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Meno zucchero nella gelatina? A bitter pill!
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Articolo di Redazione
26 aprile 2019 0:12
 
 A marzo 2017 il governo del Regno Unito ha diffuso il suo piano di lotta contro l’obesità infantile: prima di tutto ridurre il consumo di zucchero coinvolgendo nel progetto le industrie dell’alimentazione. Ad esse è stato chiesto di ridurre del 20%, entro il 2020, la quantità di zuccheri in alcuni alimenti. Questo riguardava le bevande zuccherate, i cereali, le confetture e gli alimenti che spesso fanno parte della prima colazione dei bambini (cialde, crepe, etc). Questi zuccheri sono i cosiddetti “zuccheri liberi”, cioè tutti quelli aggiunti e quelli naturalmente presenti nei succhi di frutta, sciroppi e miele, escludendo gli zuccheri presenti naturalmente nella frutta fresca, nelle verdure e nei prodotti caseari.
Tre erano le opzioni proposte per ridurre gli zuccheri in questi alimenti: la riformulazione dei prodotti in modo che contenessero meno zucchero, la riduzione delle dimensioni delle porzioni e infine un riequilibrio dei tipi di vendite, sostituendo quelle di prodotti con forte presenza di zuccheri con quelli che ne contenevano meno. Riducendo il consumo di zuccheri dei bambini, le autorità sanitarie speravano di ridurre anche quello degli adulti.

Un primo adeguamento incoraggiante
Se è ancora troppo presto per valutare gli effetti sanitari di una tale misura, è possibile comunque farsi un’idea della sua eventuale efficacia. Una équipe ha infatti proceduto a fare una simulazione su un totale di 1.508 persone che hanno accettato di partecipare all’indagine. Le misure principali sono state il cambiamento nel consumo di calorie, nel peso e nell’indice di massa corporea, di bambini e adulti, tra 4 e 80 anni.
Secondo questa stima, quanto fatto per ridurre gli zuccheri potrebbe far calare l’obesità del 5,5% tra 4 e 10 anni, del 2,2% tra 11 e 18 anni e del 5,5% tra i 19 e gli 80 anni. Ma per arrivarci, gli obiettivi del programma dovrebbero essere interamente raggiunti e le abitudini alimentari restare identiche a quelle che sono attualmente. Il programma permetterebbe anche una riduzione delle patologie legate all’obesità degli adulti, con l’impatto più importante sul diabete di tipo 2 (155.000 casi in meno in 10 anni, cioè una riduzione annuale di circa il 7%) e un risparmio di 332,5 milioni di euro di spese per la sanità relativamente al diabete.

Ma i primi obiettivi non sono stati raggiunti
Gli autori notano tuttavia che le prime osservazioni sembrano suggerire che l’industria alimentare non ha perseguito l’obiettivo che le era stato fissato per il primo anno di programma, sia per la riduzioni degli zuccheri contenuti nei prodotti che nella misura delle porzioni. In quanto al comportamento dei consumatori, anch’esso è difficile da anticipare. Niente indica in effetti che, se le porzioni sono più piccole, i consumatori non ne prendano di più, e in gran quantità…

(articolo di Roseline Péluchon, pubblicato sulla Journal International de Médecine del 25/04/2019)
 
 
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