Circoncisione: se ne può parlare?

Ogni anno in Germania migliaia di ragazzini ebrei e musulmani vengono sottoposti alla circoncisione, pratica religiosa accettata universalmente. Che possa anche essere una forma di sopruso fisico sui bambini rimane in ombra.

Ai genitori è proibito usare violenza nella loro funzione educativa. Il 6 luglio del 2000 il diritto a punire è stato infatti abrogato dal Codice civile tedesco, e il paragrafo 1631 riconosce ai figli il “diritto a un’educazione senza violenza”. “Punizioni corporali, ferite morali e altre misure degradanti sono inammissibili”. Suona bene. Eppure, c’è una cosa che viene praticata come rito religioso, ma che ha una forma di violenza di cui non si parla, benché riguardi migliaia di maschietti ogni anno. E’ la circoncisione.
Qualcuno il quesito se l’è posto. Due anni fa, il penalista Holm Putzke si chiese se la circoncisione non motivata da ragioni mediche fosse giuridicamente ammissibile. La sua conclusione fu: Si configura come una “lesione all’integrità fisica”, e dunque punibile ai sensi del paragrafo 223 del Codice di procedura penale.
Una posizione, la sua, bollata come istigazione a scontri tra civiltà.
Il rabbino Julian Chaim Soussan la prese molto male. “Siamo noi, da millenni, a decidere cosa debba caratterizzare l’ebraismo. Ci ribelliamo contro i presunti tutori della legge che vorrebbero oscurare la nostra identità a favore della maggioranza sociale.”
I musulmani reagirono con gli stessi argomenti. La comunità islamica “Milli Goerue” puntualizzò che la circoncisione è “un mezzo d’identificazione particolarmente importante”. E vi scorse la possibilità di campagne contro “la libertà religiosa dei musulmani”.
Le tradizioni religiose hanno radici profonde, ogni critica è vista come una forma d’intolleranza, gli intellettuali di solito rifuggono dai temi scottanti. Non così la sociologa turco-tedesca Necla Kelek, che invece parla volentieri di circoncisione. Dice: è un rituale sedimentato nel tempo, ma che il Corano non menziona mai; il rito fa parte della sunna -codice di comportamento, usanze tramandate. Nel suo libro, “I figli perduti”, racconta la circoncisione di un nipote in uno sperduto villaggio dell’Anatolia. Descrive la paura e il dolore del ragazzino e nessuno che lo tranquillizzasse, nemmeno sua madre, giacché aver paura non è “cosa da uomini”. Descrive anche l’entusiasmo dei ragazzini quando vengono vestiti da piccoli principi, osannati, riempiti di doni. “Sono considerati leoni e l’orgoglio del loro padre”. Con la circoncisione il bambino entra nella umma, la comunità musulmana. Ma ai suoi occhi di sociologa la circoncisione ha brutte conseguenze: toglie la libertà ai ragazzini, gli dimostra che senza la comunità non sono nulla e che di questa comunità occupano il gradino più basso, perciò devono ubbidire e servire i più anziani. “La circoncisione riproduce una società autoritaria: attraverso l’asportazione del prepuzio si esprime una sottomissione simbolica e materiale”. Il dominio paterno è il fulcro centrale. Culto del maschio, attitudine alla violenza, misoginia: Per Necla Kelek sono queste le conseguenze del “rituale arcaico”.

In un recente studio il criminologo Christian Pfeiffer ha individuato nei maschi musulmani “un legame significativo tra religione e predisposizione alla violenza”. L’ideale è: l’uomo forte, capace di battersi. Anche lo psicanalista Matthias Franz azzarda una spiegazione. L’insicurezza riscontrabile in alcuni adolescenti e uomini musulmani potrebbe derivare da un “trauma genitale” dovuto alla circoncisione. Essendo praticata tra i 5 e i 6 anni d’età, cioè in un periodo di “consolidamento dell’identità sessuale” e all’apice della fase edipica, quel taglio sanguinante potrebbe ingenerare paure e rancori contro la mamma. Non ci sono ancora studi approfonditi sul tema, ma uno è in programma.
Franz distingue tra ebrei e musulmani: nei primi la circoncisione avviene otto giorni dopo la nascita, e dunque il potenziale psicotraumatico è probabilmente nullo.
Felix Schier, primario di chirurgia infantile alla clinica universitaria di Mainz, s’indigna di fronte a quelli che considera rituali arcaici. Interventi non motivati da motivi sanitari, per di più realizzati su “pazienti” incapaci di decidere, li considera immorali e di sicuro non un’operazione medica.
In Germania, la circoncisione praticata senza una motivazione medica non viene riconosciuta dal sistema sanitario e costa dunque 400 euro. Se la esegue il medico, viene fatta sotto anestesia. I musulmani, soprattutto turchi, preferiscono però tornare in patria a far circoncidere i loro figli.

