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 ITALIA - ITALIA - Eluana Englaro, i giudici: sia fatta la sua volonta'
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Notizia 
9 luglio 2008 0:00
 
Il padre di Eluana Englaro, la donna che dal 18 gennaio 1992 vive in coma permanente dopo un incidente stradale, è stato autorizzato dai giudici della Corte d'Appello civile di Milano a interrompere il trattamento di alimentazione e idratazione forzato che tiene in vita la figlia. La decisione dei giudici arriva a nove anni dalla prima richiesta di Beppino Englaro che già nel 1999 aveva chiesto la sospensione del trattamento. Eluana si trova in stato di coma vegetativo dal 18 gennaio del 1992 in seguito ad un incidente.
Il provvedimento e' immediatamente efficace, secondo quanto appreso da fonti giudiziarie, e puo' essere attuato. Spettera' pero' alla sensibilita' del tutore di Eluana, cioe' il padre Beppino Englaro, e del curatore speciale, l'avvocato Franca Alessi, attendere il termine di legge - 60 giorni - per l'eventuale impugnazione in Cassazione.
'Ha vinto lo stato di diritto'. E' questo il primo commento del padre.
La sentenza della Corte d'Appello di Milano  "e' chiara, rispetta correttamente il pronunciamento della Cassazione" e soprattutto "non si presta ad alcun rischio di deriva eutanasica o di polemiche". E' il parere di Vittorio Angiolini, legale della famiglia Englaro, che sottolinea interpellato dall'Agi come il pronunciamento di oggi "distingua con molta precisione tra il caso di Eluana e l'eutanasia. E' diverso sospendere un trattamento invasivo, e come tale gia' riconosciuto come rifiutabile dal paziente, rispetto ad agire o omettere azioni che portano qualcuno alla morte". Una distinzione "di sostanza": chi polemizza su questo, secondo il legale, "rende un cattivo servizio a una causa giusta. E' paradossale che venga riconosciuto il diritto di rifiutare un trattamento medico a tutti tranne che a chi non puo' rifiutarsi proprio perche' in stato vegetativo. Una persona che va comunque tutelata nei suoi diritti". Una sentenza chiara, dunque, "che non presenta alcun rischio di fraintendimenti o di derive". La famiglia ora la mettera' in atto, seguendo le indicazioni contenute nella stessa sentenza. "Sanno gia' benissimo come agire dove farlo e con quali medici farlo. Ora diventa un fatto privato, un dramma su cui e' bene non interferire".   

GIUDICI: SIA FATTA LA SUA VOLONTA' - I giudici prendono in considerazione anche la sua sfera religiosa. "Alla luce del quadro personologico di Eluana - si legge nel provvedimento - emerso in sede istruttoria, e dunque al cospetto della sua indipendenza di giudizio e insofferenza verso qualunque imposizione esterna, anche di tipo religioso, sembra ragionevole escludere che, se anche fosse stato comprovato un preciso orientamento della Chiesta cattolica sul tema in oggetto, esso avrebbe potuto costituire efficace controindicazione ad una presumibile scelta di Eluana orientata al rifiuto di tale trattamento". I giudici fanno poi riferimento alle testimonianze del padre di Eluana, Bettino Englaro, dalla quale emerge che "Eluana non è mai stata di fatto una cattolica praticante e che, al di là della sua intima religiosità, è stata sempre critica verso qualunque richiesta istituzionale di adesioni a pratiche o ideologie che fosse basata sul puro e semplice principio di autorità". I giudici rilevano poi che per dimostrare "il modo del tutto soggettivo e libero di interpretare il sentimento religioso da parte di Eluana" è la testimonianza di un'amica, Laura Portaluppi, che raccontava come la ragazza avesse acceso un cero in chiesa per chiedere come grazia che un suo amico in coma potesse morire.

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COMMENTI

"Sono soddisfatta della decisione dei giudici della Corte di appello di Milano. Finalmente Eluana avra' quello che ha desiderato (la giovane, prima dell'incidente stradale di cui fu vittima nel 1992, aveva espresso la volonta' di non subire accanimento terapeutico, se si fosse trovata in stato vegetativo, ndr), mentre il papa' Beppino potra' continuare la sua vita ed elaborare il suo lutto". A parlare cosi' del caso della giovane lecchese e' Mina Welby, vedova di Piergiorgio Welby, deceduto il 21 dicembre del 2006, l'uomo malato di distrofia muscolare, aiutato a morire da un medico (Mario Riccio) che interruppe la ventilazione meccanica
Mina Welby, che ha seguito da vicino, nella scorsa legislatura, l'iter in Parlamento del provvedimento sul testamento biologico, che non e' riuscito a diventare legge dello Stato, ha le idee chiare sulla vicenda di Eluana: "Ora spero solo che la politica si metta la mano sulla coscienza, poiche' non credo che tutte le volte che si solleva un caso come questo, o come quello di mio marito, debba intervenire la giustizia". Cio' di cui c'e' bisogno, osserva ancora la donna, "e' una legislazione efficace sui diritti civili della persona.
Piergiorgio- va avanti la vedova- aveva diritto di chiedere di morire, cosi' come Giovanni Nuvoli", l'uomo di Alghero malato di Sla, che aveva piu' volte invocato che fossero spente le macchine che lo tenevano in vita.
E quella di Nuvoli, ricorda Mina Welby, "fu una fine atroce, poiche' si lascio' morire di fame e di sete essendo cosciente, mentre Eluana non lo e'. Tuttavia- prevede la donna- ci saranno molti che, sicuramente, adesso si ribelleranno, pensando 'ecco, la lasciano morire di stenti'. Io dico, invece, che tutti abbiamo il diritto di non subire un accanimento terapeutico all'infinito".
Mina Welby, che e' stata anche candidata nelle fila dei Radicali alle precedenti elezioni, sollecita ancora una volta il mondo politico "a calendarizzare quanto prima una proposta di legge per introdurre la possibilita' di stilare un testamento biologico. Lo si faccia presto- chiude- ce ne e' bisogno davvero".

