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COP21 contro il riscaldamento climatico. L'assenza dell'Italia e i giri a vuoto dell'Eni
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Comunicato di Vincenzo Donvito
3 ottobre 2016 15:06
 

  L'accordo di Parigi sul clima (COP21) siglato lo scorso dicembre e' a buon punto per essere ratificato ed entrare in vigore: il mondo dovrebbe essere impegnato a non superare il livello di riscaldamento di 2 gradi centigradi rispetto ai livelli preinsdustriali. Diversi Paesi vi hanno gia' provveduto, inclusi i giganti Cina, Usa, India e Unione Europea (che decide di per se' lasciando poi ogni singolo Stato perche' faccia altrettanto). Ma mentre il numero minimo di Stati che vi devono aderire e' stato raggiunto (55 su 195 che erano al summit di Parigi), non si e' ancora arrivati a quel 55% di inquinamento che i singoli Paesi tutti insieme dovrebbero raggiungere (ognuno con la propria percentuale di inquinatore) perche' l'accordo divenga realta'. A novembre ci sara' a Marrakech (Marocco) la COP22, ma in diversi ritengono che sara' una cosa formale e non sostanziale. Tra i Paesi che mancano all'appello c'e' l'Italia che, nonostante la buona volonta' di alcuni parlamentari ed associazioni ambientaliste che si stanno dando da fare (e che sono politicamente vicine all'attuale maggioranza che ci governa), la ratifica non si intravede; a livello internazionale, gli esperti “dicono” che dovremmo farlo entro la fine dell'anno.
Nel contempo, le nostre citta' continuano ad essere delle camere a gas nonostante gli impegni di tristi amministratori locali buoni solo a fare promesse e dichiarazioni ma latitanti sul piano della realizzazione di infrastrutture che garantiscano la mobilita' alternativa (quella ciclabile per eccellenza). Son questi i momenti in cui ci sfugge quel ritrovato ruolo internazionale che il governo del nostro Paese dice di aver ritrovato dopo tanto tempo e che -in qualche modo- mette positivamente in atto a livello di Unione Europea.
E cosa fa l'industria italiana? Si fa ovviamente i fatti suoi, quelli cioe' che devono fare tutte le industrie, che sono societa' di capitali e non centri di progresso civico e ambientale. E lo fanno anche perche' mancano indirizzi ad hoc da parte di Parlamento e Governo, indirizzi dove il segnale del ritardo (ci auguriamo sia solo questo) della ratifica delle decisioni del summit di Parigi, oltre che una figuraccia di politica internazionale fa male anche ai nostri polmoni e alle nostre tasche: senza i minimi di cui sopra (il cui non raggiungimento e' anche colpa dell'Italia) le decisioni di COP21 non possono essere esecutive, e siccome lo saranno solo dopo 30 giorni da questo raggiungimento, ogni giorno di ritardo non fa altro che accumulare veleno: visto che a Marrakech non ci sara' questo minimo, bisognera' aspettare un prossimo vertice che prenda atto del necessario... e il pianeta e l'Italia continueranno a farsi male.
Dicevamo dell'industria italiana. E' di oggi il grande risalto che Eni ha dato al proprio ultimo ritrovato in materia di carburanti meno inquinati in uno dei settori che piu' contribuiscono a farci male, il diesel. Il gigante petrolifero ci fa sapere che, in attesa di cambiamenti radicali nei sistemi di trasporto (e di indirizzo politico degli stessi -aggiungiamo noi), Eni Diesel+ (il carburante che ha -come dicono loro- il maggiore contenuto di componente biologica e rinnovabile -15 per cento) fornisce un contributo immediato alla riduzione delle emissioni sull'intero parco veicolare a gasolio: e' stato calcolato che se in Italia tutte le auto diesel utilizzassero Eni Diesel+ le emissioni di anidride carbonica si ridurrebbero di 2,7 milioni di tonnellate, circa il 5 per cento del totale, e cio' equivarrebbe ad azzerare le emissioni di tutte le auto circolanti a Milano e Torino.
E' come curare il cancro con un cachet contro il mal di testa. Ci dobbiamo accontentare di questo confermando di essere la provincia della provincia del Pianeta? Noi no, e per questo denunciamo e facciamo appello per una ratifica in tempi strettissimi degli accordi sulla diminuzione dei gas ad effetto serra. 

 
 
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