Contro le mutilazioni genitali femminili

Dal primo luglio in Svizzera ci sarà una nuova legge contro le mutilazioni genitali. Per chi le ha subite, come Aicha Ali, sarà un giorno di gioia; per Dominque Schaerer della Caritas la battaglia prosegue.

Aicha Ali, 43 anni, è originaria della Somalia e dal 1997 vive in Svizzera. Da addetto stampa dell’Organizzazione Donne Somale si batte contro le mutilazioni genitali. Anche lei ha subito l’intervento quando aveva sei anni, però alle sue quattro figlie è riuscita a risparmiarlo.

D.beobachter: Una legge contro le mutilazioni genitali: cosa significa il netto posizionarsi della Svizzera?
R.Aicha Ali: Viviamo in un Paese dove democrazia e autodeterminazione sono due dei valori più grandi. Ho sempre sperato che una legge come questa divenisse realtà, ma non ci contavo. Noi, delle Donne Somale in Svizzera, siamo molto soddisfatte e ci felicitiamo.
D. La mutilazione è considerata già oggi una lesione corporale, e dunque è già vietata. Cosa offre in concreto la nuova normativa?
R.Ali. Con la mutilazione si compie un’ingiustizia su molte donne, che ora viene esplicitamente sanzionata. Una normativa ben definita agevola il dibattito.
R.Dominique Schaerer. La Svizzera ha dato un segnale politico forte. Rispetto alla legge attuale ci sono poi alcuni vantaggi legali. Non si farà più la distinzione tra lesioni corporali lievi e gravi, ed è cosa che apprezziamo molto poiché non è questione di quanto grande sia la mutilazione, ma il fatto che ci sia stata. Inoltre, con la nuova legge possono essere puniti anche gli interventi eseguiti all’estero -anche in luoghi dove non sono proibiti.
D. Quante sono in Svizzera le ragazze che rischiano seriamente?
R.Schaerer. Calcoliamo che siano 6000-7000 le ragazze e le donne già menomate o in pericolo di esserlo.
D. In Svizzera si eseguono le mutilazioni?
R.Ali. I migranti sono ben informati e sanno che qui sono vietate. Avvengono ancora, ma io non so di casi in cui l’intervento sia stato fatto in Svizzera.
R.Schaerer. Finora è noto soprattutto un caso del 2008, quando due genitori somali che avevano fatto mutilare la figlia, furono condannati a due anni di carcere con sospensione della pena.
D. In futuro potrebbe capitare più spesso.
R.Schaerer. E’ quanto presumo.
D. Signora Ali, avrebbe denunciato i suoi genitori se ne avesse avuto la possibilità?
R.Ali. Mio padre era contrario alla mutilazione e sebbene fosse stata mia madre a organizzarla, non fu lei a eseguirla. La tradizione della mutilazione è molto radicata in Somalia. Una ragazza non mutilata non può sposarsi, e anche questo la rende un’estranea; i genitori vogliono evitarle quella sorte, perciò programmano l’intervento. Non conoscono un altro modo. Ecco perché l’opera di sensibilizzazione è tanto importante.
D. Resta la domanda: avrebbe denunciato i suoi genitori?
R.Ali. No, non avrei potuto denunciare mia madre.
D. Perché no?
R.Ali. Perché fu mia nonna a imporglielo. Ricordo ancora che mia madre, ogni volta che vedeva quanto soffrivo al basso ventre, chiedeva se potessi perdonarla per quello che mi aveva fatto.
D. E lei poteva?
R.Ali. Sì. Mia madre allora non ne realizzò la portata; solo quando vide le mie sofferenze comprese che era sbagliato.
D. Pensa davvero che la nuova legge possa presevare dall’amputazione anche una sola bambina?
R.Ali. Ne sono sicura. Aumenterà il timore dei genitori d’essere puniti, e così le bambine saranno più protette.
R.Schaerer. Per questo aspetto ci affidiamo alle organizzazioni consorelle come quella di Aicha Ali. Caritas focalizza il proprio impegno soprattutto sulla prevenzione. Non vogliamo punire un atto, bensì prevenire la menomazione.