La Corte d'appello di Milano "ha deciso di condannare a morte di Eluana, una ragazza colpevole di essere in coma." Lo dichiara Renato Farina, deputato del Pdl, che aggiunge: "la condanna a morte sara' eseguita nel modo piu' crudele possibile: per sete e per fame. Qualcosa del genere- continua- e' accaduto in America nel 2005 per Therry Schindler Schiavo, l'orrore della cui fine disumana e' stato raccontato a suo tempo da Oriana Fallaci sul Corriere della Sera. Per ragioni umanitarie si finisce per accedere alla barbarie. Ma almeno negli Usa la condanna capitale e' consentita, da noi no". "C'e' un'altra questione- conclude Farina- chi ha assegnato ai giudici di qualunque Tribunale una simile potesta'? Se c'e' una legge che consente un simile scempio, tocca alla politica cambiarla. Intanto intervenga il presidente Napolitano, e conceda la grazia ad Eluana."

La sentenza della Corte d'Appello civile? E' di un livello di crudelta' inaudito, il peggiore della specie animale, meglio sarebbe stata una siringa o la sedia elettrica. E' la secca risposta del genetista Bruno Dallapiccola alla sentenza con cui e' stata autorizzato lo stop all'alimentazione forzata per Eluana Englaro in coma dal 1992 dopo un incidente stradale. "Vorrei ricordare la morte atroce che subi' Therry Schiavo dopo la sospensione dell'alimentazione - avverte Dallapiccola che e' anche presidente di 'Scienza e Vita' - non e' che sospesa l'alimentazione e l'idratazione arriva la morte immediata: per questo la sentenza e' di un livello inaudito di crudelta'". Poi aggiunge "il peggiore della specie animale: sarebbe stato piu' civile l'impiego - conclude Dallapiccola - di una siringa oppure della sedia elettrica piuttosto che una morte lenta e queste cose le dico da medico".

"Una decisione abnorme, un pericolosissimo precedente. I giudici di Milano, autorizzando la soppressione di Eluana Englaro, aprono scenari inquietanti ed imprevedibili nel nostro Paese. Comprendiamo lo strazio del padre e della famiglia di Eluana, ma allo stesso tempo siamo estremamente preoccupati per le drammatiche conseguenze che questa sentenza potrebbe provocare". Commenta cosi' Isabella Bertolini, deputata del Popolo della liberta'. In Italia, osserva la parlamentare, "pare che vi sia una parte della magistratura molto impegnata ad affermare la cultura della morte. Molto spesso- va avanti- ci troviamo davanti a pronunciamenti che, di fatto, servono per introdurre surrettiziamente nel nostro ordinamento l'eutanasia ed il testamento biologico". "Noi- prosegue Bertolini- siamo decisamente contrari e consideriamo questa 'cultura' aberrante ed indegna di un Paese civile. Combattiamo da sempre, con forza e determinazione in Parlamento e nella societa', per affermare il diritto alla vita, dal concepimento fino alla morte naturale. Alla luce di tale sentenza- chiude l'esponente del centrodestra- bisognera' ragionare sull'opportunita' di intervenire prontamente per frenare questa deriva pericolosissima."

'E' incredibile che ci siano voluti almeno nove anni e almeno sette gradi di giudizio (per ben due volte si e' arrivati in Cassazione) per affermare un diritto, quello alla libera scelta dei trattamenti sanitari, sancito dall'articolo 32 della Costituzione'. Lo ha affermato Donatella Poretti, parlamentare radicale. 'Niente - ha aggiunto - potra' far dimenticare l'assurdo calvario giudiziario imposto alla famiglia Englaro, proprio quando viveva al suo interno una delle piu' tragiche perdite che si possano immaginare'. 'Grazie al coraggio e alla determinazione di Beppino Englaro, ma anche alle battaglie di Piergiorgio Welby e Giovanni Nuvoli - ha concluso - oggi abbiamo fatto un enorme passo verso il rispetto del dettato costituzionale e dei diritti civili. Per quanto mi riguarda, in commissione Sanita' del Senato, continuero' la mia battaglia per l'approvazione di una legge sul testamento biologico, affinche' nessun altro sia costretto a subire il trattamento indegno ed umiliante riservato ad Eluana Englaro'.

'Si tratta di una decisione di buon senso'. Con queste parole Marco Cappato segretario dell'Associazione Luca Coscioni ha commentato la sentenza. 'I giudici del caso Englaro hanno dimostrato rispetto - afferma Cappato - oltre che della Costituzione, sia della storia e del vissuto di Beppino Englaro che di quella di Eluana. E' tempo che il corpo di Eluana, trattato come un oggetto da una politica ottusa e ideologica sia dissequestrato e restituito alla volonta' da lei espressa'.

