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Mancano i cereali dalle terre del conflitto. Una guerra che sfinisce i poveri
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Articolo di Primo Mastrantoni
31 marzo 2022 11:03
 
 L'Ucraina e la Russia svolgono entrambe un ruolo importante nei mercati alimentari globali. Esportano grano, mais, orzo e olio di semi di girasole.
Circa un quarto delle esportazioni globali di grano proviene da Ucraina e Russia così come il quinto del mais e dell'orzo mondiali. I due Paesi sono la fonte di quasi due terzi dell'olio di girasole e l'Ucraina da sola rappresenta quasi la metà delle esportazioni globali.
La guerra ha fortemente limitato le esportazioni dell'Ucraina, a causa del blocco russo dei porti sul Mar Nero e sta mettendo a rischio la semina per i prossimi mesi. La Russia deve, invece, confrontarsi con le sanzioni economiche, messe a punto dalla comunità internazionale, che riguardano anche l'esportazione di fertilizzanti, dei quali è grande produttrice. 
I potenziali impatti della riduzione della produzione alimentare, dovuti alla guerra, non si faranno sentire ovunque allo stesso modo. 
il grano e il mais importati da Ucraina e Russia sono indispensabili per la bilancia agroalimentare del nostro Paese? No, nel nostro Paese non patiremo la fame per la guerra scatenata dalla Russia con l'invasione dell'Ucraina. 
 Vediamo.
L'Italia importa solo il 5% di grano tenero dall'Ucraina e dalla Russia, quindi, per pane e pasticceria possiamo stare tranquilli, considerato che l'apporto maggiore viene dall'Ungheria (23%) e dalla Francia (16%); anche per il grano duro, quello con cui si fa la pasta, l'importazione arriva solo dalla Russia, ma in quota del tutto marginale (2,5%), abbondantemente superata dal Canada che si piazza come primo fornitore estero dell'Italia (46%). 
Insomma, pane e spaghetti sono salvi. 
Il mais ucraino e russo  rappresenta solo il 15% di quello importato ed è impiegato in prevalenza per i mangimi No Ogm. Per far fronte alle carenze basterà utilizzare i terreni a riposo - misura prevista dal Piano agricolo comune europeo - e autorizzare la coltivazione di mais Ogm, più produttivo e resistente alle malattie, che, tra l'altro, è utilizzato nell'87% dei mangimi per animali. Comunque, per gli estimatori, la polenta è salva.
Abbiamo, invece, il problema dell'olio di girasole, del quale siamo forti importatori dalla Ucraina e dalla Russia. Ne riceviamo per il 66% delle necessità e lo utilizziamo soprattutto nelle industrie alimentari. Può essere, però, sostituito dall'olio di arachide, di colza, di palma e di palmisto.
In sintesi, non dovremmo avere problemi di approvvigionamento, anche se è da registrare un aumento dei prezzi dovuti ai costi energetici, di trasporto, nonchè ai diminuiti livelli di produzione.
 
I Paesi più vulnerabili alla guerra in atto sono, semmai, quelli che importano direttamente e in maggior parte da Ucraina e Russia. Le aree interessate sono Africa e Oriente. Rispetto alle capacità nazionali, le importazioni di grano gravano per il 99% in Uganda, il 64% in Libia, il 42% in Egitto, il 40% in Nigeria, il 39% in Turchia, il 75% in Georgia e il 40% in Bangladesh ("Our World in Data", Onu, 2019).
L'invasione dell'Ucraina sta, insomma, provocando effetti devastanti nei Paesi più poveri, a causa della diminuita disponibilità di grano e dell'aumento dei prezzi conseguenti alla ricerca di frumento in altri mercati. L'Onu prevede un aumento di milioni di persone che soffriranno la fame proprio nelle aree già provate dalla infezione da Sars- Cov-2.

Sono gli effetti degli atti criminali del presidente della Federazione russa, Vladimir Putin.  Anche di questo dovrà rispondere. 

(Articolo pubblicato sul quotidiano LaRagione del 31.03.2022)
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