè spendere maree intere di soldi inutilmente e senza alcun tornaconto per l'intera società, alfine di ricercare e trovare metodiche alternative per la cura del dolore e della sofferenza localizzata o generalizzata.
Questo potrebbe far cambiare radicalmente anche il pensiero dei malati a proposito della loro stessa sopravvivenza. Tutto qui. Però, decidere che il malato, solo perchè si trova in uno stato terminale o di intensa sofferenza possa legiferare univocamente, unilateralmente sulla sua stessa ulteriore sopravvivenza, mi sembra come dare la possibilità a chi è sotto effetto dell'alcool o di droghe di pilotare un aereo.
Rifletti.
10 febbraio 2007 0:00 - passante
allora vorresti dire che una persona, per il semplice fatto di essere in una condizione di indigenza fisica e morale deve poter "comandare come vuole" la sua vita, la sua stessa sopravvivenza?
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esatto, proprio questo dico!!! ma non solo quando uno soffre, anche quando sta benissimo. altrimenti perchè non mettere una guardia del corpo per ogni persona per evitare che si faccia del male magari fino al suicidio? già ma poi chi controlla la guardia del corpo?
io vorrei decidere per me senza che sia un'altra persona ad arrogarsi il diritto di decidere cosa è meglio per me. se per te non è così resterai sempre libero di scegliere, ma non capisco perchè tu debba pretendere di decidere per me quando io non faccio lo stesso nei tuoi confronti.
voi pensate che le persone siano idiote a volere la morte? no, il fatto è che giunti ad un certo punto non si hanno più speranze nè dignità ma solo sofferenze; qual è il livello sopportabile? lasciamolo decidere al malato, con tutta la consulenza degli esperti.. ma il corpo resta suo!!

La decisione spetta, come sempre, a terze persone
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no perchè io non voglio decidere per gli altri; io posso dare consigli, poi gli altri decidono come è meglio per loro.

