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Caldo e siccità mettono a rischio la coltivazione. Un grano per il futuro
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Articolo di Primo Mastrantoni
31 gennaio 2023 10:34
 
 Ci sono voluti centinaia di migliaia di anni prima che l'Homo sapiens (cioè noi) iniziasse a coltivare la terra, passando dalla fase di cacciatore-raccoglitore a produttore del proprio cibo. 

L'Homo sapiens, circa 10.000 anni fa, diventa stanziale, si lega a una data regione, impara a coltivare la terra e a selezionare sementi. La coltivazione della terra assicurava il cibo in modo permanente, poiché se ne poteva fare scorta e conservarlo: un passaggio fondamentale che ha segnato l'origine della civiltà.

Tra i cereali il grano ha avuto un ruolo fondamentale nell'alimentazione perché apporta all'organismo i carboidrati, vale a dire la fonte energetica principale. L'uomo primitivo si cibava direttamente dai chicchi di grano, a volte abbrustolendoli sul fuoco o macinandoli con la pietra. Il passaggio successivo avvenne quando la farina fu unita all'acqua e l'impasto così ottenuto fu avvicinato al fuoco ottenendo una rudimentale focaccia. 
E' l'origine del pane. 

Questo alimento ha rappresentato nei secoli la base dell'alimentazione, tanto che il controllo dei forni è stato un aspetto essenziale del potere, fino a essere all'origine di sommosse e rivoluzioni.

Originario dell'area mediorientale oggi il grano occupa vaste estensioni di territorio e i suoi derivati sono alla base dell'alimentazione umana. Aumentarne la produzione e la qualità è stato un obiettivo perseguito nel tempo attraverso la selezione, gli incroci o le modifiche della struttura del DNA (come avvenuto con la realizzazione del grano Creso, ottenuto negli anni '70 con irraggiamento nel laboratori del CNEN, Comitato nazionale per l'energia nucleare). 
 
Nuove sfide lo attendono: perché il clima sta cambiando e il nostro Pianeta affronta ondate di calore e siccità che ne rende problematica la coltivazione. E' a rischio l'alimentazione di   2,5 miliardi di persone che in 89 paesi dipendono dal grano per il loro cibo quotidiano.

I ricercatori del John Innes Centre di Norwich (Uk) hanno lavorato a un progetto per rendere il grano più resistente al caldo e alla penuria di acqua. A differenza di quanto si potrebbe pensare il grano (duro per la pasta  e tenero per il pane) ha una struttura genetica più complessa di quella degli essere umani e, inoltre, è dotato di un gene "stabilizzante" che impedisce la ibridazione con specie selvatiche (che resistono meglio alle malattie, sopportano terreni salati e tollerano il caldo). Insomma, i nostri grani non gradiscono accoppiarsi con i "cugini selvatici".

Dopo decenni di ricerche, gli scienziati britannici sono riusciti a neutralizzare il gene "stabilizzante" modificandolo con la tecnica del l'editing genomico, cio* con una procedura di ingegneria genetica che consente di operare con precisione su una sequenza del DNA senza alterarne la struttura complessiva. In questo modo, il grano modificato  potrà essere incrociato con quello "selvaggio", mantenendo le proprie caratteristiche di buona produzione e acquisendo quelle di resistenza dei suoi sopracitati "cugini".

Il passaggio successivo sarà quello che conduce dalle prove di laboratorio alla coltivazione su un terreno difficile e avverso. Aspettiamo i risultati.

(Articolo pubblicato sul quotidiano LaRagione del 31 gennaio 2023)
 
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