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9 aprile 2024 15:16 - Claudio Cappuccino
Credo che l'attuale "opioid crisis" americana, che purtroppo continua e continuerà a peggiorare, sia il segno più chiaro non solo del fallimento, ma soprattutto dei DANNI ormai intollerabili del proibizionismo.
Per capirci, è forse meglio partire da alcuni cenni storici.
1. Il proibizionismo moderno nasce nel 1912 (Conferenza dell’Aja), quando in una specie di entusiasmo moralistico, si pensò di proibire per legge l’uso non strettamente “terapeutico” di 4 “droghe” considerate dannose: oppio, morfina, eroina, cocaina (e gli USA e alcuni altri paesi, già che c’erano, pensarono di proibire anche l’alcol, anche se poi su questo capirono presto che era meglio fare marcia indietro).
2. Purtroppo, come prevedibile e da molti previsto, con il proibizionismo non solo i consumi di “droghe” non furono in nessun modo ridotti, ma nacque subito il "mercato nero". Nacque e si sviluppò la grande criminalità organizzata, con tutte le conseguenze sulla politica e l’ordine pubblico. Nacque una diffusa criminalità di strada, e si cominciò a morire per “overdose” o altre complicazioni legate all’uso di sostanze illegali (impure, “tagliate” con sostanze tossiche, contaminate da funghi, batteri e virus, e soprattutto vendute in dosaggi imprecisi e imprevedibili).
E infine, non solo la quantità, ma anche la varietà di “droghe” disponibili aumentò a dismisura: dalle 4 iniziali si passò a 36 (24 naturali e 12 sintetiche) nel 1948, e a 282 (37 naturali, 245 sintetiche) nel 1995. Oggi le “sostanze proibite” – peraltro in libera vendita ovunque 24/7 – non si possono nemmeno più contare (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7750892/pdf/10 .1177_2045125320967197.pdf).
3. Contemporaneamente, l’informazione prevalente sulle “droghe” diventò un mostruoso pasticcio di stupidaggini, miti, fantasie, paure, allarmi, esagerazioni e bugie, il cui principale effetto fu creare una crescente attrazione per “il frutto proibito”, soprattutto per giovani e giovanissimi (fino alla terribile “cultura dello sballo”).
***
Ritornando al discorso iniziale, sull’attuale “crisi degli oppioidi” americana (e sul rischio della sua estensione anche in Europa), non posso analizzare in poche righe un fenomeno complesso come l'uso non-medico di oppioidi, né i motivi per cui è così aumentato in USA negli ultimi anni.
Dico solo che gli oppioidi sono farmaci efficacissimi non solo contro il dolore fisico, ma anche e soprattutto contro ogni condizione di sofferenza psichica (ansia, depressione, disagio, emarginazione, solitudine, povertà), per cui è comprensibile che un certo tipo di persone, in certe condizioni, possa essere portato a usarli continuativamente fino allo sviluppo di “dipendenza”, accettando anche il rischio di morire (NB sotto questo aspetto, gli oppioidi non sono molto diversi dalle diffusissime, iper-prescritte e “rispettabilissime” benzodiazepine – Tavor, Lexotan, Xanax, Rivotril, ecc. – i cui sostanziali vantaggi sono l’uso “legale”, l’assunzione per bocca e il basso rischio di morte per overdose).
In America, a partire dal 1990 circa, un rapido aumento delle prescrizioni mediche di oppioidi (in particolare del famoso OxyContin – ossicodone a lento rilascio) per ogni genere di dolori cronici, e la promozione attiva di tali prescrizioni da parte di alcune ditte farmaceutiche avide di profitti, portarono a una forte diffusione dell’uso "medico" di questi farmaci, ma anche, in poco tempo, alla nascita di un “mercato grigio” di oppioidi farmaceutici, con un primo aumento dei fenomeni di dipendenza e anche – a seguito dell’uso endovenoso di farmaci dosati per la somministrazione orale – con un primo aumento dei casi di “overdose”.
