Fuori da questo nucleare. Il nuovo rapporto del Worldwatch Institute

L’energia alternativa avanza. A Berlino è stato anticipato il nuovo rapporto del Worldwatch Institute sull’energia nucleare che disegna una svolta globale. Vento, sole e biomassa superano per la prima volta la capacità dell’energia atomica.

Come manna caduta dal cielo. Alla manifestazione berlinese della Fondazione Heinrich Boell, vicina ai Verdi, il canto del cigno dell’energia nucleare è stato accompagnato da un fuori programma succulento. Il Worldwatch Institute di Washington ha messo a disposizione, in anteprima e in esclusiva, l’ultima stesura della sua relazione sull’industria nucleare -documento che dovrebbe essere pronto nelle prossime settimane, e il cui succo è: già prima di Fukushima l’energia dell’atomo era un modello a termine.
Naturalmente il discorso non è così totalizzante, soprattutto se si guarda all’analisi dettagliata di alcuni Paesi molto avanzati in tecnologia nucleare come l’India. Ma agli autori premeva il quadro d’insieme. E qui il punto della situazione mostra alcune marcate evoluzioni a sfavore dell’industria atomica, che dovrebbero far riflettere la politica al di là della contingenza.

Il futuro appartiene a vento, sole, biomassa
“Ora è chiaro che l’energia atomica non riesce più a tenere il passo con lo sviluppo delle fonti rinnovabili”. L’affermazione è accompagnata da una marea di dati, che dovrebbero mettere in chiaro soprattutto una cosa: il futuro appartiene alle fonti energetiche alternative, appartiene al vento, al sole e alla biomassa.

Le principali risultanze del rapporto:
– Per la prima volta nella Storia, nel 2010 la capacità istallata da fonti energetiche alternative (senza l’energia idroelettrica) ha superato quella delle centrali nucleari. Tutte le fonti rigenerative nel loro insieme possiedono una capacità nominale di 381 gigawatt (miliardi di watt); quella degli impianti nucleari -prima del disastro di Fukushima- è di 375 gigawatt. Anche se, a causa dell’attività discontinua degli impianti solari, eolici e della biomassa, la produzione elettrica effettiva continua a essere decisamente inferiore a quella delle centrali che utilizzano l’uranio.
– Al primo aprile di quest’anno erano in funzione 437 impianti nucleari, 7 in meno rispetto al 2002.
– Nel 1979, anno clou dell’industria nucleare, furono costruiti 233 reattori. Secondo l’organizzazione internazionale per l’energia atomica IAEO, attualmente se ne stanno costruendo 64 in 14 Stati. Oggi nell’Unione Europea sono in funzione 143 reattori; nel 1989 erano 177.
– Con 2558 terawattore di elettricità, nel 2009 è stato prodotto il 2% in meno di energia elettrica con il nucleare rispetto all’anno prima. La produzione elettrica da impianti nucleari è calata per il quarto anno consecutivo.

… e gli impianti di biogas

– La quota d’energia atomica diminuisce da anni e attualmente è attorno al 13% nel mondo. Sedici delle trenta nazioni con l’energia nucleare hanno mantenuto praticamente invariato il livello di produzione elettrica; cinque l’hanno incrementata; nelle restanti nove è diminuita.
– La Cina, che dagli anni ’80 ha costruito molte nuove centrali nucleari, in controtendenza rispetto al resto del mondo, dopo la catastrofe di Fukushima ha congelato provvisoriamente tutti i nuovi progetti. E nello stesso tempo procede con solerzia a costruire fonti alternative: nel 2011, per la prima volta, dovrebbe essere prodotta più elettricità dagli impianti eolici che da tutte le centrali nucleari. Complessivamente, la potenzialità delle pale eoliche è quattro volte e mezzo quella degli impianti nucleari.
“Fukushima dovrebbe essere l’ultimo capitolo dell’energia nucleare”. Se ne è detto convinto Mycle Schneider, noto consulente internazionale per l’energia e l’ambiente, e uno dei tre autori del rapporto di Worldwatch.

Centrali nucleari fonti di plutonio?
Al simposio Heinrich Boell, il quesito su un’eventuale ulteriore diffusione di armi atomiche è stato trattato a parte. Era attesa soprattutto l’opinione dell’esperta statunitense Sharon Squassoni, direttrice del Programma per la proliferazione e la prevenzione al Centro studi strategici e internazionali (CSIS) di Washington.
La sua tesi è che le trattative per ridurne la diffusione si siano arenate. Inoltre, difficile escludere che i numerosi Paesi che hanno tuttora il desiderio di costruire nuove centrali nucleari si impegnino a non produrre mai materiale per armamenti. Non è difficile mostrare la buona volontà; basta vedere i patti di non proliferazione di armi atomiche che tutti, tranne tre Stati, hanno firmato senza batter ciglio. Quello che preoccupa è che, tra gli Stati intenzionati a costruire nuove centrali nucleari, molti sono Stati non democratici, molti hanno problemi con il terrorismo -un pericolo potenziale anche in futuro.
Fukushima può forse frenare la voglia d’energia nucleare, ma soprattutto rafforza il desiderio di nuovi impianti che superino l’insoluto problema delle scorie. La signora Squassoni consiglia per il suo utilizzo, sia civile sia militare, degli standard rigidi, nonché progetti e contratti multinazionali, in modo da escludere a priori la via nazionale come quella iraniana, o quanto meno da renderla molto più difficile.

(articolo di Joachim Mueller-Jung e Regina Moench per Frankfurter Allgemeine Zeitung del 13-04-2011. Traduzione di Rosa a Marca)