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Cannabis. Torna il sogno americano?
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Articolo di François-Marie Arouet
19 marzo 2022 10:36
 
 Parlare di “sogno americano” in questo periodo di guerra può rappresentare azzardo e - almeno per chi scrive - ritorno alle origini quando si sognava e si lottava per un mondo senza frontiere, in serena pace, convivenza, curiosità e dialogo fra i più diversi? Da Mosca a Parigi, da Berlino a Tokyo, da Roma a Città del Capo, da Kiev a Rio de Janeiro, da Londra a Vladivostok, da Sydney a Madrid, da Tel Aviv a Buenos Aires, da Praga a Singapore, fino a Vienna e Bogotà e Città del Messico e Il Cairo e Istanbul e Tunisi e Dakar e New York e San Francisco e Montreal… anche solo osservando il cosiddetto “proprio”, ci si renderà conto che fili conduttori ce ne sono. Due soprattutto: musica e cannabis. Fili culturali, dietro ai quali si sviluppa socialità ed economia.

Facciamo uno spaccato sulla cannabis. Tutte le persone di buon senso nel mondo, soprattutto giovani, vogliono e chiedono che faccia parte della propria vita, senza dover rischiare la stessa per godersela (la vita e la cannabis). Questi “tutti”, però, devono fare i conti con altri “molti”, con più poteri decisionali di loro, che decidono cosa possono fare o meno, anche in dispregio delle stesse regole che sono base della comunità in cui vivono.
E’ quello che è accaduto, per esempio, in Italia con la bocciatura della richiesta di referendum da parte della Corte Costituzionale, dove giudici parrucconi e azzeccagarbugli hanno ideologicamente impedito che “tutti” potessero esprimersi: la Russia ha mandato carri armati contro quelli che loro chiamano drogati ucraini, la Giustizia italiana manda altrettanti “carri armati” contro chi usa la democrazia referendaria per la droga.
Il contrario di quello che accade in buona parte di quel resto del mondo a cui l’Italia dice di appartenere.

“Sogno americano” è quello in un Paese in cui chi chiede un referendum per cambiare le leggi sulla cannabis, va a votare. Quelli che non hanno potere e quelli che lo hanno leggono la sostanza della richiesta e si esprimono (quasi sempre per legalizzare l’erba), indipendentemente dall’appartenenza ad uno dei due principali schieramenti che lottano fra di loro per la gestione della pubblica amministrazione (1).

E mentre il “sogno americano” tipico del secolo scorso (quello su libertà e democrazia economica) oggi possiamo dire che è abbastanza superato dal nostro “sogno europeo” (2), non possiamo dire altrettanto in materia cannabis. In Europa/Ue, esclusa Malta e Lussemburgo, al momento la cannabis ricreativa non è legale come una qualunque merce; è “abbastanza” depenalizzata, ma questo non consente che sia una merce come qualunque altra.

Il “sogno americano” ha un suo stile innegabile. Nel secolo scorso ha fatto sognare molti dei nostri nonni che prima sui piroscafi da Napoli o Genova partivano verso New York, e poi coi voli della Pan American, contribuendo alla loro ricchezza e a quella del Paese che li accoglieva.
Oggi in Usa lo stesso stile viene usato con la cannabis: un sogno di libertà che diventa anche business; la libertà non solo aspirazione ma tangibile vita quotidiana. Senza esagerare, ovviamente, ché nella libertà americana ci sono non pochi problemi, per esempio razziali e religiosi.

Per meglio comprendere cosa sia questo business e questa libertà, riportiamo un video di presentazione di un centro commerciale di Las Vegas, struttura impensabile in Italia e in Europa, e che oggi sembra che sia il più grande dispensario al mondo sulla cannabis: https://www.youtube.com/watch?v=TVBYgO8DsVM


NOTE
1 - è come se in Italia il partito dell’opposizione, Fratelli d’Italia, proponesse di legalizzare la cannabis o votasse a favore di proposte legalizzatrici. O, rispettando la “tipicità” italiana, come se un partito di governo come la Lega di Salvini, facesse altrettanto.
2 – costruito comunque grazie alla tenacia Usa, Uk, Urss (sì, anche loro) e alleati quando ci hanno liberati dal nazifascismo a metà del secolo scorso. E, “ironia” della storia, “sogno europeo” che oggi è tale per - Ucraina in testa - tanti Paesi ex-Urss.

 
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