Charlie Hebdo. Chi non sa ridere di se stesso… peste lo colga
Articolo di François-Marie Arouet
5 gennaio 2025 13:13
Il 10 Gennaio del 2015 due terroristi che dicevano di ispirarsi all’islamismo fecero irruzione nella redazione del settimanale satirico Charlie Hebdo a Parigi. Quattordici morti: 12 redattori e i due attentatori alcuni giorni dopo. Nacque lo slogan “Je suis Charlie” che animò sdegno, resistenza e affermazione contro assassini e attentati che in quegli anni avevano preso di mira satira e letteratura in materia di Islam, non solo in Francia (tra i più noti ricordiamo le minacce nel 2005 al quotidiano danese Jyllands-Posten, e la fatwa - ancora in corso - contro lo scrittore britannico Salman Rushdie per i suoi Versi Satanici).
Intolleranza religiosa, e politica visto che gli attentatori si ispiravano, e continuano a farlo, non solo ad una loro fede, ma anche alla trasposizione della stessa in regimi politici dove il rispetto degli individui non è previsto e i sudditi sono birilli di giocatori che agiscono in nome del loro dio (un po’ come il cristianesimo qualche secolo fa).
Per chi, obnubilato da ideologie che talvolta - malvagità e ironia della vita - non prevedono neanche un qualche dio,è bene ricordare che i massimi rappresentanti di questa ideologia politica sono Iran e Afghanistan (e un lungo elenco di inferiore livello mediatico). Dove, specialmente il primo, si prodiga per “espatriare” la propria fede con finanziamenti e supporti in varie parti del mondo (quelli sull’onda delle cronache che ci coinvolgono direttamente in questo momento sono Hamas nella striscia di Gaza, Hezbollah in Libano e Houthi in Yemen).
La satira è un modo di raccontare e fare opinione su vita e politica. E’ noto che talvolta riesce ad avere maggiore considerazione una vignetta o una frase che non un articolo, un libro, una trasmissione mediatica o un atto politico. Un po’ come la poesia.
E per questo, al pari e talvolta in modo più violento rispetto agli strumenti della diplomazia politica internazionale (guerre a parte), chi ritiene di avere una qualche felicità da imporre perché sia tale, si prodiga con atti come quello che ricordiamo oggi. Anche a sacrificio della propria vita: “Le morti dei civili sono un sacrificio necessario” diceva l’ex-capo di Hamas a Gaza rispetto al proprio metodo politico.
In questo contesto, per essere noi stessi anche irriverenti, non ci resta che dire: Chi non sa ridere di se stesso… peste lo colga!
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