Diritto e libertà religiosa
Per la politica, la circoncisione è tema spinoso. I partiti di governo rispondono svogliatamente che è “senza dubbio” importante e se ne è “discusso”, ma che manca una posizione ufficiale.
Per i liberali della FDP bisogna soppesare tra il diritto alla libertà di culto e all’incolumità fisica; lo Stato fa prevalere la libertà religiosa, e retrocede di un passo nella funzione di tutela -anche perché le conseguenze della circoncisione non sono gravi e bisogna evitare il “turismo della circoncisione” con gli annessi rischi. Invece il partito di sinistra, Die Linke, non è disposta a privilegiare la tradizione a scapito dei diritti individuali. I socialdemocratici della SPD si barcamenano: è vero che la circoncisione lede il diritto all’incolumità fisica, ma bisogna considerare gli effetti positivi sull’igiene e le buone intenzioni dei genitori.
Jerzy Montag, portavoce del gruppo parlamentare Buendnis 90/Die Gruenen, trova assurdo che se ne parli: è una pratica millenaria e poi “non nuoce a nessuno”.
Ma c’è chi non la pensa così. Per esempio il regista israeliano Ari Libarski, che nel suo documentario “Circumcision” mostra la disperazione di un giovane che non può avere una vita sessuale normale perché da piccolo gli hanno tolto troppa pelle. E fa vedere genitori che litigano tra loro per aver ceduto alla pressione sociale. Urologi e chirurghi infantili come Schier possono riferire di molti casi in cui l’intervento ha avuto pesanti conseguenze.

Morale sessuale contorta
Ma non sono solo i bambini musulmani ed ebrei a essere circoncisi. L’Organizzazione mondiale della sanità valuta che il 30% degli uomini sia circonciso -di cui il 70% musulmani, l’1% ebrei e il 13% statunitensi non appartenenti a queste due religioni. Questi ultimi vengono circoncisi da neonati, di solito senza anestesia, per motivi igienici e come prevenzione sanitaria.
E’ interessante capire l’origine della circoncisione made in Usa. Essa viene da una morale sessuale un po’ contorta, che nel secolo scorso ha avuto in John Harvey Kellogg (l’ideatore dei fiocchi di mais) uno dei suoi attivisti più convinti. Per Kellogg, la rimozione del prepuzio serve contro la masturbazione e dev’essere fatta senza anestesia “poiché un breve dolore ha un effetto salutare”. Va bene anche per le femmine. “Nelle ragazze il trattamento del clitoride con acido fenico non diluito si adatta perfettamente a ridurre l’eccitazione innaturale”, sosteneva.
Nelle popolazioni del deserto del Medio Oriente, afflitti da scarsità d’acqua, è plausibile che l’origine della circoncisione derivasse da motivi igienici, come lo sono stati altri precetti dell’islam e dell’ebraismo. Oggi l’argomento igiene fa meno presa. Persino l’affermazione dell’Oms, secondo cui la circoncisione riduce il rischio di trasmettere il virus Hiv, non ha un riscontro scientifico.

Amputare un pezzo sano del corpo
Quand’anche fossero confermati i benefici per la salute, il penalista Rolf Dietrich Herzberg contesta ai genitori il diritto di decidere di una cosa così importante per il figlio. Il divieto di lesioni corporali non prevede eccezioni. “Tagliare la pelle del prepuzio è una lesione corporale, e il paragrafo 223 del codice penale impone a tutti il dovere di non arrecare lesioni corporali ai propri simili”. E in quanto a prevenzione sanitaria, una buona igiene può bastare, e se mai sarà il bambino divenuto adulto a optare autonomamente per la circoncisione. Perché l’imposizione?

Convenzioni internazionali
La convenzione dei Diritti dell’infanzia dell’Onu, sottoscritta anche dalla Germania, impegna gli Stati firmatari a mettere in atto ogni misura idonea ad abolire usi tradizionali che siano nocivi per la salute dei bambini. Ma difficilmente la Germania interverrà a vietare la circoncisione per motivi religiosi. Troppo piccolo l’interesse della politica e troppo grande il timore dei politici a percorrere questo campo minato.

(Tratto da un articolo di Richard Wagner per la Frankfurter Allgemeine Zeitung del 06-02-2011. Traduzione e adattamento di Rosa a Marca)