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Per l'ONU le acque reflue sono un nuovo oro nero
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Articolo di Redazione
22 marzo 2017 11:33
 
 L’acqua che si beve, quella che irriga i campi, che serve all’industria, per la produzione di energia, che viene usata nelle toilette … l’acqua e’ ovunque un bene al centro della nostra vita.
La domanda esplode -potrebbe aumentare dal 50% entro il 2030- ma la risorsa si restringe, talvolta in modo terribile in alcune regioni del mondo. E’ diventato quindi impensabile di continuare a sprecarla in modo massiccio.
In occasione della giornata mondiale dell’acqua, il 22 marzo, l’Unesco -organizzazione delle Nazioni Unite per educazione, scienza e cultura- e l’ONU-acqua, pubblicano un rapporto interamente dedicato alle acque reflue -cioe’ tutta l’acqua la cui composizione chimica e’ stata alterata dopo essere stata utilizzata dagli umani, presentata come una “risorsa indispensabile”. Si tratta di un “nuovo oro nero”? Si domandano gli autori. Nel momento in cui i cambiamenti climatici impongono “un ricorso piu’ sistematico ad un’acqua riciclata”, questa rivoluzione appare loro come “ineluttabile”.
“Nella Stazione spaziale internazionale, il mattino, l’acqua e’ consumata con del te’, nel pomeriggio diviene dell’urina e il giorno dopo serve a radersi.. Si tratta della stessa acqua da diversi anni”, dice Richard Conor, redattore capo di questo copioso rapporto, per illustrare le possibili performance dei trattamenti esistenti.
Ma sul Pianeta Terra, si e’ molto lontani. Le acque contaminate sono all’80% rigettate nell’ambiente senza essere trattate; al 92% nei Paesi a basso reddito ed al 30% nei Paesi piu’ prosperi.
L’ossigeno diminuisce
In queste condizioni, non solo non soddisfano alcun bisogno, ma hanno un effetto devastante sull’ambiente. Batteri e inquinanti diversi vengono portati dai fiumi fino agli oceani infettando la salute umana, la fauna, la flora, la qualita’ dell’acqua dolce. Esse sono un notevole impatto su pesca e sicurezza alimentare…
Solventi, idrocarburi dell’industria, azoto, fosforo e potassio provenienti dall’agricoltura intensiva, accelerano l’eutrofizzazione delle zone costiere, il degrado degli ambienti marini, l’apparizione di alghe nocive.
L’ossigeno diminuisce, le zone morte si estendono su 245.000 Kmq. Circa un settimo di tutti i corsi d’acqua di Africa, Asia e America latina sono gia’ contaminati per “un inquinamento organico grave”, in costante aumento.
L’ONU-acqua note un miglioramento per quanto riguarda gli impianti di bonifica domestici: circa i due terzi della popolazioni ne dispone. Ma la raccolta, lo svuotamento, il trasporto e il trattamento dei liquami non sono efficaci.
Comunque, 2,4 miliardi di persone nel mondo non hanno accesso a nessuna attrezzatura -neanche toilette collettive chimiche, per esempio-, mentre 2 miliardi di umani defecano sempre all’aria aperta. Tale cifra non cambia molto.
Nei Paesi a reddito debole e intermediario, sono stati recensiti nel 2012 842.000 morti dovuti ad acqua potabile contaminata e a servizi sanitari inadatti. Nello stesso anno, 361.000 bambini di meno di cinque anni -che sono le prime vittime delle malattie idriche- avrebbero potuto essere salvati se avessero potuto avere delle installazioni corrette, anche solo per lavarsi le mani.
I patogeni delle deiezioni umane ed animali contaminano “circa un terzo delle coste in America latina, in Asia e in Africa, mettendo la vita di milioni di persone in pericolo”, scrivono nel rapporto.
Esplosione demografica
