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Aspetti delicati della medicina riproduttiva
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Articolo di Redazione
30 agosto 2011 11:31
 
Dalle stelle alle stalle: tra questi due estremi si dipanano gli umori delle coppie che si sottopongono a fecondazione medicalmente assistita. Capita spesso che il trattamento ormonale, la fecondazione in vitro e l'inserimento dell'embrione nell'utero non sfocino nella tanto agognata gravidanza; ne consegue uno stress emotivo superiore alle pur impegnative procedure mediche.
Molte donne non sarebbero adeguatamente preparate ad affrontare questo percorso da ottovolante, come mostra uno studio dell'Università Ruhr di Bochum (Home Reproduction, online). L'équipe di Oliver Rauprich ha interpellato circa 1600 pazienti -il 90% donne-, cui è stato chiesto d'indicare, in una scala da 1 (molto bene) a 6 (molto male), come erano stati consigliati nell'iter tentato per soddisfare il desiderio d'avere un figlio. Dal questionario ditribuito in 18 centri di fertilità tedeschi e nei forum di discussione in Internet emerge che i medici spiegano bene ciò che hanno imparato -i rischi fisici, le probabilità di successo e i costi-, ma non il peso emotivo che un trattamento di quel genere comporta, né suggeriscono con convinzione una consulenza sociopsicologica indipendente.
Eppure la sofferenza emotiva è forte e incide sui rapporti di coppia e le relazioni con parenti e amici, giacché lo scopo da conseguire fa scivolare tutto il resto in secondo piano. E anche se rischiano di perdere il controllo della situazione, è raro che gli interessati decidano d'interrompere il trattamento. Consulenti e medici interrogati per lo studio di Bochum sostengono che le aspettative dei pazienti sono spesso eccessive e difficili da sopportare per loro. Ciò nonostante i medici si peritano di consigliare d'interrompere il tentativo, vuoi per una forma intrinseca di narcisismo, vuoi perché la coppia non sente ragioni e si rivolgerebbe comunque altrove.
Rauprich suggerisce una consulenza obbligatoria per facilitare l'uscita da una fecondazione assistita poco promettente, che stabilisca a priori il momento di sospendere il trattamento. In Gran Bretagna questa consultazione è prassi, mentre in Germania è contemplata dalle linee guida ma è poco seguita. Tutto dipende dall'impegno dei medici e dalla loro preparazione, che non eccelle in questo senso, visto che la formazione sugli aspetti psicosomatici del problema è di appena 80 ore -poco più di un alibi- come lamenta qualcuno.
In conclusione: sebbene il peso emotivo di un trattamento di fecondazione assistita sia grande, normalmente viene superato. Dopo cinque anni dalla terapia, la qualità di vita della coppia è la stessa di prima, sia che abbia portato alla nascita di un figlio oppure no. Lo sostiene Sabine Zimmerling dell'Istituto di Medicina psicosomatica e di Psicoterapia della clinica universitaria di Duesseldorf.

(da un articolo di Wiebke Roegener per la Sueddeutsche Zeitung del 23.08.2011. Traduzione di Rosa a Marca)
 
 
 
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