La successiva crisi economica e la perdita di posti di lavoro, particolarmente in alcune aree industriali, aggravarono la situazione. Infine, intorno al 2014, ci fu un cambiamento radicale. Sul mercato nero arrivò il fentanyl, oppioide totalmente di sintesi e enormemente potente. Con 1 kg di fentanyl, che sta in una borsetta, si potevano ottenere tante dosi quante da 50 kg di eroina, ben più voluminosi da contrabbandare, e per i quali si doveva partire da 500 kg di oppio.
Purtroppo il fentanyl si deve dosare in microgrammi, cosa impossibile sul mercato nero, di qui la crescita rapidissima dei morti per overdose “legata a oppioidi”: dagli 8400 del 2000 agli oltre 80.000 del 2021 (vedi https://nida.nih.gov/sites/default/files/Overdose_data_1999- 2021%201.19.23.xlsx).
Mentre qualcuno cominciò a parlare di "morti di disperazione" (A. Case - A. Deaton. Deaths of despair and the future of capitalism. Princeton University Press 2020).
Negli ultimissimi anni, poi, come riportato in questo articolo, hanno anche cominciato a comparire sul mercato nero altri potentissimi oppioidi sintetici, come i nitazeni, e in futuro possiamo aspettarcene ancora altri, già ben noti a chimici e farmacologi, con conseguenze imprevedibili e potenzialmente spaventose.
E questo è, secondo me, il principale motivo per cui oggi dobbiamo parlare MOLTO SERIAMENTE e pubblicamente non solo dell’inefficacia, ma soprattutto dei RISCHI e dei DANNI DEL PROIBIZIONISMO.
E dobbiamo ASSOLUTAMENTE E URGENTEMENTE trovare il modo di uscirne.
P.S.
Vorrei sottolineare che l’effetto forse più perversi del proibizionismo è proprio quello di aver creato una situazione politica, economica e socio-culturale da cui sarà veramente difficile uscire in modo indolore.
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9 aprile 2024 15:16 - Claudio Cappuccino
Credo che l'attuale "opioid crisis" americana, che purtroppo continua e continuerà a peggiorare, sia il segno più chiaro non solo del fallimento, ma soprattutto dei DANNI ormai intollerabili del proibizionismo.
Per capirci, è forse meglio partire da alcuni cenni storici.
1. Il proibizionismo moderno nasce nel 1912 (Conferenza dell’Aja), quando in una specie di entusiasmo moralistico, si pensò di proibire per legge l’uso non strettamente “terapeutico” di 4 “droghe” considerate dannose: oppio, morfina, eroina, cocaina (e gli USA e alcuni altri paesi, già che c’erano, pensarono di proibire anche l’alcol, anche se poi su questo capirono presto che era meglio fare marcia indietro).
2. Purtroppo, come prevedibile e da molti previsto, con il proibizionismo non solo i consumi di “droghe” non furono in nessun modo ridotti, ma nacque subito il "mercato nero". Nacque e si sviluppò la grande criminalità organizzata, con tutte le conseguenze sulla politica e l’ordine pubblico. Nacque una diffusa criminalità di strada, e si cominciò a morire per “overdose” o altre complicazioni legate all’uso di sostanze illegali (impure, “tagliate” con sostanze tossiche, contaminate da funghi, batteri e virus, e soprattutto vendute in dosaggi imprecisi e imprevedibili).
E infine, non solo la quantità, ma anche la varietà di “droghe” disponibili aumentò a dismisura: dalle 4 iniziali si passò a 36 (24 naturali e 12 sintetiche) nel 1948, e a 282 (37 naturali, 245 sintetiche) nel 1995. Oggi le “sostanze proibite” – peraltro in libera vendita ovunque 24/7 – non si possono nemmeno più contare (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7750892/pdf/10 .1177_2045125320967197.pdf).
