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Vita da cani. Meglio isolare cani e gatti dai proprietari infetti
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Articolo di Redazione
4 aprile 2020 12:26
 
 «Non esiste alcuna evidenza che gli animali domestici giochino un ruolo nella diffusione di Sars-CoV-2». Questo è un fatto che fin dall’inizio della diffusione del coronavirus negli esseri umani, e anche dopo i quattro casi il mondo scientifico e l’Organizzazione Mondiale della Salute continua a ribadire: non ci sono prove che gli animali domestici, cani e gatti in particolar modo, possano essere un veicolo attivo di diffusione del virus. Questo vuol dire che i nostri quattrozampe allo stato attuale possono al massimo essere alla stregua di un qualsiasi elemento inanimato, come potrebbe essere un cellulare, una ciabatta, una stretta di mano. Se il virus si deposita su questi oggetti e noi li tocchiamo, allora in quel senso possono essere veicolo di contaminazione. Il “problema” si risolve facilmente, seguendo le normali norme igieniche: dopo averli accarezzati, aver tocccato la lettiera o la ciotola del cibo, bisogna lavarsi bene le mani ed evitare di portarle alla bocca. Pulire loro le zampe e il pelo dopo averli portati a passeggio usando le salviette adatte (e non candeggina come qualche sconsiderato ha suggerito in tv), evitare di baciarli. Norme igieniche che dovrebbero valere in periodi normali, anche senza il coronavirus.

Ora l'Istututo superiore di sanità, in una scheda realizzata da Umberto Agrimi –  direttore del Dipartimento sicurezza alimentare, nutrizione e sanità pubblica veterinaria – ha diffuso una raccomandazione in più: «Poiché la sorveglianza veterinaria e gli studi sperimentali suggeriscono che gli animali domestici siano, occasionalmente, suscettibili a Sars-CoV-2, è importante proteggere gli animali di pazienti affetti da COvid-19, limitando la loro esposizione».
L'elevata circolazione del virus tra gli esseri umani «sembra non risparmiare, in alcune occasioni, gli animali che condividono con l'uomo ambiente domestico, quotidianità e affetto. Al 2 aprile, a fronte di 800 mila casi confermati nel mondo di Covid-19 nell’uomo, sono solamente 4 i casi documentati di positività da Sars-CoV-2 negli animali da compagnia: due cani e un gatto ad Hong Kong e un gatto in Belgio. In tutti i casi, all'origine dell'infezione negli animali vi sarebbe la malattia dei loro proprietari, tutti affetti da Covid-19». 
Le evidenze disponibili suggeriscono che l’esposizione degli animali a Sars-CoV-2 possa dare luogo a «infezioni asintomatiche / paucisintomatiche, ovvero manifestarsi con malattia vera e propria. Nei due cani e nel gatto osservati ad Hong Kong, l'infezione si è evoluta in forma asintomatica».
Uno studio torinese indaga il ruolo nella trasmissione del virus.
All’Università di Torino il prof. Sergio Rosati - Professore Ordinario di Malattie infettive del Dipartimento di Scienze veterinarie - e la dott.ssa Barbara Colitti - Borsista di ricerca presso lo stesso dipartimento – stanno conducendo uno studio per valutare con metodo scientifico il ruolo che giocano gli animali domestici nel contesto del Covid-19.
«Lo studio che stiamo conducendo mira a capire se c'è un movimento anticorpale nei cani e gatti che sono stati a contatto con persone positive Covid-19 – spiega il prof. Rosati – . Se questo non verrà riscontrato, così come onestamente ci aspettiamo, allora vuol dire che se l'animale è venuto a contatto con delle dosi infettanti allora l'infezione che ha subito è talmente blanda da non aver neanche coinvolto il sistema immunitario. E questo avvalorerebbe l'ipotesi che non giocano alcun ruolo attivo nella trasmissione. Però questo tipo di affermazione deve essere confermata dai numeri. Ossia dopo aver testato un adeguato numero di animali».
Per condurre questo studio gli studiosi hanno bisogno di raccogliere il siero di cani e gatti che abbiano vissuto con persone positive al Covid-19. «Per questo chiediamo la collaborazione di veterinari e laboratori diagnostici  – spiega il prof. Rosati – che raccolgano questi campioni per poterli analizzare. Questi operatori possono trovare maggiori informazioni contattando la Dott.ssa Colitti ([email protected])».

Una raccomandazione per la tutela degli animali
L’Istituto superiore della Sanità sottolinea che questo è «un virus nuovo» e che «occorre intensificare gli sforzi per raccogliere ulteriori segnali dell’eventuale comparsa di malattia nei nostri animali da compagnia, evitando tuttavia di generare allarmi ingiustificati. Vivendo in ambienti a forte circolazione virale a causa della malattia dei loro proprietari, non è inatteso che anche gli animali possano, occasionalmente, contrarre l'infezione. Ma, nei casi osservati, gli animali sono stati incolpevoli “vittime”. Non esiste infatti alcuna evidenza che cani o gatti giochino un ruolo nella diffusione epidemica», aggiunge l'Iss.
E allora che cosa fare? La raccomandazione generale «è quella di adottare comportamenti utili a ridurre quanto più possibile l'esposizione degli animali al contagio, evitando, ad esempio, i contatti ravvicinati con il paziente».
Le stesse raccomandazioni che il prof. Rosati ci ha fatto nei giorni scorsi: «Se c'è in famiglia una persona Covid-19 positiva, così come con i familiari deve assumere dei comportamenti prudenti - dall'evitare il contatto ravvicinato all'usare le mascherine e guanti - la stessa cosa dovrebbe essere riservata ai nostri animali domestici: cane e gatto è meglio che possano essere accuditi da persone non Covid-19 positive, cercando di mantenerli a una distanza di sicurezza rispetto alla persona positiva».

L’Enpa: è una forma di prudenza per la tutela degli animali
«Si tratta di una prudenza per la tutela degli animali domestici". Lo sottolinea Carla Rocchi, presidente dell'Enpa (Ente Nazionale Protezione Animali), commentando le considerazioni dell'Istituto superiore di Sanità che consiglia di proteggere gli animali domestici isolandoli dai padroni contagiati.
Rocchi ricorda che «fonti scientifiche confermano che non esiste una sola evidenza che gli animali possano trasmettere problemi». «Noi guardiamo all'Organizzazione mondiale per la salute animale e per gli animali valgono le stesse cautele che usiamo per una persona cara –  sottolinea la presidente dell'Enpa – . Non c'è nessun allarme e anzi gli animali restano talvolta l'unica consolazione per chi è in quarantena. Quando è necessario le associazioni, e anche l'Enpa, si fanno carico degli animali che i proprietari non possono accudire. E ad esempio, insieme alla protezione civile, ci facciamo carico degli animali di persone ricoverate».

(articolo di Furio Cerutti, pubblicato sul quotidiano La Stampa del 04/04/2020)

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