E' critico sulla decisione dei giudici sul caso Englaro il centro di bioetica dell'universita' Cattolica di Roma diretto dal professor Adriano Pessina. 'L'interruzione dell'alimentazione e dell'idratazione comporteranno una lenta agonia di Eluana Englaro, colpevole soltanto di essere ancora viva - si legge in una nota - ci auguriamo che questa decisione non venga attuata e ci appelliamo, ancora una volta, al sig. Beppino Englaro affinche' permetta che Eluana continui a vivere'. 'Si deve constatare - afferma la nota - la gravita' di una simile decisione, che di fatto scardina il principio della non disponibilita' della vita umana e del dovere, proprio di ogni societa' civile, di non legittimare forme di abbandono terapeutico e assistenziale nei confronti dei propri cittadini, che non sono in grado di provvedere a loro stessi. Di fatto viene attribuito a un tutore un vero e proprio potere di vita e di morte nei confronti della persona che gli e' affidata, stravolgendo lo stesso significato della tutela. Questa decisione, inoltre, introduce un serio e grave problema deontologico nella medicina: sospendere trattamenti ordinari come quelli somministrati a un paziente in stato vegetativo a motivo di una decisione che non ha fondamento clinico, significa di fatto scardinare il dovere fondamentale del prendersi cura dei pazienti che non sono in grado di intendere e volere'.

"Non ho mai ritenuto che l'idratazione a le nutrizione potessero configurare una condizione di accanimento terapeutico nei malati in coma vegetativo". Cosi' Enzo Saraceni, presidente dell'Associazione italiana dei medici cattolici (Amci). "Mi sembra pertanto- sottolinea- che la decisione della Corte d'appello di Milano, di cui pure bisognera' leggere con attenzione la motivazione, vada oltre ogni orientamento giustamente favorevole all' autodeterminazione del paziente e dei suoi familiari nelle condizioni irreversibili di fine vita e introduca un precedente pericoloso a favore della pratica dell'eutanasia".

Dichiarazione di Giampietro Sestini, segretario "LiberaUscita":

E' dal 18 gennaio 1992, da quando è stata coinvolta in un incidente stradale, che Eluana giace in una clinica di Lecco, alimentata con un sondino nasogastrico, paralizzata, incosciente, muta, praticamente morta, ininterrottamente e inutilmente torturata per seimiladiciotto giorni, proprio lei che, avendo vissuto un caso analogo accaduto ad un suo amico sciatore, si era pronunciata contro tale accanimento terapeutico, peraltro vietato dalla Costituzione.
Per tutto questo tempo suo padre Beppino si è battuto con dignità e con determinazione per ottenere il riconoscimento del diritto di sua figlia ad interrompere la tortura alla quale era sottoposta, rifiutandosi sempre di tentare scorciatoie all'italiana.
Oggi finalmente, dopo la storica sentenza della Corte di Cassazione che ha accolto l'ultimo degli otto ricorsi da lui presentati disponendo che "il giudice può autorizzare la disattivazione" del sondino previo accertamento della volontà del paziente, la Corte d'Appello di Milano ha posto fine alla dolorosa vicenda.
"LiberaUscita", associazione per la legalizzazione del testamento biologico e la depenalizzazione dell'eutanasia, ritiene che un ulteriore passo verso il riconoscimento giuridico del principio della autodeterminazione sia stato compiuto. In un paese civile, sarebbe peraltro logico che in casi del genere si riconoscesse - contestualmente al distacco del sondino alimentatore - il diritto ad una morte dignitosa, senza attendere che sopravvenga dopo diversi giorni la cosiddetta "morte naturale".
Anche per questo "LiberaUscita" continuerà la sua battaglia di civiltà e di libertà, insieme ai cittadini che vorranno sostenerla.

"La decisione del Tribunale Civile di Milano e' rilevante e giusta. Il padre di Eluana ha lottato per sedici anni contro tutto e contro tutti per rispettare le volonta' della figlia, che finalmente saranno accolte". E' questo il commento di Ignazio Marino, medico e capogruppo del Pd in commissione Sanita' al Senato, che nella scorsa legislatura si e' impegnato per introdurre anche in Italia una legge sul testamento biologico. L'alimentazione artificiale, spiega Marino, "e' un mezzo straordinario che esiste da poche decine di anni e oggi si associa a tutte le altre terapie a cui viene sottoposta una persona in stato vegetativo permanente. Si tratta di una condizione in cui non vi e' piu' nessuna ragionevole possibilita' di recupero dell'integrita' intellettiva a causa di un grave danno cerebrale". Per l'esponente del partito Democratico, quindi, "mantenere pazienti perennemente incoscienti liberi da infezioni, dal rischio di embolie polmonari, da decubiti, da alterazioni metaboliche che possono causarne la morte, implica uno sforzo straordinario dal punto di vista dell'intervento medico e delle tecnologie utilizzate". Uno sforzo, aggiunge Marino, "che non porta pero' ad alcun miglioramento delle condizioni di salute". Perche' "la sospensione di tutti questi atti implica inevitabilmente la fine della vita, ma si tratta di una fine naturale. Si tratta di non accanirsi piu', di non prolungare l'agonia, di accettare che non c'e' piu' nulla da fare. Ed e' cosa sostanzialmente diversa dal procurare volontariamente la morte attraverso l'iniezione di un farmaco letale".
La sentenza di oggi, continua Ignazio Marino, "riflette cio' che viene sancito nell'articolo 32 della Costituzione e anche nella Convenzione di Oviedo sulla biomedicina". Per l'ex presidente della commissione Sanita' di palazzo Madama "e' una sentenza rigorosa che pone fine ad un vero e proprio calvario ma testimonia ancora una volta la carenza di una legislazione che regoli la materia nel nostro paese". Negli ultimi anni, infatti, spiega ancora Marino, "sono stati i tribunali a prendere le decisioni piu' delicate nell'interesse dei cittadini. Non mi pare che si possa e che si debba proseguire cosi'. Io sono convinto, e lo ribadisco con forza, che serve una legge sul testamento biologico che permetta ad ognuno di indicare, soltanto se lo vuole, le proprie volonta' sulle terapie che ritiene accettabili se un giorno si trovera' nella condizione di non potersi piu' esprimere".
Mi auguro, conclude l'esponente del Pd, "che questa maggioranza sia d'accordo con me e che si possa riprendere a discutere con serieta', rigore e pacatezza di questo tema al piu' presto in Parlamento".

