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A Brasilia il VI Congresso Mondiale di Bioetica
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Articolo di Donatella Poretti
14 novembre 2002 17:55
 
900 ricercatori brasiliani e circa 500 stranieri di 62 Paesi sono stati i protagonisti del VI Congresso Mondiale di Bioetica che si e' svolto a Brasilia dal 31 ottobre al 3 novembre, dal titolo: "Bioetica, potere e ingiustizia". Molti i temi dibattuti dalla clonazione terapeutica a quella riproduttiva, dal traffico di organi all'eutanasia, dalla ricerca scientifica al potere economico fino al diritto alla salute e ai diritti umani nei Paesi in via di sviluppo.
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Per il ricercatore brasiliano Fermin Roland Schramm, della Fondazione Oswaldo Cruz (Rio de Janeiro), dal punto di vista morale e etico non esiste nessuna differenza tra la clonazione terapeutica e quella riproduttiva. La prima ha l'obbiettivo di produrre organi per trapiantare e per curare malattie come il diabete, il che e' moralmente accettabile, l'altra, che serve per dare un figlio ad una coppia sterile, e' altrettanto legittima e valida. "Non esiste differenza tra le due tecniche da un punto di vista morale", ha sottolineato Schramm, che pur ammettendo l'esistenza di un dibattito aperto, ha difeso la tesi che non esistono ragioni per condannare "moralmente" la clonazione umana: "nonostante le polemiche, la clonazione riproduttiva e' una risposta adeguata per le coppie sterili". Schramm non si e' fermato qua, ha anche difeso la scelta del sesso dei figli per evitare malattie genetiche legate al genere. Con Schramm si sono schierati diversi ricercatori. Per il finlandese Matti Hayry "e' legittimo che una coppia sterile desideri un figlio attraverso queste tecniche", cosi' come il professore John Harris dell'Universita' di Manchester, e il professor Marco Segre, della facolta' di Medicina dell'Universita' di San Paolo, che hanno difeso il proseguimento degli studi sulla clonazione, terapeutica e riproduttiva. "Nonostante l'ironia, che stiamo imitando Dio, se non fosse grazie al lavoro scientifico, non avremmo vinto la battaglia contro tante malattie nel corso degli ultimi anni", ha detto Segre.
Il professor Harris, membro della Commissione britannica sulla Genetica Umana, e' stato quello che si e' speso piu' di tutti per mantenere gli investimenti nelle ricerche sulle cellule staminali e su quelle embrionali, non esistendo, a suo parere, motivi che giustifichino l'interruzione di studi che potrebbero salvare molte vite nel futuro. "Esiste una ragione morale per mantenere la natura umana cosi' com'e', invece di cercare di cambiarla in meglio?", si e' chiesto Harris durante il suo intervento accalorato e ironico, quando, rivolgendosi alla platea ha ricordato che durante le relazioni sessuali "normali", cinque embrioni in media muoiono e solo uno generera' un nuovo essere umano. "Credo che tutti concordino nel ritenere che questo e' un prezzo che puo' essere pagato per avere relazioni sessuali".
Piu' prudente il direttore del Programma di Bioetica dell'Organizzazione Panamericana della Salute (Opas), il cileno Fernando Lolas, il quale ha concordato nel ritenere che le cellule embrionali sono le migliori su cui lavorare, ma che i risultati ancora non sono certi, "nella migliore delle ipotesi abbiamo una buona chance per cercare di cambiare in meglio", ha precisato.

Un argomento a parte e' stato quello del programma per il trapianto di organi del Governo filippino, presentato dal professor Leonardo Castro, dell'Universita' di quel Paese. I condannati a morte vengono incoraggiati a ricompensare la societa' per il male che hanno procurato, donando i loro organi. In cambio gli viene salvata la vita. Secondo Castro l'adesione al programma e' volontaria. "E' una condanna a morte indiretta" e' stata la presa di distanza dell'ex presidente del Comitato Nazionale di Bioetica italiano, Giovanni Berlinguer, visto che secondo lui il condannato non e' in condizioni di decidere liberamente. La platea in generale si era comunque indignata per il programma filippino, e sembra che il clima sia nuovamente tornato sereno dopo la lettura di una domanda fatta arrivare per scritto agli oratori: l'incentivo della donazione si puo' estendere anche ai corrotti?
Ma Castro ha anche argomentato le ragioni della scelta del suo Paese, che quest'anno ha comunque sospeso l'esecuzione della pena di morte. L'idea di partenza e' quella che non debba essere perso nessun corpo sano. E considerato che nelle Filippine esiste una cultura della penitenza e del castigo fisico, durante la Quaresima, per ridurre i peccati, "la donazione equivale all'autoflagellazione", ha semplificato il professor Castro. In questo scenario il programma e' buono "non solo per chi riceve l'organo, ma anche per il donatore". Quando un detenuto manifesta la sua "volonta'" di aderire al programma, non solo gli viene lasciato del tempo per cambiare idea, ma viene anche consultata la famiglia, oltre ad una commissione giuridica che analizza il caso.

Il divario tra Paesi i "ricchi" e quelli "poveri" e' stato un altro argomento ancora. "L'Aids e la malaria uccidono lo stesso numero di persone all'anno, ma gli investimenti per la prima malattia sono 50 volte maggiori rispetto a quelli destinati alla seconda. Il problema della poverta' non commuove il mondo finanziario", ha sottolineato il presidente del Congresso, il professor Volney Garrafa. Cosi' "mentre l'aspettativa di vita nei Paesi ricchi raggiunge gli 80 anni, in molte nazioni povere arriva a malapena a 40 anni".
 
 
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