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 MONDO - MONDO - "La responsabilita' dello scienziato" per il Nobel Jean-Marie Lehn
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Articolo di Donatella Poretti
17 aprile 2002 22:34
 
Martedi' 9 aprile il quotidiano argentino "La Nacion" ospitava, tra gli editoriali, un intervento del premio Nobel per la Chimica 1987, il francese Jean-Marie Lehn. Con il titolo "La responsabilita' dello scienziato", Lehn, attualmente professore di Chimica a Strasburgo e a Parigi, cerca di chiarire come i rischi della scienza, cosi' come quelli del progresso delle tecnologie nella trasformazione del mondo e della natura, non possono essere fermati solo per paure irrazionali, pena la perdita' della stessa liberta' umana. Lo scienziato ha il dovere di proseguire nella ricerca, non puo' fermarsi, perche' non puo' esistere un limite alla conoscenza imposto, da chi, ancora non conosce. Del resto, il rischio zero non esiste mai, la vita stessa e' un rischio, percio' non possiamo fermare la storia o riscriverla. Il destino dell'uomo, insomma, e' proprio quello della conoscenza.
"Tre secoli fa, l'Illuminismo -scrive, il premio Nobel- ha messo in relazione per la prima volta la liberta' umana con il progresso della scienza e della tecnologia; oggi, entrambe soffrono di attacchi crescenti, a fronte dei loro progressi spettacolari. (.) Grandi progressi nella fisica e nella chimica hanno reso possibile lo sviluppo straordinario dell'elettronica e dei materiali, che hanno ridotto il tempo e le distanze in maniera impressionante, il che ha introdotto l'era dell'informazione, caratterizzata per la rapidita' e la sicurezza delle comunicazioni e dei trasporti.
Nel frattempo, i progressi nelle scienze biologiche e nelle tecnologie aumentano la nostra capacita' di controllare le malattie e l'invecchiamento, di aumentare la produzione degli alimenti e di dominare l'inquinamento. Insomma, la ricerca scientifica, e la sua applicazione attraverso le nuove tecnologie ha reso possibile nuove liberta', nuovi stili di vita. (.) Tuttavia, con una frequenza ogni volta maggiore, ci sentiamo dire che questa nostra capacita', e volonta' di manipolare i processi naturali, e' contronatura. Questa accusa riflette il nostro rapporto ambivalente con la natura. Utilizzando l'espressione dello scrittore francese Jean Bruller-Vercos, siamo "animali desnaturalizzati": viviamo nella natura, ma, al tempo stesso, possiamo osservarla, indagarla e interrogarla da una certa distanza, coscienti del nostro stato di separazione.
Questa ambivalenza genera un'angoscia diffusa: ci sono certe cose che non si debbono toccare, manipoliamo misteri alla base della natura arrischiandoci a scatenare forze incontrollabili. (.)
Siamo chiari: la scienza e' il risultato dell'evoluzione; e' il prodotto di una creatura, l'uomo, che in maniera progressiva ha acquisito le capacita' di assumere il controllo su se' stessa, e su cio' che la circonda. Inevitabilmente, noi umani finiremo per controllare la nostra evoluzione e, come il nostro potere ci deriva dalla natura, prima o poi utilizzeremo queste nostre capacita', per il bene o per il male. (.)
Il nostro destino e', percio', proseguire nella ricerca della conoscenza. Anzi e' nostro dovere. Non abbiamo il diritto di decidere che abbiamo raggiunto un livello sufficiente nel progresso scientifico, perche' non possiamo interrogare le generazioni future e, per fortuna, i nostri antenati non hanno potuto sentire noi. Dopo tutto, la scienza e la tecnologia non sono responsabili della negligenza e dei guasti che gli ambientalisti condannano, e a ragione.
Al contrario, lo spirito scientifico ci offre l'unica speranza di sviluppare nuovi processi e prodotti che rendono minimi i rischi abbinati al progresso umano, mentre il trasferimento di tecnologie permette di minimizzare la dipendenza dei Paesi poveri rispetto alle industrie basate nello sfruttamento intensivo delle risorse naturali. (.)
Il rischio zero non esiste. Il rischio appare con la vita stessa. Il rischio zero e' un mondo morto. Per questo, il rischio fa parte di tutte le decisioni che prendiamo. Cercare di eliminarlo, fissando limiti alla ricerca, asfissierebbe la nostra liberta'. Dobbiamo distinguere tra cio' che e' pericoloso e quello che e' meramente sgradevole.
Purtroppo, non e' sempre possibile valutare i rischi con precisione, la scienza da sola non puo' darsi tutte le risposte. Le decisioni sulle applicazioni delle scoperte scientifiche si basano su criteri che non hanno niente a che vedere con la scienza. (.)
Tuttavia, nelle scelte tecnologiche non giocano solo criteri economici. Installare in un Paese in via di sviluppo una pompa per estrarre acqua, alimentata con energia solare, puo' distruggere una struttura sociale tradizionale fondata nel controllo per la provvista dell'acqua. (.) E' ovvio che queste scoperte, cosi' come lo sviluppo dei metodi anticoncezionali sicuri e efficaci, minacciano antichi divieti religiosi.
La prima responsabilita' dello scienziato e' cercare nuove conoscenze, e non accontentarsi di fronte a qualunque rigida visione della societa'. L'etica e le regole della giustizia cambiano e devono adattarsi. Cosi' e' successo dopo che gli ideali dell'Illuminismo hanno iniziato a superare le barriere della superstizione, dell'oscurantismo e della demagogia, che limitavano il campo della liberta' umana. Non possiamo riscrivere la storia e dobbiamo resistere all'impulso irrazionale di frenarla. (.) Per arrivare a controllare il nostro destino, dobbiamo percorre il cammino fino all'albero della conoscenza."
 
 
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