"Amarezza e stupore" sono espressi dall'Associazione "Scienza e Vita". Cosi', spiega una nota, "si legittima l'uccisione di un essere umano privandolo delle cose piu' elementari: l'alimentazione e l'idratazione. La societa' dei sani ha deciso di non prendersi cura di un essere umano in condizioni di grandissima fragilita' e dipendenza, condannandolo ad una morte atroce per fame e per sete". Quanto al dato di fatto della richiesta ripetutamente avanzata dal padre di Eluana "dobbiamo chiederci - si legge nel testo - cosa non e' stato fatto in termini di cura e di sostegno ad una famiglia, che, come tante altre, si trova a dover fronteggiare una situazione ingestibile o per la quale la solitudine e la disperazione sono cattive consigliere". Secondo "Scienza e Vita" invece "fino a quando c'e' vita biologica, quella e' sempre e comunque una vita personale, espressione di una dignita' che interpella in modo forte le coscienze e la responsabilita' di tutti". Il rischio ora, conclude la nota, e' quello di "una pericolosa deriva culturale: che si consideri come criterio fondamentale l'esercizio dell'autonomia, anche laddove questa non possa piu' essere esercitata. E che, in nome di questa falsa autonomia, si metta in gioco anche quel rispetto per la dignita' umana che proprio nella vita fisica trova la sua ragion d'essere".    

"Ho accolto questa sentenza con grande gioia, anche se certamente provo tristezza". E' il commento a caldo di Demetrio Neri, Ordinario di Bioetica all'Università di Messina e Membro del Comitato Nazionale per la Bioetica sentito da Apcom.  "Con gioia - aggiunge Neri - perche' dalle testimonianze che ho potuto esaminare e parlando anche con il padre di Eluana, so che la ragazza aveva effettivamente espresso il desiderio, quando era in vita, di non essere tenuta in queste condizioni". Secondo Neri a questo punto il problema era superare incertezze di ordine scientifico e giuridico. "Ma 16 anni di stato vegetativo persistente - sottolinea - da un punto di vista scientifico vanno oltre ogni limite immaginabile, perche', solitamente, la comunità scientifica dopo due anni dichiara la persistenza del caso senza nessuna possibilità di recupero".  Un provvedimento importante, "per il quale mi batto da anni e che non mancherà di sollevare discussioni - ha detto Neri - e che, probabilmente, aiuterà a elevare il livello del dibattito bioetica in Italia sulle tematiche di fine vita. Mi rendo conto - puntualizza - che c'e' chi affronta queste tematiche da un punto di vista assolutamente ideologico, un'ottica che punta esclusivamente a salvare i principi della bioetica, qualunque cosa possa, poi, succedere alle persone che sono coinvolte. E' una bioetica che io non condivido, che non pratico e che anzi considero l'esatto contrario della bioetica".  Quanto all'ipotesi che i medici dell'Ospedale di Leggo si oppongano al provvedimento praticando l'obiezione di coscienza, secondo Neri è un'ipotesi incomprensibile. "Non riesco neppure a discutere di un'ipotesi del genere - ha chiosato - a meno che non mi si portino delle ragioni. Perch, possiamo spegnere il respiratore artificiale e non l'alimentazione, dato che la respirazione è il primo sostegno della vita, mentre l'alimentazione viene dopo? Dire sí allo spegnimento del respiratore artificiale e dire no all'alimentazione mi sembra un'assurdità".    

Fa molto discutere il mondo scientifico e medico, la sentenza della Corte d'Appello Civile di Milano sullo stop all'alimentazione forzata di Eluana Englaro. Cosi' se il vice-Presidente del Cnb, Comitato Nazionale di Bioetica, Luca Marini esorta "fatte salve le opinioni di ognuno" a "non strumentalizzare" la decisione "anche dai media in senso politico e semantico", il direttore del Dipartimento Scienze Chirurgiche dell'Universita' 'La Sapienza' di Roma, Adriano Redler, ritiene improcastinabile l'istituzione del "testamento biologico che chiarisca e definisca le linee di un corretto comportamento sanitario: e non l'accanimento terapeutico". La questione non puo' insomma "esser affidata alle sentenze della magistratura", avverte Redler. "A nessuno, credo, piaccia vivere allo stato vegetativo - aggiunge - pero' neanche si puo' chiedere al medico di sospendere le cure: la questione e' piu' di ordine morale che sanitario, per cui serve quel testamento biologico con cui ciascuno esprime le sue volonta'", conclude il chirurgo romano. E' infatti evidente che "il pubblico non specialistico non dispone ancora - dice Marini - di informazioni chiare sulla definizione di 'stato vegetativo'. E' pur vero che la decisione dell'autorita' giudiziaria deve indurre a riflettere sull'evoluzione della morale comune". La decisione, tuttavia, "non scioglie alcuni nodi etici, con riferimento al ruolo del tutore e del curatore speciale - spiega Marini - soprattutto nell'eventualita' di un ricorso presso la Corte di Cassazione o dell'espressione di possibili obiezioni di coscienza". Infine, "occorre prender atto che il caso - conclude Marini - costituira' un significativo precedente pure per quanto riguarda gli sviluppi del dibattito legislativo sul testamento biologico".   

