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Una città é sostenibile se assicura anche un minimo di equità
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Articolo di Redazione
1 giugno 2018 12:42
 
 La “città sostenibile” é soprattutto una città per ricchi? Stéphane Füzesséry, storico della città, architetto ed urbanista, spiega come ogni volontà di sviluppo urbano sostenibile debba comunque mettersi al servizio dell’inclusione sociale.
D. Cos’é una città sostenibile?
R. E’ una città capace di soddisfare localmente i bisogni fondamentali dei suoi abitanti senza comprometterla le capacità delle generazioni future, considerando le stesse. E senza far pesare i costi del suo sviluppo ad altri territori. Costruire una città sostenibile riporta anche alle sfide ambientali: habitat ecologico e aggiornamento energetico degli immobili, mobilità senza energie fossili, lotta contro l’urbanizzazione estesa, riciclaggio dei rifiuti, prevenzione dei rischi di inondazione o di aumento dei livelli del mare… Ma la città sostenibile, é anche una città che assicura un minimo di equità nell’accesso all’alloggio, ai servizi, ai trasporti cosi’ come nella protezione da ogni tipo di rischio.
D. Ma non sono obiettivi contraddittori?
R. I problemi si sovrappongono. Le popolazioni piu’ esposte ai rischi sono spesso le più disagiate. Un documento molto interessante dell’urbanista Paola Vigano, mostra, per esempio, che i quartieri dei grandi agglomerati di case popolari e le zone soggette a inondazioni si sovrappongono, e molto, nella Grande-Parigi.
Ma nella pratica, gli obiettivi ambientali e di equità possono fortemente contraddirsi. Avviare per esempio un’opera di riabilitazione termica dell’insieme delle case vecchie ad un costo che non puo’ essere sostenuto dalle popolazioni con basso reddito. Quando si riabilitano questi immobili per metterli in regola con le nuove norme energetiche, il tutto viene fatto per continuare a mantenere un affitto ragionevole, in modo che le popolazioni a reddito più basso non siano spinte piu’ lontane ma possano restare li’.
D. Come levare queste contraddizioni?
R. L'errore principale sarebbe quello di credere di avere le soluzioni già pronte. Sia che si tratti di una metropoli in crescita, di un territorio periurbano o di una città media. Le sfide della citta’ sostenibile e inclusiva differiscono. Nell’ambito delle grandi metropoli, per esempio, é nei quartieri più poveri dei grandi agglomerati che le questioni sono piu’ pesanti. In questi quartieri dove si concentrano le maggiori sacche di povertà della Francia, si pone non solo la domanda della messa a norma energetica dei palazzi, ma anche e soprattutto il problema forte dell’inclusione sociale.
D. Le politiche di sviluppo sostenibile possono frenare la pauperizzazione dei territori?
R. Una delle grandi specificità di questi quartieri con dei grandi agglomerati, e’ la quantita’ di terreni disponibili. Ai piedi di questi palazzi si trovano parcheggi, ma anche molti prati, aree erbose, che sono per lo più inutilizzate. Lì c’é una concentrazione di risorse straordinarie, perché questi terreni potrebbero essere utilizzati dai residenti perché ci sviluppino delle attività agricole, alimentari, energetiche, produttive in senso ampio. Ma questo presuppone di cambiare il modo di prendere in considerazione il rinnovo di questi quartieri, e ridare l’iniziativa ai cittadini. L’urbanista dovrebbe un po’ meno preoccuparsi di fare una pianificazione in senso stretto, e porsi prioritariamente la questione dell’uso degli spazi disponibili da parte dei residenti. A Brest, nell'ex sobborgo di Recouvrance, dove ci sono molti fondi commerciali e al piano terra che sono liberi, si sta attualmente conducendo una riflessione per vedere come gli abitanti -a volte in situazioni di grande precarietà- potrebbero sviluppare micro-attività.
D. Dal 2012, il governo si é impegnato a catalogare gli eco-quartieri. Sono questi dei modelli per la città sostenibile?
R. Gli eco-quartieri fanno parte della dinamica della sviluppo urbano sostenibile, ma con molti limiti. Sicuramente si basano su una quantita’ di buone pratiche: performance energetiche dei palazzi, gestione sostenibile delle acque e dei rifiuti, strade di comunicazione brevi tra di loro, mobilità dolce, spazi dedicati alla natura, etc. Il problema degli eco-quartieri é che sono circoscritti. E che sono ampiamente inaccessibili alle popolazioni piu’ povere, in virtu’ dei costi del loro habitat. Diversi eco-quartieri hanno sì delle case popolari, alle quali possono accedere delle famiglie con redditi limitati, ma non le famiglie piu’ modeste.
D. Una città sostenibile passa attraverso una maggiore presenza di differenze sociali?
R. Equità e differenze sociali vanno alla pari. Ma per costruire una città sostenibile e inclusiva, non é sufficiente ragionare in termini di differenze residenziali, cose essenzialmente si fa oggi. Bisognerebbe prima di tutto pensare le differenze sociali in termini di accesso alle risorse urbane per tutti gli abitanti, benestanti o meno. E per far sì che queste persone si abituino a stare nello spazio pubblico, lì dove viene inventato il "comune".

(Intervista a cura di Laetitia Van Eeckhout, pubblicato sul quotidiano Le Monde del 31/05/2018)
 
 
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