D. In che modo?
R.Schaerer. Cerchiamo, insieme alle organizzazioni come Donne Somale in Svizzera, di favorire il dialogo tra i soggetti colpiti e le persone interessate, di rendere consapevoli delle conseguenze sanitarie e psichiche dell’amputazione. Le famiglie devono comprendere perché quell’intervento danneggia le loro figlie e decidere il contrario, non solo per paura della punizione.
D. Allora voi criticate la legge?
R.Schaerer. Pensiamo che la legge da sola sia poco efficace e che non possa sostituire il lavoro di prevenzione. Il problema non può ridursi a identificare alcuni come carnefici e altri come vittime. La vicenda di Aicha Ali mostra in modo impressionante che non è una questione di buoni e cattivi. Le famiglie si trovano di fronte a un quesito difficile. Discutendone, non si può dimenticare che in fin dei conti i genitori vogliono solo il bene dei figli. Le sofferenze psichiche delle donne possono addirittura aumentare se vengono considerate solo come delle vittime.
D. Si sente vittima, signora Ali?
R.Ali. Non solo io. Tutte le donne che hanno subito una mutilazione sono vittime. A tutte noi è stato tolto il diritto all’integrità del nostro corpo. Tutte abbiamo sofferto.
D. Signora Schaerer, cosa c’è di male se la società giudica vittime le donne come la signora Ali?
R.Schaerer. E’ giusto che la società comprenda quando abbiano sofferto. Può essere addirittura un sostegno. Ma è altrettanto importante capire che non sono solo vittime. Sono anche attiviste, madri e mogli, come la signora Ali.
D. Che cosa teme in realtà?
R.Schaerer. Dai racconti sappiamo che molte donne a un certo punto non soffrono più solo le conseguenze fisiche della mutilazione, bensì per il fatto d’essere menomate. Alcune di loro fanno discendere molti dei loro problemi, come la difficoltà nei rapporti sessuali, a quell’intervento, anche se non c’entra nulla. Ciò accade perché sono sopraffatte dal ruolo di vittima.
D. Signora Ali, oggi si sente più forte come vittima rispetto a prima?
R.Ali. No. Credo piuttosto che le donne consapevoli d’aver subito un torto, si battano di più per i loro diritti. Trovo importante che la società ne parli. E’ proprio perché il tema è un tabù, che il nostro lavoro è così complicato. Se non se ne parla, non si riesce a modificare nulla.
D. Durante la procedura legislativa è emersa la critica che la nuova legge metterebbe le donne sotto tutela.
R.Ali. Un’affermazione simile può venire solo da persone poco informate. La mutilazione è un’orrenda violazione dei diritti umani e dev’essere combattuta. Questa legge va pienamente nel nostro senso. Non mi sento affatto posta sotto tutela dalla Svizzera.
D. Non teme possibili conseguenze negative?
R.Ali. Certo. Potrebbero nascere situazioni difficili qualora delle giovani donne dovessero decidere se denunciare i propri genitori.
R.Schaerer. Proprio per questo è così importante il confronto differenziato. Ci saranno discussioni difficili, ma che dovranno essere assolutamente fatte. Aicha Ali ha potuto perdonare perché sua madre ha ammesso d’averle procurato un male. Evidentemente, a un certo punto la mentalità della mamma è cambiata. Il nostro obiettivo è far sì che questo processo avvenga prima, e non dopo la mutilazione.
D. Che cosa cambia dal primo luglio?
R.Ali. Si tappa una falla e vengono corretti degli errori. Per le bambine che crescono qui sarà un giorno felice. Ma resta ancora tanto da fare in quanto a sensibilizzazione. Continueremo a lottare.

(Nicole Kraettli per Beobachter.ch del 20-06-2012. Traduzione di Rosa a Marca)