Una "lesione inaccettabile dei principi posti a tutela della vita umana". Cosi' il sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano. "Nel doveroso rispetto per lo strazio che ha colpito i congiunti di Eluana - rileva Mantovano in una nota - c'e' da essere sgomenti di fronte alla prospettiva che sia sospesa la somministrazione degli alimenti a una persona in stato di incoscienza, determinandone cosi' volontariamente la morte". Nella vicenda che riguarda Eluana, secondo il sottosegretario, "sono stati scavalcati i limiti che in passato gli stessi sostenitori dell'eutanasia avevano indicato come insuperabili: Eluana non viene tenuta in vita mediante cure mediche che possano essere qualificate come 'accanimento terapeutico', ma solo mediante la somministrazione di alimenti, la cui interruzione determinera' la morte per inedia". Eluana, ricorda Mantovano, "non ha lasciato un 'testamento biologico', e l'ipotesi che possa preferire la morte al suo attuale stato di vita privo di coscienza si fonda su mere supposizioni" e la cura con cui "le strutture sanitarie tengono in vita persone in gravi difficolta' - continua l'esponente dei Governo - non costituisce imposizione di 'un assurdo calvario', come ha sciaguratamente affermato qualcuno esprime invece il rispetto per il valore della vita". Per questo, conclude Mantovano, "nessuno puo' comprendere fino in fondo il dolore dei familiari, ma la sentenza della Corte di Cassazione e la decisioni della Corte d'Appello hanno scavalcato il Parlamento ed aperto una via, certamente dal punto di vista della struttura sanitaria piu' comoda e meno costosa: la soppressione del paziente".    

"La decisione dei giudici della Corte d'Appello civile di Milano di autorizzare, in qualita' di tutore, il padre di Eluana Englaro in coma irreversibile da 16 anni, a interrompere l'alimentazione e l'idratazione che le permette di vivere e' gravissima". E' il commento della senatrice Laura Bianconi vicepresidente dei senatori del Pdl che si e' sempre battuta per il rispetto della vita umana. "Pur comprendendo l'angoscia che vivono da anni i genitori di Eluana nel vedere una figlia in questo stato non si puo' pensare che il diritto alla vita - sostiene la senatrice -rientri tra quelli di cui possono disporre altri, tanto meno i giudici con una sentenza. Questo e' un esempio palese di quello che accadrebbe con il testamento biologico dove ad un terzo verrebbe attribuito il diritto di decidere se dobbiamo smettere di vivere - e continua - ecco perche' sostengo da sempre che non si puo' aprire questa porta legislativa ma e' necessario aumentare in tutti i modi possibili forme di assistenza e sostegno a questi malati e alle loro famiglie, anche attraverso le cure palliative, invece di legittimare forme di vero e proprio abbandono terapeutico come in questo caso".   

'La decisione della Corte d'Appello di Milano mi lascia perplesso e annichilito, ma soprattutto allarmato perche' non puo' essere la magistratura a decidere cio' che e' di stretta competenza dei medici e di un collegio di medici, surclassando cosi' anche il Parlamento Italiano'. E' quanto afferma Domenico Di Virgilio (Pdl) in merito alla decisione della Corte d'appello di Milano. 'Infatti - evidenzia Di Virgilio - sebbene la discussione parlamentare sulle dichiarazioni anticipate di trattamento sia ancora in fase embrionale, i giudici, di fatto, hanno gia' stabilito che esse sono gia' operanti e che non devono neanche essere state prodotte per iscritto, ma possono essere ricostruite sulla base delle nostre conoscenze dei desideri e delle aspettative che il paziente avrebbe potuto avere in quella condizione. Cio' e' molto rischioso anche perche' un simile discorso puo' coinvolgere anche i dementi in fase avanzata, ben piu' numerosi dei pazienti in Stato vegetativo, che certamente sono irreversibili nella loro condizione'.    

Un paese civile deve disporre della legge sul testamento biologico che stabilisce e definisce la volonta' esatta di ciascuno rispetto alla vita e la sua qualita'. E' l'opinione sulla decisione dei giudici di sospendere per Eluana Englaro, in coma irreversibile dal 1992, l'alimentazione forzata, del neurofisiologo e direttore scientifico dell'Ebri, l'Istituto Europeo di Ricerca sul Cervello fondato da Rita Levi Montalcini, Piergiorgio Strata. "Bisogna far presto la legge sul testamento biologico", dice Strata per il quale "se tutte le analisi e gli accertamenti che oggi si possono fare appurano la morte cerebrale, non ha alcun senso la vita vegetativa in quanto - conclude - a quel punto non ci sono possibilita' di recupero".    

"Comprendiamo il dolore del padre di Eluana Englaro e lo condividiamo piú profondamente di molti che oggi esultano per la decisione dei giudici della Corte di appello di Milano di concedergli il diritto di por fine alla vita di sua figlia. Comprendiamo e condividiamo il dolore, ma non possiamo accettare la decisione disperata cui questo dolore lo porta. Chi puó decidere quale vita sia degna di essere vissuta e quale no?". Lo afferma Rocco Buttiglione, presidente dell'Udc.  "Non comprendiamo e non condividiamo invece la scelta dei giudici di Milano che pongono il loro arbitrio personale al di sopra della legge e della misericordia. Che ne siano consapevoli o no, essi aprono il cammino a lutti e dolori senza fine e a una grave disumanizzazione della nostra società. Piú che una legge sul testamento biologico serve in Italia una legge che tuteli il diritto alla vita, ormai non solo di chi non è nato ma anche di tutti coloro che non sono in grado di far sentire la propria voce", conclude.    

