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24 ottobre 2010 15:23 - 125125
«La signora Silvana si e' trovata, suo malgrado COSTRETTA a scegliere un aborto terapeutico a causa di una grave malattia diagnostica al feto.»

Le hanno puntato un'arma alla testa? Ma per favore! Non c'è più alcun limite al ridicolo...
25 febbraio 2008 0:00 - L'INFORMATORE


da: www.chiesavaldese.org



Il moderatore della Tavola valdese scrive a Silvana "come donna e come cristiana"


"Sono preoccupata del clima culturale e politico. Non salgo su una cattedra a giudicare una scelta dolorosa, ma mi pongo al fianco di chi sta soffrendo".


La pastora Maria Bonfede, moderatore della Tavola valdese, con una lettera aperta pubblicata su NEV-Notize evangeliche del 20 febbraio 2008, esprime la sua vicinanza nel dolore a Silvana, la donna vittima di un’irruzione di agenti di polizia mentre si sottoponeva ad un aborto terapeutico al Policlinico Federico II di Napoli.

Cara Silvana,
mi permetto di scriverle una lettera aperta perché ho visto che lei ha inteso dare pubblicità a quello che le è accaduto nell'ospedale Policlinico di Napoli.
Lo faccio come donna e come credente, innanzitutto per esprimerle la mia vicinanza in un momento difficile della sua vita, reso ancora più intollerabile da una violenta irruzione nel suo dolore da parte di chi dovrebbe garantire protezione e giustizia. Mi permetto di scriverle perchè sono molto preoccupata del clima culturale e politico nel quale si è consumata la vicenda che la riguarda: la sua dignità ed il suo diritto a compiere una scelta certo sofferta e meditata, sono stati violati nel momento in cui qualcuno ha voluto politicizzare il tema della legge 194 e in particolare il riconoscimento dell’autodeterminazione della donna in materia di aborto volontario. Mi amareggia che tutto questo venga spesso motivato nel nome di valori cristiani: al centro della mia fede in Gesù Cristo, infatti, non c'è una norma o un principio, ma l’attenzione alla singola persona e la pratica dell'amore e della compassione. Quell'amore e quella compassione che le sono stati negati nei giorni scorsi e che, prima dell’approvazione della legge 194 (e della sua conferma con il referendum popolare del 1981) erano negati a tutte le donne che si trovavano, spesso in solitudine, nella drammatica e rischiosa condizione di dover ricorrere all’aborto clandestino.

Noi sappiamo che ogni scelta umana è segnata dal limite e dal peccato, perché puro e santo è solo il Signore. A noi è dato però di operare scelte parziali, con responsabilità, amore e spirito di condivisione.
E’ questa comprensione dell’evangelo, gentile Silvana, che oggi mi porta vicino a lei e alle tante donne che, invece di solidarietà e rispetto, incontrano perentori giudizi senza appello.
Come donna e come cristiana so che l'esperienza della vita che nasce dentro di noi è una infinita grazia del Signore; per questo credo che ci si debba impegnare seriamente nella diffusione di una cultura della contraccezione, che avvii alla procreazione cosciente, voluta e responsabile. Ma al tempo stesso so che la vita ci pone sfide e problemi enormi che non possono essere risolti con una brutale semplificazione: che cosa significa amare di fronte a un feto malformato? E' una domanda che ogni genitore si è posto mille volte ed alla quale non credo si possa dare una risposta univoca e assoluta. Per questo, come pastore, non salgo su una cattedra a giudicare una scelta difficile e dolorosa, ma mi pongo al fianco di chi sta soffrendo, con simpatia e nella preghiera.

Pastore Maria Bonafede,
Moderatore Tavola Valdese


19 febbraio 2008 0:00 - Sergio
Gianni, la cosa drammatica è che l'Italia, come tutti gli altri Paesi del mondo, proviene da una esperienza lunga di punibilità dell'aborto.
Nonostante i rischi penali le donne abortivano clandestinamente e morivano.

Ancora oggi nel mondo il 40% degli aborti avviene nella clandestinità con circa 80000 donne che annualmente muoiono di aborto. Le donne rischiano così tanto per puro divertimento? Per provare l'ebbrezza della lapidazione, del carcere, della morte?

"Cosa fai questa estate?"
"Scopo come una matta, spero di riuscire a restare incinta così a ferragosto vado ad abortire."
"Davvero?"
"Sì, pensa che sto facendo una curetta per avere una gravidanza multipla. Sai che bello abortire due o più feti!"

Forse qualcuno pensa che questo sia un possibile dialogo tra donne.

Nei lunghi decenni di punibilità dell'aborto, a fronte di tanti milioni di aborti clandestini si sono svolti pochissimi (molto meno di mille) processi.
L'aborto era diffusissimo, ma rappresentava solo "una piccola storia ignobile" che non meritava due parole su un giornale della musica o parole un po' rimate.. che non meritava nemmeno l'attenzione della gente...