Anche perchè, a posteriori, si potrebbe vedere che tante, troppe vite si sono concluse in maniera inutilmente tragica, quando le persone avrebbero potuto essere meglio aiutate e sorrette da valide terapie, fino al loro ultimo istante "naturale".
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sempre contro la loro volontà; questa è violenza, non umana compassione. e comunque nessuno mai ti imporrà niente, come invece vuoi fare tu nei confronti degli altri
10 febbraio 2007 0:00 - Reset
Passante
esiste una scelta personale ed una scelta "di metodo", a mio parere. Quando tu dici "chi soffre?" "chi è il malato?", allora vorresti dire che una persona, per il semplice fatto di essere in una condizione di indigenza fisica e morale deve poter "comandare come vuole" la sua vita, la sua stessa sopravvivenza?
Io non lo credo.
Credo che esiste un "bene" per quel malato ed un "bene" per quella categoria, tutto qui. La decisione spetta, come sempre, a terze persone. E' inevitabile se ci pensi bene. Tanto vale lasciare chiuso il malato in camera con una siringa di cloruro di potassio per suicidarsi, se ha esternato la volontà di farlo, e ritornare in camera la mattina dopo...
Non credo che questo sia l'atteggiamento migliore, credimi. Anche perchè, a posteriori, si potrebbe vedere che tante, troppe vite si sono concluse in maniera inutilmente tragica, quando le persone avrebbero potuto essere meglio aiutate e sorrette da valide terapie, fino al loro ultimo istante "naturale".
Cordialmente.
Reset
8 febbraio 2007 0:00 - passante
reset, ma tu ti sentiresti invece autorizzato a decidere al suo posto? chi è il malato? chi soffre? chi è senza prospettive? chi vive senza dignità?
magari sbaglierà.. ma almeno la scelta sarà stata sua e libera.
perchè avete paura della libera scelta? a voi nessuno imporrà nulla, statene certi. se il paziente accetta cure palliative non ci sono problemi, finchè se la sente.
8 febbraio 2007 0:00 - Sergio Bagnasco
Definire l'accanimento terapeutico ha forse un senso per individuare, e nel caso perseguire con maggiore certezza, i comportamenti illeciti praticati da un medico ai danni di un paziente. Penso a un medico che pratichi trattamenti inutili (per sadismo, per sperimentazione...) ai danni di un paziente, abusando della fiducia di quest'ultimo. Capita che il paziente si affidi ciecamente al medico e quindi autorizzi ogni trattamento che gli venga sottoposto, anche perché il consenso consapevole è spesso ottenuto con burocratica leggerezza.
Fuori da questo ambito (forse già perseguibile) vale il semplice principio della libertà di cura ovvero ciascuno è libero di decidere quali cure e quali trattamenti seguire. Questo è un principio affermato dalla nostra costituzione e purtroppo spesso ignorato perché medici e giudici talvolta preferiscono non assumersi responsabilità. Vedi il caso Welby quando i giudici hanno ritenuto che il concetto di accanimento terapeutico è vago, indeterminato. Ma cosa c'entra la valutazione di accanimento terapeutico con la volontà inviolabile di un cittadino che non vuole più essere sottoposto a un trattamento. Da questo punto di vista la definizione di accanimento terapeutico è inutile. Può essere forse utile per meglio tutelare il paziente dalle condotte spregiudicate di taluni medici. Riguardo poi al caso Welby continuo a pensare che il ricorso al concetto di accanimento terapeutico è stato strumentale (anche da parte di ministri del governo) per non confrontarsi con il già citato principio costituzionale che evidentemente poco piace a chi vorrebbe trasformare in reato ogni peccato, vero cardinale Ruini?
8 febbraio 2007 0:00 - Reset
Sono in disaccordo.
Non credo che un paziente con dolori neoplastici o di altro male incurabile possa davvero serenamente, pacatamente, esprimere giudizi o redigere una sorta di vademecum terapeutico personale in cui vi sono terapie lecite o meno che lo riguardano.
Un malato che sa di soffrire per una male incurabile o poco curabile ha una sola volontà: smettere di soffrire, per cui ogni terapia che gli allunghi la vita (e quindi la sofferenza) non può, ovviamente, essere accettata e sarebbe "bollata" quale accanimento terapeutico. Si assisterebbe, così, a migliaia e migliaia di "welby" già dopo la prima settimana di insorgenza di dolori di elevato livello.
Una vera e propria ecatombe di esseri umani.
Non credo di essere d'accordo. Perchè, invece, non impegnarsi davvero, dico sul serio, con progetti finalizzati e sovvenzionati dallo Stato, nella ricerca di tecniche antalgiche spinte, di metodiche analgesiche innovative che, anche con l'utilizzo dei cosiddetti "robot" medici, eliminino davvero, DAVVERO, ogni sofferenza, ogni dolore, riportando la serenità nella vita di questi poveri infelici?
Staccare la spina, mi sembra una soluzione troppo "semplicistica". Ci vuole impegno e coraggio per fare di più...ma questo costa, forse, troppo...e allora giù con le cosiddette "battaglie etiche". Costano meno e rendono di più...anche a fini elettorali. Il che non guasta mai...
7 febbraio 2007 0:00 - Italiano
In Italia c'è il vizio di voler sempre decidere tutto con una legge, imponendo le cose dall'alto. Ciò che ricade esclusivamente nella sfera personale deve essere gestito solo dal singolo! Gli altri non devono imporre anche le proprie scelte; nessuno discute le loro, ma che loro rispettino quelle altrui!!!
7 febbraio 2007 0:00 - domenico de giacomi
Non posso che sottoscrivere , firmare in ogni modo se lo vorrete quanto qui' leggo e riportato da Pietro Yates Moretti dell'ADUC e ... su questo tema ... dal Senatore e Medico Prof Ignazio Marino .
Follie insensate che privano ogni Persona e Malato dei Suoi Diritti nel voler stabilire per Legge e sopratutto dagli ALTRI ... quello che è accanimento terapeutico sulla pelle altrui e senza sopratutto il CONSENSO ,il PARERE di chi dovrebbe sopportarlo coscentemente o incoscentemente !Vedi caso di Piergiorgio WElby e di quanti come Lui continuano a vivere e a sopportare tali accanimenti TECNOLOGICI imposti dalle attuali Leggi che non si vogliono migliorare per le ragioni che conosciamo
Anche questo dimostra - a mio avviso -l'impreparazione di taluni Parlamentari non del mestiere che propongono Leggi di questa paradossalita'che in passato orrendamente non hanno mai tenuto da conto la volonta' del Paziente !Anche qui ETICHE E DEONTOLOGIE COMUNI che presto definiranno demagogicamente socialmente UTILI e imposte sulla pelle di tutti ! Ma scherziamo ?!

domenico de giacomi
iscritto ordine dei medici 4632 udine
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