"La sentenza dei giudici di Milano e' un fatto importante induce ad una seria riflessione. E' necessario che il Parlamento riprenda al piu' presto la discussione sul testamento biologico che era stata avviata nella scorsa legislatura". Cosi' Tommaso Pellegrino, capogruppo dei Verdi in commissioni affari sociali-sanita' nella scorsa legislatura e primo firmatario della proposta di legge sul testamento biologico, ha commentato la sentenza che ha autorizzata i genitori di Eluana Englaro a interrompere il trattamento di alimentazione forzata. "Nei casi di irreversibilita' e di estrema sofferenza e' necessario che ci sia la liberta' di scelta dell'individuo senza nessun genere di imposizione ne' in un senso che in un altro- chiude Pellegrino-. Si tratta di un principio di civilta' che il legislatore non puo' ignorare".    

"Credo che dobbiamo tutti riflettere con molta attenzione sulla sentenza del tribunale civile di Milano che oggi ha autorizzato il padre di Eluana Englaro a sospendere il trattamento di alimentazione e idratazione forzato che teneva in vita la figlia". Lo dichiara Anna Finocchiaro del Pd. " Io - prosegue - considero questa sentenza assolutamente rigorosa e rispettosa di cio' che sanciscono l'articolo 32 della nostra Costituzione e la convenzione di Oviedo sui diritti dell'uomo e la biomedicina. I giudici con la sentenza di oggi di fatto ribadiscono il diritto all'autodeterminazione del paziente in ogni fase della vita, compresa la fase in cui una persona non puo' piu' esprimersi ma si sia espressa in un certo modo in passato. Ma la sentenza di oggi ci grida forte, tuttavia, la necessita' di una legge che regoli la materia nel nostro paese. Non possono essere i tribunali, come spesso e' avvenuto, a prendere decisioni cosi importanti per la vita dei cittadini. Andare avanti cosi - conclude - non ha piu' senso. Serve al piu' presto una legge sul testamento biologico che permetta ad ognuno, se lo vuole, di indicare le proprie volonta' riguardo alle terapie che ritiene accettabili se un giorno si trovera' nelle condizioni di non potersi piu' esprimere. Mi sembra una scelta di civilta' a cui la politica italiana, tutta, non puo' piu' sottrarsi".    

"Appare di buon senso il provvedimento della Corte di Appello milanese che conferma la precedente decisione della Cassazione, secondo la quale il giudice puo' autorizzare il distacco della spina di un apparecchio che tiene in vita un paziente in coma, quando tale istanza sia realmente espressiva della voce del rappresentato prima di cadere in stato di incoscienza, e quando la condizione di stato vegetativo sia irreversibile secondo gli standard scientifici riconosciuti a livello internazionale". A sostenerlo e' Massimo Cozza, segretario nazionale Fp Cgil Medici, secondo cui, pero', "non basta: adesso- prosegue, infatti- per i medici c'e' bisogno di norme sulle problematiche della fine della vita, a partire dal testamento biologico, che consentano il rispetto della volonta' dei pazienti, anche quando non sono piu' nelle condizioni di esprimere il proprio consenso alle terapie". Per il sindacalista il medico "non puo' e non deve essere obbligato alla nutrizione e alla idratazione artificiale quando c'e', o c'e' stato, un rifiuto consapevole del paziente. Peraltro- aggiunge- i medici, per il codice deontologico, devono astenersi dall'ostinazione in trattamenti diagnostici e terapeutici da cui non si possa fondatamente attendere un beneficio per la salute del malato e/o un miglioramento della qualita' della vita. E- chiude Cozza- porre fine a simili trattamenti, non si puo' e non si deve configurare come eutanasia, cosi' come gia' giustamente riconosciuto nel caso Welby".    

"La sentenza dei giudici di Milano si basa sulla legge che riconosce al tutore il dovere di rispettare la dignita' e la volonta' della persona che vi e' stata affidata. Meglio evitare di difendere i propri principi dal punto di vista ideologico morale sul corpo gia' straziato da sedici anni di coma di Eluana Englaro. Prendere atto che gli interventi richiesti per mantenerla in vita protratti per lunghissimi anni potrebbero anche configurare una forma di accanimento terapeutico per la mancanza di norme e linee guida sul fine vita. Guardiamo con rispetto alla sofferenza dei genitori di Eluana e alle difficolta' dei medici e del personale sanitario che da soli hanno dovuto affrontare uno dei casi piu' difficili di questi anni, frutto della discrasia tra l'innovazione scientifica e tecnologica e la finitudine umana. Non possiamo imputare ai giudici di aver applicato la legge in mancanza di una normativa specifica sul testamento biologico e sul fine vita. Per questo bisogna che la politica si assuma la responsabilita' di riprendere nell'aula del Senato il dibattito sulla legge del testamento interrotto dalla fine del Governo Prodi". Lo dichiara la senatrice del Pd Fiorenza Bassoli.   

"Non è giusto che vengano rimesse ai giudici decisioni cosí complesse e delicate: è indispensabile che il Parlamento riprenda la discussione e finalmente approvi, con la piú ampia intesa possibile, una legge sul testamento biologico. Ma l'errore piú grave in cui non bisogna incorrere è quello di prendere a pretesto vicende cosí dolorose, per strumentalizzazioni di tipo politico". Lo afferma il vicepresidente della Commissione Sanità al Senato, Daniele Bosone, che sottolinea: "Ogni vita merita il massimo rispetto, dal concepimento fino alla fine e mi preoccupa una certa cultura della morte che viene contrabbandata come difesa dei diritti individuali". "Non si possono equiparare tutti i casi di coma - prosegue l'esponente del Pd - che vanno invece trattati con molta attenzione e prudenza uno ad uno: c'è necessità di una norma legislativa che lasci spazio alla valutazione medica dei singoli casi, oltre che a quanto espresso dal fiduciario del paziente privo di volontà. È difficile infatti stabilire con una norma generale dove arriva l'abbandono terapeutico e dove inizia l'accanimento e per fare ció occorre grande consenso per una materia che non puó e non deve essere terreno di confronto ideologico".    