L'aborto era punito e questo bastava agli ipocriti benpensanti, sempre attenti a salvare le apparenze.
Di aborto non ne parlava nessuno, tranne coloro che si battevano per la depenalizzazione e poi per il riconoscimento dell'interruzione legale della gravidanza.

Oggi, che siamo riusciti a far diminuire gli aborti, che c'è una maggiore sensibilità sui problemi etici e si potrebbe promuovere la cultura della responsabilità e della prevenzione, si preferisce lanciare slogan inutili e crociate buone solo a scopi ben diversi da quelli dichiarati.

Che si debba tendere alla massima tutela possibile per il nascituro è sacrosanto. Mettere sullo stesso piano etico e giuridico l'aborto coatto e l'aborto volontario è semplicemnte sintomo di totale mancanza di cultura giuridica e sensibilità etica.
Trasformare l'invito alla tutela della vita "dal concepimento alla morte" in una norma giuridica è semplicemente folle.

Proporre improbabili e ambigue analogie tra moratoria della pena di morte e moratoria dell'aborto è assurdo.
Per rendersene conto basterebbe riflettere su cosa comporta la moratoria della pena di morte e cosa comporterebbe la moratoria dell'aborto.
La prima moratoria è un invito agli Stati dal desistere dall'esecuzione della pena capitale (ogni Stato mantiene la propria sovranità e può svolgere comunque la funzione giudiziaria anche se dovesse accogliere l'invito ONU); la seconda moratoria, quella dell'aborto, dovrebbe per analogia tradursi in un invito alle donne a riflettere. Cosa che avviene già: la donna può abortire solo dopo 7 giorni dal rilascio del certificato che l'ammette all'intervento.
Ma alla domanda quali effetti concreti avremmo se passasse la moratoria, molti fuggono senza rispondere e altri cominciano a vaneggiare intorno alle vite salvate perché sarebbe nuovamente proibito l'aborto. Ma se lo stesso Ferrara afferma che la legge 194 non va abolita, va solo applicata in ogni sua parte.
Quante stupide illusioni e quanta ignoranza sta producendo questa beffarda iniziativa suonata col trombone?
19 febbraio 2008 0:00 - L'INFORMATORE


Da www.chiesavaldese.org


ATTUALITA' E NEWS

Aborto, diritti in conflitto?
di Vera Schiavazzi

Un dibattito superficiale per questioni ben più complesse
L’interesse per i diritti della madre può confliggere con quello per i diritti del potenziale prematuro. Troppe aspettative dalla scienza


Come donna, come madre, come credente e come giornalista vorrei provare a formulare alcune (scomode) domande, o pensieri, che il recente dibattito sulla legge 194 che regola l’aborto volontario in Italia mi ha suscitato, e che a mio avviso tutti dovremmo porci se non vogliamo incorrere nell’errore più grave che spesso contestiamo ai nostri avversari: quello di strumentalizzare a fini politici, ideologici e culturali un’evenienza, l’aborto, che appartiene invece a una dolorosa sfera personale, che pone ai singoli e ai medici legittimi interrogativi etici. E che appartiene all’esperienza diretta e drammatica di milioni di donne, compresa quella che scrive queste righe. Sono domande (e pensieri) che vorrei fare insieme a chi, come me, difende la (buona) legge 194 e ritiene doveroso che in un paese civile una donna possa abortire, ma non per questo è disponibile a rinunciare a interrogarsi sul significato della parola «vita» o a usare la scienza e i suoi progressi come una coperta che ciascuno può tirare dove vuole per sostenere le sue tesi. Un dato per tutti: l’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) ha fissato fin dal 1997, cioè in un’epoca nella quale la neonatologia non aveva ancora conosciuto molti degli attuali traguardi, la definizione di «feto» a 22 settimane di gestazione e 500 grammi di peso, al di là dei quali si parla invece di «prematuro».

Il legislatore che ha scritto il testo della legge 194 ha giustamente e volutamente escluso la possibilità che l’aborto terapeutico, cioè quello che può intervenire tra il quarto e il sesto mese di gravidanza, si potesse giustificare tout court come «selettivo». Il legislatore, dunque, non ha scritto che è sufficiente una diagnosi di anomalia o di malformazione del feto, ma ha precisato che per poter effettuare l’aborto oltre il terzo mese occorre che sia a rischio «la salute fisica o psichica della madre». Si è ammesso quindi, come è giusto che sia, che ciascuno di noi possa reagire diversamente a una medesima disgrazia. E che a fronte di una donna, o di una famiglia, che sente di voler accogliere un bambino malato, disabile, o che magari ha poche possibilità di sopravvivere ne esista un’altra che non vuole o non può farlo.
È giusto e sacrosanto che l’essere che la madre porta in grembo dal giorno del concepimento fino a quello del parto sia considerato dalla legge, e dal nostro comune sentire, come un essere non autonomo, sul quale un’altra persona – la madre appunto – può decidere. Questa evidenza fa parte della realtà esistenziale di ogni giorno, e difatti nessuna legge vieta a una donna incinta di fumare, bere, drogarsi, correre in auto o buttarsi dalle scale. Di più: il legislatore ha previsto, in altre norme, attenuanti per la puerpera che uccide il suo neonato, proprio perché ha riconosciuto il legame inestricabile e non sempre felice che unisce una donna al figlio.

