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Africa. Sviluppo umano a più velocità
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Articolo di Redazione
16 settembre 2018 18:18
 
 E’ meglio essere nati in Norvegia che in Niger, o in Botswana che in Ciad. La pubblicazione dell’indice di sviluppo umano (idh), pubblicato lo scorso 14 settembre dal Programma delle nazioni Unite per lo Sviluppo (PNUD), non rivela grandi sconvolgimenti in questa classifica del benessere mondiale. Essa descrive, in seno al continente africano, una diversità di situazioni che svalorizza l’idea riduttrice di un’Africa omogenea condannata a stagnare in coda a tutto.
Il Botswana figura, con la Repubblica Domenicana e la Turchia, tra i Paesi che hanno scalato più posti in questa classifica dall’inizio dell’ultimo decennio. Le nuove stime della speranza di vita dopo la nascita -il cui calo è stato maggiore in tredici anni che non l’epidemia di Aids- ne sono il principale motivo.
Forti ineguaglianze in Gabon
L’IDH, pubblicato dal 1990, è un indicazione composita della ricchezza materiale, attraverso il reddito lordo per abitante, la speranza di vita dopo la nascita e l’accesso all’educazione, calcolato essenzialmente attraverso il tasso medio di scolarizzazione. Nel 2011 è stato aggiunto il calcolo delle ineguaglianze, potendo così prendere in considerazione la ineguale distribuzione delle ricchezze.
In tal modo il Gabon, unico Stato a sud del Sahara, con il Botswana e l’isola Mauritius (classificata al primo posto subsahariano e al 65mo a livello mondiale), da far parte del gruppo di Paesi il cui livello di sviluppo umano è considerato elevato, cala di 40 posti quando gli economisti integrano la forte concentrazione di reddito legata al guadagno petrolifero, di cui ne guadagna solo solo qualcuno.
“I dati che pubblichiamo da ventotto anni mostrano che dei progressi sono possibili, anche se sono ineguali tra di loro”, ha detto l’economista del PNUD Selim Jahan, commentando l’evoluzione registrata nel corso degli ultimi tre decenni nelle diverse regioni del mondo. L’Africa subsahariana è stata quella dove i progressi più rapidi sono stati osservati nel corso degli anni 2000, con il rallentamento provocato dalla crisi finanziaria e la caduta dei corsi delle materie prime.
Lo scarto tra ilo Niger, che è all’ultimo posto della classifica, e la Norvegia, al primo posto, è ancora vertiginoso: alla nascita, un bimbo nigeriano ha una speranza di vita inferiore ai 22 anni. Questo bimbo in media spera di frequentare i banchi di scuola per due anni, contro più di dodici anni di un bimbo del Regno scandinavo. I suoi genitori vivono in media con 1.000 dollari all’anno (meno di 860 euro), 68 volte meno rispetto a chi è nato in Norvegia.
Le donne stanno meglio in Namibia
Sul continente, i Paesi più poveri sono anche quelli con le maggiori ineguaglianze e quelli dove le donne hanno meno diritti e libertà di scelta. In Ciad, due terzi delle donne tra 15 e 24 anni sono analfabete, rispetto a meno di due su dieci in Rwanda, dove l’uguaglianza uomo-donna è una priorità. In Namibia, le donne rimangono a scuola più tempo che non gli uomini e lo scarto di reddito tra sessi è molto minore che non altrove.
Più di un paese su due, in Africa subsahariana continua ad avere un IDH debole. Nel resto del mondo, solo cinque Paesi hanno una situazione che si può paragonare con la loro, secondo la classifica del PNUD, che non prende in considerazione degli Stati come la Corea del Nord, per i quali le statistiche non sono disponibili. Si tratta delle Isole Salomon, della Papua-Nuova Guinea, dell’Afghanistan, della Siria e dello Yemen. Negli ultimi due casi, la guerra spiega un brutale degrado degli indicatori sociali e della speranza di vita nel corso degli ultimi anni. Per il resto, essendo la maggior parte dei Paesi africani bloccati nella parte bassa di questa fotografia mondiale, il fattore povertà rimane cronico.

(articolo di Laurence Caramel, pubblicato sul quotidiano Le Monde del 16/09/2018)




 
 
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