'E' chiaro che la lunga lotta di un padre e di una famiglia per far vivere questa paternita', onorandola e non facendosi complice dei secondini, oggi porta all'affermazione della civilta' giuridica umana e civile: quell'amore che noi evochiamo da sempre'. Commenta cosi', Marco Pannella, a margine di una conferenza dei Radicali a Montecitorio, la notizia dell'interruzione dell'alimentazione forzata, stabilita dai giudici, per Eluana Englaro, la ragazza che si trova da anni in coma. Questi fatti dimostrano, ha aggiunto il leader storico dei Radicali che da anni si batte per il diritto all'eutanasia per i malati terminali, che cosi' 'viene premiata la tenacia di aver atteso 16 anni'.   

"Il provvedimento della Corte di Appello di Milano sul caso Englaro e', purtroppo, l'esito prevedibile della inquietante sentenza emessa dalla Corte di Cassazione lo scorso anno. Sulla base di quel verdetto, la condanna a morte di Eluana Englaro sara' fondata sulla 'presunta volonta' della persona in stato di incoscienza alla luce dei precedenti desideri e dichiarazioni dell'interessato, ma anche sulla base dello stile e del carattere della sua vita". Lo afferma il sottosegretario Eugenia Roccella, che prosegue: "L'interruzione dell'alimentazione e dell'idratazione artificiale di Eluana quindi potra' essere eseguita ricostruendo una presunta volonta' a posteriori, senza nemmeno una dichiarazione scritta. La decisione di porre fine a una vita umana non richiede dunque nemmeno quelle cautele che riguardano le normali volonta' testamentarie su beni materiali. Vorremmo sapere com'e' possibile in questo caso parlare di libera scelta; ci chiediamo quale sia e dove sia il consenso informato di Eluana: la domanda la rivolgiamo a chi in questi anni ha fatto di 'libera scelta' e 'consenso informato' le parole d'ordine di campagne che, piu' che al testamento biologico, sembrano invece mirare all'eutanasia. Diverso era il caso di Piergiorgio Welby che, in prima persona, ha rifiutato - finche' lucido - le terapie. In questi anni, il Parlamento - con esecutivi di diverso orientamento politico - non ha legiferato in merito, ma questo non crea un vuoto legislativo, visto l'art. 32 della Costituzione che garantisce la liberta' di ricevere o rifiutare i trattamenti sanitari. Con la precedente sentenza della Cassazione, e con il provvedimento di oggi, assistiamo ad un'impressionante invadenza giudiziaria".   

"La decisione del Tribunale civile di Milano interviene con saggezza in un vuoto legislativo". Lo dice la senatrice del Pd Vittoria Franco, ministro ombra del Pd per le Pari Opportunita'. "La decisione del Tribunale civile di Milano sul caso Eluana induce alcune riflessioni. Primo: e' sbagliato metterla sui sentimenti, legati alla perdita o all'accudimento. L'unico criterio etico che deve valere e' il rispetto della dignita' della persona umana anche nella fine della vita e quando si e' in condizioni di incoscienza - sottolinea Franco -. Secondo: qualcuno continua a parlare di rischio eutanasia. In questo caso, come in molti altri, si tratta solo di accettare la fine naturale della vita senza accanimento terapeutico. È strano che il ricorso alle tecnologie mediche venga rifiutato per dare la vita, come nel caso della legge sulla fecondazione assistita, e invece ritenuto irrinunciabile per continuare ad alimentare persone in stati di lunga e irreversibile incoscienza. Terzo: non credo che si possa sostenere ancora a lungo che nel vuoto legislativo sulle questioni eticamente sensibili siano i tribunali a decidere. Ritengo - conclude la senatrice - che una legge saggia sul testamento biologico sia un modo per stabilire criteri di chiarezza giuridica e di maggiore rispetto della dignita' della persona umana".   

"Personalmente credo sia giusto che il padre di Eluana Englaro abbia avuto riconosciuto un diritto che tenacemente richiedeva per sua figlia. Dalle sue pacate dichiarazioni, dal desiderio legittimo e dignitoso di chiudersi con sua moglie nella solitudine del proprio dolore familiare, trovo quell'elaborazione di un lutto per troppo tempo rimasto bloccato. Ma questo non vale per tutti": e' quanto sottolinea da Bologna Fulvio De Nigris, direttore del Centro Studi per la ricerca sul coma "Amici di Luca" e membro della commissione ministeriale sulle cure palliative. !"Le migliaia di famiglie che combattono e lottano per un futuro di possibile risveglio (nella fase postacuta) e di benessere dei loro cari colpiti (nella fase di lungodegenza), i clinici che non riconoscono piu' lo stato vegetativo permanente ma solo persistente ci fanno capire d'altro canto - dice De Nigris - che molto ancora e' da fare nella terminologia (non esiste in letteratura 'coma irreversibile'), nell'applicazione delle buone pratiche, nella conoscenza, nella ricerca, per l'accompagnamento di chi vuole ancora esistere, di chi non perde la sua voglia di normalita' nella vita di tutti i giorni. Per questo non ci sono diritti negati, ma sono diritti di tutti. Siamo tutti cittadini di serie A qualunque sia il nostro ceto sociale, qualunque sia la nostra condizione di salute, qualunque sia l'area geografica di riferimento. L'appello da fare al nuovo Governo e' che riattivi subito la Commissione Ministeriale sugli "Stati vegetativi e sulla dignita' di fine vita" istituita dalla scorsa legislatura perche' incrementi con forza le buone pratiche, perche' utilizzi al meglio i 100 milioni di euro stanziati nella finanziaria per le Unita' di Risveglio, perche' completi il censimento dei centri di riabilitazione e le attivazioni delle Suap (Speciali Unita' di Accoglienza Permanente per gli Stati Vegetativi cronici); perche' le strutture di assistenza e di accoglienza accompagnino chi convive con la malattia, nella differenza e nel giusto auspicabile reinserimento sociale".   

