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 USA - USA - Staminali. Mini-cervello da pelle malati autismo
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17 luglio 2015 11:31
 
Lo studio di malattie come l'autismo e la schizofrenia è sempre stato complicato dalla complessità di questi disturbi e dalla difficoltà di studiare i processi di sviluppo nei tessuti umani. In uno studio pubblicato su 'Cell' ricercatori di Yale (Usa) assicurano di aver fatto passi in avanti verso il superamento di questi ostacoli, nientemeno che convertendo cellule della pelle di pazienti autistici in staminali. Questo ha consentito di far 'crescere' in laboratorio una sorta di cervello in miniatura, che ha aiutato a svelare meccanismi inaspettati di questa patologia. "Invece di partire dalla genetica, abbiamo iniziato con la biologia del disturbo stesso, per cercare di ottenere poi una finestra sui segreti del genoma", dice l'autore senior Flora Vaccarino della Yale School of Medicine. I ricercatori si sono concentrati su quel quinto di pazienti autistici che condividono una caratteristica distintiva correlata alla gravità della malattia: un allargamento del cervello. Dopo aver isolato cellule cutanee da questi malati, così come dai loro padri sani per fornire un modello di confronto, le hanno convertite in staminali pluripotenti indotte, che sono state poi coltivate come 'mini-cervelli'. Questi cosiddetti 'cervelli organoidi' hanno un diametro di pochi millimetri, ma imitano i principi fondamentali di sviluppo precoce del cervello umano, corrispondente grosso modo ai primi mesi di gestazione. Analizzando i 'mini-cervelli' ottenuti da pazienti autistici, i ricercatori hanno scoperto alterazioni nelle reti di espressione genetica che controlla lo sviluppo neuronale. E' emerso inoltre uno squilibrio proprio a livello dei neuroni. Gli autori sono ora impegnati nell'utilizzare i dati ottenuti per identificare mutazioni o cambiamenti epigenetici responsabili delle alterazioni di espressione genica e dello squilibrio neuronale osservati nello studio. Secondo Vaccarino, "questo studio mostra l'importanza di usare cellule umane in un modo che potrebbe portare a una migliore comprensione della fisiopatologia dell'autismo e dunque a trattamenti migliori".
 
 
 
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