Anche se i prelievi di acqua che le citta’ fanno nelle riserve mondiali sono limitati (11% a confronto del 70% che viene fatto in agricoltura), il loro rigetto ha un forte impatto sull’ambiente. L’esplosione demografica costituisce una sconfitta vertiginosa, soprattutto quella delle bidonville.
La percentuale della popolazione e’ bella e diminuisce (questa riguarda tuttavia il 62% degli urbani in Africa subsahariana), ma non cessa di aumentare in numero assoluto di abitanti. L’ONU e’ preoccupata in modo particolare delle conseguenze del conflitto in Medio-Oriente, dove le persone intasate in alloggi informali si attesa in diversi Paesi sul 77%.
Altro esempio, quello di Lagos, in Nigeria, una citta’ che produce 1,5 milioni di metri cubi di acque reflue ogni giorno coi suoi 18 milioni di abitanti. Il tutto senza un sistema fognario centralizzato. A parte delle fosse settiche, l’essenziale dei rifiuti delle famiglie della piu’ grande citta’ d’Africa scorre in dei rivoli aperti fino al mare. E la popolazione potrebbe attestarsi sui 23 milioni di individui nel 2020.
Fino ad oggi, i decisori politici si sono interessati all’approvvigionamento di un po’ di tutto piuttosto che alle questioni di igiene. Di fatto, l’ampiezza degli investimenti che potrebbero consentire di rimediare ai ritardi in questo ambito, scoraggia tutte le buone volonta’.
In America latina e nei Caraibi, l’86% degli abitanti saranno in agglomerati urbani entro il 2050. La raccolta tramite fogne progredisce, ma il trattamento in corso d’opera non e’ che il 20-30% del totale. Per arrivare ai due terzi di copertura, bisognerebbe dedicarvici piu’ di 31 miliardi di euro, piu’ di 32 per organizzare le reti di evacuazione delle acque pluviali e ridurre cosi’ l’inquinamento tramite deflusso nelle strade.
Stazioni di epurazione e sistemi lagunari non hanno necessariamente di bisogno di essere performanti al punto di produrre acqua potabile, come a Singapore, a Windhoek in Namibia, o a San Diego in Usa. Una pratica volneterosa che resta marginale.
“Ma un po’ di trattamenti vanno meglio rispetto al nulla! -dice Rick Connor-. Non si potra’ risolvere il problema globale con dei megasistemi centralizzati come li avevano costruiti in Unione Sovietica, alcuni dei quali sono diventati obsoleti. Vogliamo dire ai donatori dei fondi internazionali, che esistono altre soluzioni, come delle ministazioni di epurazione convertibili, anche a livello urbano.
Fosforo nelle urine
L’Onu-acqua recensisce le intenzioni degli investitori per tutte le prospettive offerte dallo sfruttamento delle acque reflue. Per esempio, il fosforo, oggi estratto in miniera, potrebbe essere esaurito tra cinquanta o cento anni, quando si potrebbe rispondere al 22% della domanda mondiale riciclando gli escrementi umani, che sono ricchi di fosforo.
Anche il recupero di azoto e la produzione di biogas a partire dai fanghi di epurazione, potrebbero far abbassare i costi dell’igiene e creare posti di lavoro.
Ma gli autori vogliono attirare l’attenzione sul riutilizzo dell’acqua, soprattutto perche’ questo cambiamento di stato potrebbe attenuare quella mancanza che si fa sempre piu’ sentire. Il Forum economico mondiale ha stimato nel 2015 che la crisi dell’acqua costituisce “il rischio piu’ preoccupante del pianeta, per le persone e per le economie, per i prossimi dieci anni”. I due terzi della popolazione mondiale ne soffrono di mancanza per almeno un mese all’anno, soprattutto in India e Cina. “Circa 500 milioni di persone vivono in una regione dove il consumo d’acqua e’ due volte superiore alle risorse idriche rinnovabili”, precisa Richard Connor. In altre parole, si scava nelle riserve che non si riempiono nella stagione successiva.

(articolo di Martine Valo, pubblicato sul quotidiano Le Monde del 22/03/2017)
 
 
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