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La carne sintetica spiegata al ministro Lollobrigida
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Articolo di Redazione
26 novembre 2022 16:55
 
Il ministro dice che in Italia non arriverà mai. Ma non è cibo per Frankenstein: è identica alla solita carne, alternativa agli allevamenti intensivi e soluzione per la fame nel mondo. Se il sovranismo alimentare guarda alle Ande

Dopo aver aggiunto le competenze relative alla "sovranità alimentare" al Ministero dell'Agricoltura e averlo assegnato a un politico laureato in legge, il Governo per bocca del competente ministro Francesco Lollobrigida ha iniziato una campagna mediatica contro la "carne sintetica".

La carne sintetica, che tecnicamente si chiama "coltivata", nel senso di coltivata in laboratorio, è carne derivata direttamente da cellule. Lo spiega chiaramente la biotecnologa Vittoria Brambilla sul sito del Good Food Institute (traduzione mia): "Il processo di coltivazione della carne utilizza gli elementi di base necessari per costruire muscoli e grasso e consente lo stesso processo biologico che avviene all'interno di un animale. La carne coltivata è identica alla carne convenzionale a livello cellulare. Rispetto agli altri pilastri della produzione proteica alternativa - a base vegetale e fermentazione - la carne coltivata è un'innovazione più recente".
Infatti, il primo hamburger coltivato è del professor Mark Post e del suo team dell'Università di Maastricht e risale all'agosto 2013. Da allora sono stati in molti a lavorare a carne che non sia fatta di carne. Quella che viene chiamata "utopia alimentare", fatta di bistecche senza bue, sta piano piano diventando realtà materializzandosi in uno strano grumo di fibre muscolari colorate con succo di barbabietola sintetizzato in laboratorio da cellule animali. In apparenza simile a un classico burger di carne macinata. 

Ottenere carne senza uccidere animali non è più quindi fantascienza; come spesso accade innovazioni "disruptive" sono al centro di massicci investimenti, inclusi quelli di personalità come gli uomini d'affari Richard Branson e Bill Gates o l'attore Leonardo DiCaprio.
Dall'avvento della prima azienda di carne coltivata, UPSIDE Foods, molte ne sono arrivate, tipo Mosa Meat e Super MeatJUST Foods ha venduto il primo prodotto a base di carne coltivata nel 2020 presentando le crocchette di pollo in un ristorante di Singapore. Nel frattempo la carne di origine vegetale, meno costosa e difficile da produrre, ha fatto il boom da quando nel 2019 Burger King ha lanciato il suo Impossible Whopper di origine vegetale. 

Le varie aziende produttrici di carne coltivata non hanno ancora raggiunto una produzione a livello commerciale sostenibile in termini di dimensioni o costi. "Dallo sviluppo della linea cellulare alla progettazione del bioprocessore" scrive sempre Brambilla "ci sono una serie di sfide da affrontare prima che la carne coltivata sia ampiamente disponibile e competitiva in termini di costi".

Per questi motivi il Good Food Institute ha creato il Competitive Research Grants Program, per sostenere ricerche d'avanguardia chiedendo anche fondi pubblici per aiutare la ricerca agricola biotech, la carne coltivata e altre proteine alternative. Naturalmente oltre alla scienza e alla tecnologia occorrono norme che possano garantire sicurezza e qualità di quanto prodotto. 
Se dovessimo stare alle dichiarazioni del ministro Lollobrigida, in Italia tutto ciò non vedrà la luce perché, proibizionismi a parte, la luce del Governo di Giorgia Meloni è concentrata a illuminare la sovranità alimentare. 

Chissà se chi ha selezionato questa nuova dicitura aggiuntiva per il ministro dell'Agricoltura conosce il movimento dei contadini andino-amazzonici "Via Campesina" che, da vent'anni e con successi alterni, lotta per affermare il diritto dei popoli, spesso indigeni, a definire le proprie politiche e strategie sostenibili di produzione, distribuzione e consumo di cibo basandole sulla piccola e media produzione e distribuzione prevalentemente locale. 
Per i sostenitori della "soberania alimentaria" - come si dice in Sudamerica - le "nazioni", proprio come sostengono quelli al Governo, devono poter definire una loro politica agricola e alimentare in base alle proprie necessità, rapportandosi alle organizzazioni degli agricoltori e dei consumatori. Una piattaforma politico-economica, che alcuni potrebbero chiamare terzomondista (quindi tradizionalmente a sinistra), che interessa in particolare le popolazioni indigene tradizionalmente colpite da problemi di produzione e distribuzione del cibo a causa, anche, di cambiamenti climatici e/o di accesso a fonti alimentari tradizionali con ripercussioni dannose per la salute e l'aumento delle malattie. 
Il Governo più a destra della Repubblica italiana mette il freno all'innovazione tecnologica e guarda alle Ande per ispirare le proprie scelte agro-alimentari. Un minestrone ideologico tipico di una classe politica che pensa solo al proprio orticello e non sa guardare al futuro. 

(Marco Perduca su HuffingtonPost del 23/11/2022)

 
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