"Togliere il nutrimento e l'idratazione significa porre una persona malata in una condizione di estrema sofferenza e quindi la soluzione che appare all'orizzonte e' quella di aver giustificato di fatto una azione di eutanasia". Lo afferma l'arcivescovo Rino Fisichella, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, che commenta con preoccupazione la sentenza di oggi sul caso di Eluana, una persona - rileva - che "e' ancora in vita: il coma e' una forma di vita e nessuno puo' permettersi di porre fine a una vita personale". Suscita, aggiunge l'arcivescovo, "profondo stupore, per come sia possibile che il giudice si sostituisca in una decisione come questa alla persona coinvolta, al legislatore in quanto non risulta che in Italia ancora ci sia una legislazione in proposito, e anche soprattutto ai medici che hanno competenza specifica del caso". Ne', per mons. Fisichella, ci si puo' appellare al fatto che la ragazza quando era ancora in salute avrebbe espresso la volonta' di non essere mai mantenuta in vita dalle macchine: "E' questo - spiega - un argomento strumentale, perche' nessuno puo' presentare testimonianze in proposito e qualora cio' fosse stato detto, questo non giustifica la decisione di togliere il nutrimento: tante volte in un momento di crisi ci si lascia andare a frasi di sconforto, ma non per questo un giudice puo' autorizzare un'azione di morte perche' le intenzioni si modificano nel corso del tempo e della vita, a seconda delle esperienze che vengono vissute e c'e' sempre la possibilita' di un ripensamento, di una ritrattazione". Per tutte queste ragioni, afferma il presule, la sentenza "puo' essere impugnata presso una Corte superiore che possa ragionare con maggior serenita' e meno emotivita'".    
Nella sua dichiarazione, mons. Fisichella rileva che "in Parlamento ci sono nove progetti legislativi sul testamento biologico e una sentenza come questa toglie di fatto al legislatore la possibilita' di ragionare su questi temi cosi' delicati, di riflettere in maniera il piu' possibile profonda, trovando delle soluzioni unitarie, condivise, per evitare il piu' possibile ulteriori tensioni sociali in proposito: questa - sottolinea - e' una sentenza che alla fine non permette di affrontare queste tematiche con il piu' largo respiro possibile". Da parte sua, il presidente del dicastero vaticano competente sui temi della bioetica esprime poi "profonda amarezza per come si risolvera' purtroppo una vicenda di dolore". "La vita umana - conclude - e' indisponibile: dobbiamo accettare la vita umana come un profondo mistero che si sottrae al filosofo, al magistrato, allo scienziato, al legislatore e anche al sacerdote: ognuno e' chiamato a rispettare il mistero di oggi vita e non cadere nella tentazione purtroppo oggi molto diffusa di leggere la vita soltanto in maniera utilitaristica, invece nessuno puo' stabilire quando una vita e' degna di essere vissuta".

'Prima di fare ogni considerazione sul caso di Eluana, occorre sottolineare che ci troviamo di fronte a un dramma umano che deve essere rispettato'. Il senatore del Pd Felice Casson fa questa premessa prima di difendere la sentenza del Tribunale Civile di Milano. 'E' stata una decisione - osserva il capogruppo del Pd in commissione Giustizia al Senato - sicuramente pesante e sofferta. Nel corso della passata avevamo iniziato l'esame dei ddl in materia di testamento biologico e la commissione Giustizia aveva redatto un parere tecnicamente e giuridicamente approfondito quasi all'unanimita'. Le polemiche scoppiate dopo l'ultima decisione giudiziaria confermano la necessita' di un intervento normativo, anche per evitare interpretazioni difformi e diatribe strumentali'. 'La Costituzione e le leggi italiane - sottolinea l'ex magistrato di Venezia - rispettano in maniera assoluta la volonta' della persona a conferma della sua dignita'. Nel caso di Eluana, si sono pronunciati nello stesso senso la curatrice speciale e il tutore e, ora, l'autorita' giudiziaria'. 'Non si tratta assolutamente di un caso di eutanasia. Secondo le indicazioni della magistratura si e' trattato di porre fine a una situazione di accanimento teurapeutico' conclude Casson che esprime l'augurio che 'la questione torni seriamente e rapidamente all'ordine del giorno del Parlamento'.(   

La strada scelta dai giudici di Milano che hanno autorizzato lo stop all'alimentazione forzata per Eluana Englaro e' 'serena, misurata e lontana dalle ideologie', secondo Piero Morino, il medico responsabile delle cure palliative della Asl 10A di Firenze che alcuni anni fa affermo' di aver addormentato un paziente malato terminale, senza fargli mancare le cure ma alleviandone le sofferenze delle ultime ore. 'Il vero dispiacere - ha commentato - e' verificare che il legislatore sia adesso molto indietro rispetto alla strada intrapresa dai giudici di Milano mentre il rischio e' di restare sotto scacco di estremismi ideologici'. Per Morino, che ha sempre definito le cure continue e palliative una strada lontana da quella dell'eutanasia, il valore della sentenza della Corte d'appello di Milano sta nella possibilita' di 'offrire tutte le opzioni possibili'. Chi si occupa di 'fine vita' - ha aggiunto - non puo' che essere strumento rispettoso delle scelte e non decidere per gli altri dei quali deve essere rispettata l'autonomia'.   
 
 
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