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Catastrofi naturali. Nel 2018 coinvolte quasi 62 milioni di persone
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Articolo di Redazione
27 gennaio 2019 12:49
 
 Il bilancio delle catastrofi naturali, tutt’altro che dall’essere in calo, rimane pesante. Secondo l’Agenzia delle Nazioni Unite per la riduzione dei rischi delle catastrofi (UNISDR) e il Centro di ricerca sull’epidemiologia delle catastrofi (CREC) dell’Università di Louvain (Belgio), 61,7 milioni di persone sono state coinvolte in 289 catastrofi naturali nel 2018, 10.733 delle quali sono morte.
Questo dato è in linea con la media annuale registrata tra il 2000 e il 2027, con 77.144 decessi, dice il comunicato del 24 gennaio. Diverse maggiori catastrofi hanno regolarmente appesantito questo bilancio umano durante gli ultimi due decenni, come lo tsunami nell’oceano indiano del 2004, il ciclone Nargis nel 2008 in Birmania o il sisma ad Haiti nel 2010 – 297.140 persone sono state uccise in quegli anni, un record dal 2000.
Le conseguenze del cambiamento climatico
Non c’è stata una megacatastrofe di questo tipo nel 2018, ricorda il rapporto. Le perdite in vite umane dovute a delle catastrofi naturali maggiori sembrano in diminuzione, probabilmente in virtù del miglioramento del livello di vita e di una migliore gestione dei rischi connessi alla catastrofe”.
Comunque, tutte le regioni del mondo sono state colpite da eventi meteorologici estremi. Tra i Paesi più toccati figurano l’India, con 24 milioni di persone coinvolte, poi le Filippine e la Cina (più di 6 milioni a testa). L’Indonesia è il Paese che ha subito il più grande numero di perdite di vite umane, con 4,535 decessi, seguita dall’India (1.388), Guatemala (427) e Giappone (419).
Considerando le catastrofi più distruttive, le inondazioni hanno toccato 35,4 milioni di persone, 23 milioni delle quali in Kerala, India. Le intemperie hanno causato più di 2.800 decessi, di cui più di 500 in India, 220 in Giappone, 199 in Nigeria e 151 in Corea del Nord.
Le tempeste hanno colpito meno persone, 12,9 milioni, ma hanno registrato un record di vittime, dice il rapporto, con 1.600 decessi.
Il legame col cambiamento climatico è evidente. “Il tempo preme perché si limiti il riscaldamento climatico a 1,5 o 2 gradi. Dobbiamo comunque essere molto presenti per adattarci al cambiamento climatico”, dice Mami Mizutori, rappresentante speciale del segretario generale dell’ONU per le riduzioni delle catastrofi.
In totale, 57,3 milioni di persone sono state direttamente coinvolte in inondazioni, siccità, tempeste e incendi di foreste.
L’impatto del riscaldamento è particolarmente sensibile per quanto riguarda la siccità che ha toccato 9,3 milioni di persone, tra cui il Kenya (3 milioni), l’Afghanistan (2,2 milioni) o l’America centrale (2,5 milioni), in modo particolare, precisa il rapporto “nei luoghi di migrazioni come Guatemala, Honduras, Salvador e Nicaragua”.
“La povertà deve essere combattuta”
Altra conseguenza degli sconvolgimenti climatici in corso, essenzialmente siccità, sono gli incendi che sono stati particolarmente mortali nel 2018, in Europa come nel nord del continente americano: 126 morti in Grecia, “nell’incendio più mortale mai registrato in Europa”, e 88 morti negli Stati Uniti con gli incendi “più mortali mai registrati da un secolo e con danni economici anch’essi mai registrati, per 16,5 miliardi di dollari (14,6 miliardi di euro)” dice il rapporto. I cui autori fanno appello al rafforzamento delle regole e dei criteri di costruzione degli edifici, nonché per una maggiore protezione degli ecosistemi. “La povertà deve essere combattuta”, dice Mizutori, che chiede misure più efficaci per attenuare l’esposizione all’aumento dei livelli dei mari.
L’INISDR ricorda che gli Stati membro delle Nazioni Unite si sono impegnati a ridurre la mortalità dovuta alle catastrofi e il numero di persone che ne vengono coinvolte, il numero di disastri e le perdite economiche conseguenziali entro il 2030. “Si tratta del “quadro d’azione Sendai per la riduzione dei rischi da catastrofi 2015-2030” adottato nel corso della terza conferenza mondiale dell’ONU che si è tenuta a Sendai, Giappone, a marzo del 2015.
Questo piano indicava la necessità “urgente di previsione, pianificazione e riduzione dei rischi da catastrofe per meglio proteggere gli esseri umani, le collettività e i Paesi, i loro mezzi di sussistenza, la loro sanità, il loro patrimonio culturale, i loro beni socio-economici e i loro ecosistemi, e migliora anche la loro resilienza”.

(articolo di Rémi Barroux, pubblicato sul quotidiano Le Monde del 27/01/2019)
 
 
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