testata ADUC
 USA - USA - Oliver Sacks e le droghe
Scarica e stampa il PDF
Notizia 
1 settembre 2015 10:27
 
"Abbiamo bisogno di speranza, di andare oltre noi stessi, di stati mentali che ci permettano di viaggiare in altri mondi, di alzarci oltre ciò che ci circonda.
Potremmo cercare anche di sciogliere le inibizioni per entrare più facilmente in contatto con gli altri, e andare alla ricerca di una vacanza da noi stessi e dalle nostre restrizioni. Ci sono molti modi per raggiungere la trascendenza e le droghe offrono una scorciatoia: promettono la trascendenza a richiesta".
L'attacco di un articolo scritto da Oliver Sacks per il New Yorker, tre anni fa, sembra il suo testamento, quello di un neurologo che ha studiato gli stati alterati della coscienza umana, spingendosi in prima persona fino agli estremi, con azzardate sperimentazioni psicotrope, e immedesimandosi come nessun altro nei pazienti. Sacks è morto ieri, a 82 anni, lasciando in eredità molti saggi, incentrati su persone con disturbi neurologici, come 'Risvegli' (portato al cinema da Penny Marshall, con protagonisti Robin Williams e Robert De Niro), 'Emicrania' e 'L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello', in cui raccontò di un uomo affetto da agnosia, un disturbo della percezione che comporta l'incapacità di riconoscere o distinguere oggetti, persone, forme.
Nell'articolo, "Stati alterati", Sacks raccontò le proprie esperienze con le droghe. "Molti le provano da adolescenti o negli anni dell'università. Io le ho provate quando ormai ero trentenne, e già un neurologo. Questa lunga verginità non era stata dovuta a una mancanza di interesse: avevo letto a scuola i grandi classici come 'Le confessioni di un mangiatore d'oppio' di Thomas De Quincey e 'I paradisi artificiali' di Charles Baudelaire", delle esperienze con l'hashish del poeta Théophile Gautier e, in seguito, di quelle con la mescalina di scrittori come Aldous Huxley, autore del saggio 'Le porte della percezione', che paragonò le esperienze con le sostanze psichedeliche a quelle di grandi visionari e artisti, ma anche a quelle degli schizofrenici, perché genio e pazzia si trovano, per l'autore, negli stati mentali estremi.
Dopo un'esperienza irrilevante (per la quantità) con l'Lsd - poi approfondita - e, anni dopo, con una canna - un'esperienza tra il neurologico e il divino - Sacks sviluppò sempre di più la curiosità di scoprire l'uso e gli effetti di droghe che venivano somministrate ai malati, come l'Artane, un farmaco indicato per il trattamento del morbo di Parkinson, che può provocare deliri, se assunto in dosi massicce. L'esperienza - con venti pasticche - fu deludente: "Non sapevo cosa aspettarmi, ma mi aspettavo qualcosa". Poi, lo andarono a trovare a casa due amici, Jim e Kathy, con cui si mise a chiacchierare piacevolmente, mentre preparava la colazione. Per poi scoprire, una volta pronte le uova, che i suoi amici non erano lì, non lo erano mai stati. "Non ci avevo pensato nemmeno per un'istante che le loro voci, la loro presenza, potessero essere non reali, delle allucinazioni". L'intera conversazione, le voci, i rumori erano stati inventati dal suo cervello. "Non fui solo scioccato, ma anche spaventato. Con l'Lsd e altre droghe sapevo cosa accadeva. Il mondo sembra diverso, è un'esperienza estrema e speciale. Ma la mia conversazione con Jim e Kathy non aveva niente di speciale, era banale e nulla che la facesse sembrare un'allucinazione. Ho pensato alle esperienze degli schizofrenici con le loro 'voci', ma solitamente queste accusano e deridono, non parlano di uova, prosciutto e delle condizioni meteorologiche". Sacks non sapeva ancora che era solo l'inizio. Dopo la banale conversazione sulle uova con gli amici, fu la volta dei genitori, in visita a sorpresa da Londra, in arrivo su un elicottero pronto per l'atterraggio a pochi passi da casa. In quei pochi minuti che lo separavano dall'abbraccio con i genitori, Sacks andò velocemente a farsi una doccia, per poi accorgersi, una volta corso fuori, che non c'era niente, e nessuno.
Tornato in casa, la sua attenzione fu attratta da un ragno, che lo salutò con un "Hello!". "Non mi sembrò per niente strano che un ragno mi dicesse 'ciao' e io, ricambiato il saluto, cominciai a conversare con lui di filosofia analitica", di Bertrand Russell e del paradosso di Frege. Durante la settimana, nei giorni lavorativi, Sacks evitava le droghe. Era affascinato dalle esperienze neurologiche dei pazienti, ma capiva che non poteva comprenderle fino in fondo, se non cercando di descriverle e trascriverle. Nei weekend, invece, faceva spesso uso di droghe. Un uso che diventò sempre più frequente negli anni successivi, che varcò i confini del fine settimana. Sacks decise di provare la morfina, iniettandosela nelle vene. Entro un minuto, la sua vestaglia, appesa alla porta, diventò la scena di una battaglia molto dettagliata, con cavalli, soldati, armature. Aveva abbandonato Londra e il 1965 e si trovava a Agincourt, nel 1415, di fronte alla battaglia tra inglesi e francesi, durante la Guerra dei cent'anni. "Non avevo il senso che stessi immaginando quelle cose, che fossero allucinazioni; quello che vedevo era reale". Pochi attimi e l'effetto della morfina terminò; questa, almeno, era stata l'impressione. "Mi ero iniettato la morfina alle nove e mezza di sera, l'orologio segnava le dieci. Ma c'era qualcosa di strano: fuori c'era più luce. Poi realizzai che erano le dieci del mattino: ero stato ad Agincourt per oltre 12 ore". Sacks non si tirò indietro e continuò a fare nuove esperienze. Un giorno, entrò in un bar per ordinare un caffè e un panino. "Il caffè diventò verde, poi viola. Alzai la testa e vidi un cliente con una lunga proboscide, come quella di un elefante marino. Scappai di corsa e presi un autobus. Tutti i passeggeri avevano delle teste bianche, lisce, come gigantesche uova. Realizzai quello che stava succedendo e sapevo che dovevo mantenere almeno un apparente controllo. Il modo migliore, pensai, era quello di scrivere, di descrivere le allucinazioni in modo chiaro, diventandone un osservatore". Il problema, per Sacks, non era quello di aver assunto sostanze stupefacenti, ma quello di aver smesso, dopo aver assunto massicce dosi di idrato di cloralio. Poi, Sacks cominciò a fare uso di anfetamine, stimolando emozioni e immaginazione, ma provando anche tutte le fasi negative. Finché, una volta, smaltito l'effetto, conservò uno stato di illuminazione e di profonda comprensione; aveva avuto una sorta di rivelazione sull'emicrania. "Cominciai a scrivere un libro. La gioia che provavo era reale - scrisse nella conclusione dell'articolo - e non presi mai più le anfetamine". 
 
 
NOTIZIE IN EVIDENZA
 
ADUC - Associazione Utenti e Consumatori APS