Incubi post referendari, la voragine se viene mancato il quorum

Attenzione al referendum, perderlo comporterebbe conseguenze che vanno oltre gli specifici quesiti. Il rischio e’ quello che non si raggiunga il quorum e il rischio, inutile nasconderselo, c’e’.
Sulle singole richieste di abrogazione delle parti della legge 40/2004 dai dati diffusi dai sondaggi si potrebbe essere ottimisti e ritenere che i cittadini elettori si trovino piu’ in sintonia con quei medici, quei ricercatori e quella parte della societa’ civile che si e’ mobilitata con il comitato promotore dei referendum, piuttosto che con la maggioranza numerica dei parlamentari che hanno approvato una legge blindata e manifesto, spesso ammettendo di aver votato una legge imperfetta che andava a coprire un vuoto legislativo.
Non c’e’ quindi da stupirsi se la Chiesa Cattolica con il braccio operativo della Cei e delle associazioni sostenute e sostenitrici del Vaticano hanno abbracciato la campagna per l’astensione. Campagna legittima, occorre ripeterlo, come legittima ne e’ la critica.
Il non voto cercato e propagandato dalla Cei si affianchera’ e pesera’ nelle urne andandosi a sommare con un non voto della disaffezione politica, un non voto balneare e vacanziero e un non voto dei tanti italiani all’estero poco coinvolti, per usare un eufemismo e sempre nel caso si parli di elettori viventi.
Sara’ difficile che questo non voto sia inferiore al 50% degli elettori iscritti nelle liste e che valgono per il quorum.
Il 14 giugno sara’ chiaramente leggibile e interpretabile come il voto di chi si e’ recato alle urne nonostante tutto. Saranno Si’ e No la cui lettura non dara’ adito a dubbi. Sara’ invece interpretata e interpretabile l’intenzione di chi non e’ andato a votare. E se superera’ il 50% temiamo fortemente che si sentiranno e si vedranno comparire personaggi, in quella televisione che fino ad oggi si e’ occupata di altro, a spiegarci come “gli italiani non vogliono manipolare la vita in sintonia con la Chiesa”.
Non siamo nell’Italia dei referendum sull’aborto e sul divorzio. Se gia’ quella societa’ ancora un po’ bigotta che andava a messa la domenica non era stata in sintonia con la Chiesa in materia di leggi dello Stato, oggi siamo certi che in materia di fecondazione assistita e ricerca scientifica non la pensa come il Vaticano. Ma se i dibattiti sull’aborto e divorzio coinvolgevano una societa’ che decideva di scendere in piazza per queste conquiste, oggi cosi’ non sembra.
Le conquiste una volta fatte, vanno mantenute, altrimenti si perdono e giorno dopo giorno, se non ci si presta attenzione quella liberta’ poco a poco viene rosicchiata.
Se i referendum vanno deserti non si perdera’ solo l’opportunita’ di modificare una legge orribile, e di avviarne quantomeno il miglioramento nei punti piu’ inaccettabili e ingiusti, ma si perdera’ l’occasione di difendere il concetto di uno Stato aconfessionale basato sul principio della libera scelta degli individui e non su precetti moralistici e ideologici. Perderemo l’opportunita’ di dire che il corpo di una donna non deve essere gestito dallo Stato, che la medicina e la scienza non sono le armi del diavolo ma dell’uomo per difendersi dalle malattie.
Se i referendum andranno deserti perderemo tutto questo e si aprira’ una voragine in cui quella fetta minoritaria della societa’, quella che ha esercitato il massimo delle pressioni per avere questa legge, dira’ di essere maggioranza nel Paese e si spaccera’ come detentrice della “verita’” di un’Italia che non esiste, ma che potrebbe diventare realta’ indotta e costretta.

I 4 QUESITI
Grazie alla raccolta di 3 milioni di firme apposte in calce alle richieste dei referendum abrogativi della legge 40/2004 sulla Procreazione Medicalmente Assistita, il 12 e 13 giugno saranno 4 i quesiti sottoposti al voto popolare. Bocciato dalla Corte Costituzionale il quesito completamente abrogativo della legge, restano i quattro parziali che andando a cancellare frasi e parole in caso di vittoria modificherebbero completamente l’impostazione della legge:

Quesito n.1: limite alla ricerca clinica e sperimentale sugli embrioni
Il Sì permetterebbe alla ricerca scientifica l’utilizzazione degli embrioni non utilizzati e crioconservati nelle cliniche per derivarne cellule staminali, e consentire lo studio di nuove terapie per combattere malattie come il cancro, la sclerosi, l’Alzheimer, il Parkinson, il diabete e molte altre ancora. Problemi che, solo in Italia, investono circa 12 milioni di persone. Verrebbe, inoltre, cancellato il divieto di realizzare tecniche di clonazione a fini terapeutici, mentre resterebbe il divieto di clonazione riproduttiva.

Quesito n.2: norme sui limiti all’accesso
Il quesito chiede di eliminare una serie di divieti che vanno a colpire la salute della donna. La legge non consente il congelamento degli embrioni e obbliga la fecondazione di un numero massimo di tre ovuli alla volta, in caso di insuccesso la donna dovra’ sottoporsi a nuovi cicli di cura. Con il quesito si abrogano questi limiti lasciando al medico la facolta’ di decidere quanti embrioni impiantare e quanti crioconservare. Si permetterebbe anche l’accesso alle tecniche a coppie non sterili, ma portatrici di malattie genetiche e infettive, realizzando la “diagnosi preimpianto” per far nascere un figlio sano e impedire l’impianto di un embrione malato e la conseguente probabilità di dover ricorrere a un aborto terapeutico.

Quesito n.3: norme sulle finalità, sui diritti dei soggetti coinvolti e sui limiti all’accesso
Il Sì cancellerebbe il primo articolo della legge in cui si assicura al “concepito” gli stessi diritti della madre. Una equivalenza tra ovulo fecondato e individuo umano titolare di diritti in contrasto con la legge sull’aborto.

Quesito n.4: divieto di fecondazione eterologa
Il Sì permetterebbe nei casi in cui uno dei due partner e’ sterile di ricorrere alla donazione di gameti di un soggetto esterno alla coppia, ovociti o spermatozoi.