3. Contemporaneamente, l’informazione prevalente sulle “droghe” diventò un mostruoso pasticcio di stupidaggini, miti, fantasie, paure, allarmi, esagerazioni e bugie, il cui principale effetto fu creare una crescente attrazione per “il frutto proibito”, soprattutto per giovani e giovanissimi (fino alla terribile “cultura dello sballo”).
***
Ritornando al discorso iniziale, sull’attuale “crisi degli oppioidi” americana (e sul rischio della sua estensione anche in Europa), non posso analizzare in poche righe un fenomeno complesso come l'uso non-medico di oppioidi, né i motivi per cui è così aumentato in USA negli ultimi anni.
Dico solo che gli oppioidi sono farmaci efficacissimi non solo contro il dolore fisico, ma anche e soprattutto contro ogni condizione di sofferenza psichica (ansia, depressione, disagio, emarginazione, solitudine, povertà), per cui è comprensibile che un certo tipo di persone, in certe condizioni, possa essere portato a usarli continuativamente fino allo sviluppo di “dipendenza”, accettando anche il rischio di morire (NB sotto questo aspetto, gli oppioidi non sono molto diversi dalle diffusissime, iper-prescritte e “rispettabilissime” benzodiazepine – Tavor, Lexotan, Xanax, Rivotril, ecc. – i cui sostanziali vantaggi sono l’uso “legale”, l’assunzione per bocca e il basso rischio di morte per overdose).
In America, a partire dal 1990 circa, un rapido aumento delle prescrizioni mediche di oppioidi (in particolare del famoso OxyContin – ossicodone a lento rilascio) per ogni genere di dolori cronici, e la promozione attiva di tali prescrizioni da parte di alcune ditte farmaceutiche avide di profitti, portarono a una forte diffusione dell’uso "medico" di questi farmaci, ma anche, in poco tempo, alla nascita di un “mercato grigio” di oppioidi farmaceutici, con un primo aumento dei fenomeni di dipendenza e anche – a seguito dell’uso endovenoso di farmaci dosati per la somministrazione orale – con un primo aumento dei casi di “overdose”.
La successiva crisi economica e la perdita di posti di lavoro, particolarmente in alcune aree industriali, aggravarono la situazione. Infine, intorno al 2014, ci fu un cambiamento radicale. Sul mercato nero arrivò il fentanyl, oppioide totalmente di sintesi e enormemente potente. Con 1 kg di fentanyl, che sta in una borsetta, si potevano ottenere tante dosi quante da 50 kg di eroina, ben più voluminosi da contrabbandare, e per i quali si doveva partire da 500 kg di oppio.
Purtroppo il fentanyl si deve dosare in microgrammi, cosa impossibile sul mercato nero, di qui la crescita rapidissima dei morti per overdose “legata a oppioidi”: dagli 8400 del 2000 agli oltre 80.000 del 2021 (vedi https://nida.nih.gov/sites/default/files/Overdose_data_1999- 2021%201.19.23.xlsx).
Mentre qualcuno cominciò a parlare di "morti di disperazione" (A. Case - A. Deaton. Deaths of despair and the future of capitalism. Princeton University Press 2020).
Negli ultimissimi anni, poi, come riportato in questo articolo, hanno anche cominciato a comparire sul mercato nero altri potentissimi oppioidi sintetici, come i nitazeni, e in futuro possiamo aspettarcene ancora altri, già ben noti a chimici e farmacologi, con conseguenze imprevedibili e potenzialmente spaventose.
E questo è, secondo me, il principale motivo per cui oggi dobbiamo parlare MOLTO SERIAMENTE e pubblicamente non solo dell’inefficacia, ma soprattutto dei RISCHI e dei DANNI DEL PROIBIZIONISMO.
E dobbiamo ASSOLUTAMENTE E URGENTEMENTE trovare il modo di uscirne.
P.S.
Vorrei sottolineare che l’effetto forse più perversi del proibizionismo è proprio quello di aver creato una situazione politica, economica e socio-culturale da cui sarà veramente difficile uscire in modo indolore.
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