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La pandemia e il territorio. E’ il momento di modernizzare la presenza dello Stato: aboliamo i prefetti?
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Articolo di Vincenzo Donvito
25 novembre 2020 13:04
 
I prefetti sono come i papi? Morto uno se ne fa un altro. Certo, per cambiare un prefetto non bisogna aspettare che muoia ma solo che vada in pensione oppure che abbia una promozione di carriera. Ma il prefetto è eterno e - ciò che lo accomuna al papa - sembra che non si possa abolire.
Quindi i prefetti cambiano in continuazione. Il mondo cambia, le istituzioni più o meno si rinnovano/ravvivano, ma il prefetto è lì, imperturbabile: il Governo ce lo invia in ogni provincia (eh sì, per lo specifico, e non solo, le province esistono ancora) per controllare le istituzioni locali, per coordinarle, per fare da ponte, “perché quando lo dice il prefetto…. Vuoi mettere”.
Insomma, una figura che se definiamo retorica e inutile è solo per usare una terminologia gentile. Le funzioni che il prefetto svolge potrebbero essere serenamente svolte dai Sindaci metropolitani e, lì dove le città metropolitane non ci sono, ci sarebbe solo la difficoltà della scelta per una figura istituzionale che, ammesso fosse necessario, svolgesse le stesse funzioni.
Ovviamente ci sono anche tutti gli impiegati della Prefettura e le mansioni specifiche che svolgono… impiegati che potrebbero essere altrove (vedi le Regioni che hanno assimilato parte degli impiegati e delle funzioni delle Province quando queste sono state “abolite”) e, per esempio, in questo periodo di emergenza continua, le mansioni da svolgere per evitare intasamenti e carenze non mancherebbero.

E’ di questi giorni il trasferimento a maggiore incarico del prefetto di Firenze (ecco perché cambiano: loro carriera) e l’annunciato arrivo di un nuovo funzionario dello Stato. Molta retorica sul fatto che il rappresentante del governo nella provincia di Firenze sia stata una donna e che a sostituirla arriverà altrettanta donna. A parte la retorica, e nonostate chi scrive sia convinto che le opere di mediazione fatte dalle donne siano suscettibili di maggior successo (non ce ne vogliano gli uomini...), il cambiamento della “donna di ferro del Governo” nel, tutto sommato, poco turbato territorio fiorentino, non ci turba e non ci entusiasma.
Certo, più di qualcuno dirà “chi se ne frega del turbamento di Aduc”. E in linea generale lo comprendiamo. Ma ci sentiamo di intervenire perché il prefetto uscente, tra le tante cose che ha fatto e che potevano benissimo essere fatte da altri (incluse le visite “d’ordinanza” e di cortesia a caio, tizio e sempronio), ce lo ricordiamo per qualcosa che ha fatto perdere tempo, soldi, speranze e opportunità a noi come cittadini e a tutte le altre istituzioni che ne sono state coinvolte: le zone rosse (quelle di un tempo, non quelle di oggi...).
Un giorno la nostra alta funzionaria del Governo, mettendoci firma e faccia e di concerto con altre autorità locali che evidentemente non sapevano cosa fare nel contesto, ha fatto un’ordinanza per combattere la malavita di ogni tipo in alcune zone della città gigliata. Il metodo scelto era quello della prevenzione tipica dei regimi non democratici: se su una persona era pendente un procedimento di quelli legati ai comportamenti a rischio, a questa persona era inibito il transito in queste zone… anche se il procedimento dello stigma era solo pendente e non andato in giudicato.
Uno dei principi base del nostro ordinamento (innocente fino a sentenza definitiva) era stato violato e Aduc, con grande incombenza economica visto che non riceve soldi pubblici ma solo donazioni, ha avuto ragione dopo un ricorso al Tar della Toscana (1). Si comprende l’ambaradan che era stato montato su questa ordinanza e, dopo la sentenza, la presa d’atto di aver fatto cose inutili e buttato i soldi pubblici nell’Arno in piena.
L’ordinanza, che non era servita a nulla se non a multare qualche disgraziato con qualcosa di giudizialmente pendente mentre transitava nelle zone cosiddette rosse mentre andava al lavoro, è stata levata. Grandi annunci di riproporla in versione purgata dagli svarioni. Ma nulla. E in seguito l’ordine pubblico sul territorio fiorentino ha continuato, come prima e durante l’ordinanza, ad essere nella media italiana.

Ovviamente non ce l’abbiamo con la specifica signora prefetto che ora è stata promossa. Crediamo che chiunque al suo posto avrebbe potuto fare altrettanto, anche perché pressata da istituzioni locali che, apparentemente senza potere, non gli par vero di sentire una sorta di babbo che gli dice cosa sarebbe bene fare.

La domanda finale che ne scaturisce è: ma a che servono i Prefetti nell’Italia repubblicana del 2020? In questa pandemia sono un “trait d’union” delle amministrazioni locali col governo e, per esempio, gestiscono le multe stratosferiche comminate a tutti coloro che sono stati pizzicati a violare le disposizioni sulla mobilità durante i vari tipi e livelli di confinamento. Ma, lo abbiamo già ricordato, funzioni che possono essere svolte da altre e altrettanto autorevoli istituzioni.
Qualche tempo fa si è parlato di abolire prefetti e prefetture, molto retaggio di una nazione Italia del secolo scorso ante seconda guerra mondiale, dove lo Stato centrale era il solo ad amministrare, esistevano le province con scarsi poteri e le regioni non c’erano per niente.

Crediamo che, grazie anche all’esperienza in corso della pandemia e, perché no, col racconto dell’esperienza fiorentina, sia importante riprendere in mano una riforma del nostro sistema di gestione del territorio… e abolire prefetti e prefetture.

Qui un nostro precedente e recente articolo in materia

1 . qui tutta la vicenda
 
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