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 USA - USA - Zika crea microcefalia attaccando staminali. Studio
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5 marzo 2016 13:16
 
Il virus Zika potrebbe causare la microcefalia nei feti infettando selettivamente le cellule che formano la corteccia cerebrale e rendendole più predisposte a morire che a dividersi normalmente e a creare nuove cellule cerebrali. E' l'ipotesi avanzata da un team di ricercatori Usa - di Johns Hopkins University School of Medicine, Florida State University ed Emory University - che, lavorando su staminali umane cresciute in laboratorio, potrebbe aver scoperto il legame biologico tra il virus e il difetto neurologico osservato in diversi bambini nati da donne infettate in gravidanza. I risultati degli esperimenti sono stati descritti online su 'Cell Stem Cell'. Gli scienziati spiegano anche che queste cellule coltivate in laboratorio e risultate altamente sensibili al virus potrebbero essere utilizzate per la caccia a farmaci in grado di proteggere le cellule 'bersaglio' di Zika o placare l'infezione in corso. "Gli studi su feti e bambini microcefalici, nati con il cervello e la testa di dimensioni più piccole, hanno rivelato anomalie proprio nella corteccia e il virus Zika è stato trovato nel tessuto fetale", ricorda Guo-li Ming, professoressa di Neurologia, neuroscienze, psichiatria e scienze comportamentali al Johns Hopkins' Institute for Cell Engineering. "E anche se la nostra ricerca non prova definitivamente che Zika causa microcefalia, è molto significativo aver osservato che le cellule che formano la corteccia cerebrale sono potenzialmente sensibili al virus, e che la loro crescita potrebbe essere arrestata" dal microrganismo, sottolinea la scienziata che ha guidato il team di ricerca insieme ai colleghi Hongjun Song, docente di Neurologia e neuroscienze dello stesso istituto, e Hengli Tang, virologo della Florida State University. Lo studio è stato eseguito in tempi rapidi, in meno di un mese, sull'onda della preoccupazione espressa dagli esperti sulla minaccia globale rappresentata da Zika per la salute pubblica.
Per realizzare gli esperimenti è stato messo in piedi un lavoro di squadra fra più centri: il virologo Tang si è messo in contatto con i colleghi neuroscienziati Ming e Song che usano le staminali per studiare la fase iniziale dello sviluppo cerebrale. Così dai laboratori della Johns Hopkins sono stati inviati sia i ricercatori che le cellule al laboratorio della Florida State University, dove il team ha proceduto a esporre le cellule al virus. I ricercatori hanno confrontato l'effetto di Zika sulle cellule note come progenitrici neurali corticali con altri due tipi di cellule: le staminali pluripotenti indotte e i neuroni immaturi. Le pluripotenti indotte vengono prodotte riprogrammando cellule mature e possono dare origine a qualsiasi tipo di cellula del corpo, comprese le progenitrici neurali corticali che a loro volta generano i neuroni immaturi. Successivamente, l'espressione genetica delle cellule - che evidenzia quali geni vengono usati e quali no - è stata analizzata nel laboratorio di Peng Jin all'Emory University. Secondo Tang, 3 giorni dopo l'esposizione al virus il 90% delle cellule progenitrici neurali corticali era stato infettato e dirottato alla produzione in serie di nuove copie del virus. Non solo: gli esperti hanno osservato anche che i geni necessari per combattere i virus non erano ancora stati accesi. "Una cosa molto inusuale", aggiunge. Molte delle cellule infettate sono morte e altre hanno mostrato un'espressione interrotta dei geni che controllano la divisione cellulare, segnale che non avrebbero potuto produrre in modo efficace nuove cellule. L'aver utilizzato specifici tipi noti di cellule ha permesso ai ricercatori di vedere dove lo sviluppo del cervello è più vulnerabile, dice Song che con la collega Ming sta ora usando le cellule per saperne di più circa gli effetti dell'infezione da Zika sulla corteccia in via di sviluppo. "Ora che sappiamo che le progenitrici neurali corticali sono le cellule vulnerabili, queste potrebbero essere utilizzate anche per screenare rapidamente per efficacia potenziali nuove terapie", conclude.  
 
 
 
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