Un parto prematuro
Le cose cambiano appena il parto avviene, e l’aborto terapeutico è a tutti gli effetti un parto (prematuro) indotto con i farmaci. Il neonato prematuro dalle 22 settimane di gravidanza in avanti uscito dal grembo materno rappresenta senza dubbio un essere giuridicamente autonomo. Il parere della madre e del padre che esercitano la patria potestà è dunque, nel suo caso, di uguale valore rispetto a quello di una madre o di una coppia chiamata dai medici a pronunciarsi sulle terapie da effettuare su un bambino di un mese, un anno o dieci in pericolo di vita. È necessario e doveroso chiederlo, ma non sempre è sufficiente. La data gestazionale indicata quando si decide l’aborto è di norma presunta, e solo il medico presente al momento dell’aborto o del parto può rendersi pienamente conto della sua esattezza.
Non dobbiamo essere ipocriti. Nella maggior parte dei casi, l’aborto terapeutico è collegato a una diagnosi di malformazione, perlopiù quella che indica la nascita di un bambino down, che arriva troppo tardi per consentire un’interruzione nei primi tre mesi. È giusto rispettare la donna (e la coppia: nella realtà spesso molte persone circondano e influenzano la donna che deve decidere) che «non se la sente» di accettare questo peso. Ma è anche giusto rispettare e sostenere chi decide di fare diversamente, e riconoscere che queste vite, quelle dei disabili, dei malformati, di chi non diventerà mai adulto sono vite rispettabili (e degne agli occhi di Dio) quanto le altre, quanto le nostre.

Il legislatore è, in media, un adulto, di solito maschio, di solito ben riuscito nella sua carriera. È lui che ispira e determina le norme, e lo fa, come è umano e inevitabile, lasciandosi influenzare dai propri interessi. È dunque inevitabile che le leggi, e la 194 non fa eccezione se non nella misura in cui ha risentito positivamente e più di altre dell’impegno civile e culturale di milioni di donne, riflettano questa realtà. Se una legge obbligasse la donna incinta al quinto o sesto mese ad attendere il nono mese e il parto naturale per poi dare il figlio non voluto in adozione noi protesteremmo, giustamente, perché nessuno può imporre a un altro essere umano un periodo angoscioso e pagato sulla propria pelle. Ma vogliamo ammettere, almeno sul piano etico, filosofico, per così dire, che la prevalenza di questo giusto interesse avviene a svantaggio di un altro interesse, quello del feto di cinque o sei mesi che potrebbe, solo Dio lo sa, diventare un bambino?

Scienza taumaturgica?
La nostra società è orientata, talora in modo esasperato, ad aspettarsi dalla scienza le soluzioni ai propri drammi. Ciò avviene, come sappiamo bene, anche nella lotta all’infertilità, in quel desiderio di diventare madri, o padri, che ormai siamo vicini a considerare un diritto. È ammissibile o no che alcuni bambini nati gravemente prematuri siano considerati «preziosi» (è questo il termine tecnico usato dai ginecologi che si occupano di gravidanze volute e difficili), magari perché frutto di molti e dolorosi tentativi di fecondazione artificiale, e che si cerchi in ogni modo di portarli alla vita autonoma e alla crescita, mentre ad altri, alla stessa età gestazionale, non vengono praticate se è possibile le stesse terapie? La risposta è in mano al medico, che agisce in «scienza e coscienza», sempre, e che certo non può e non deve dibattere con nessuno quando deve prendere una decisione in pochi minuti.
In conclusione, occorre essere consapevoli che quando si parla di «rianimazione dei feti» si dice una cosa imprecisa. Che si tratta di pochi, pochissimi casi – quelli nei quali il feto diventato prematuro ha reali possibilità di vita autonoma – e che in quei pochi casi decide perlopiù l’esperienza, la pietà e la capacità del medico. E che non dobbiamo consentire che la battaglia culturale e politica, che pure impegna legittimamente molti di noi, renda le nostre coscienze cieche e sorde.

Tratto da Riforma del 15 febbraio 2008








18 febbraio 2008 0:00 - Gianni
Forse qualcuno potrebbe domandare al nascituro se preferisce venire al mondo per soffrire per sentirsi diverso o essere sano, senza complessi da trascinarsi per la vita, la vita quella vera non un po di cellule che si stanno riproducendo.
Gli estremisti siete voi che combattete la legge sull'aborto che non consentite l'uso della pillola abortiva, che volete tornare alla macellerie degli aborti clandestini, che impedite di verificare se un embrione da impiantare sia sano oppure malato.
Fa rabbia vedere gente andare all'estero per evitare gli ostacoli che una legge cretina.
Gianni
18 febbraio 2008 0:00 - Sergio
Caro Reset,
non ho una risposta, ma solo tante riflessioni

Ritengo che l'espressione "anomalie e malformazioni" sia troppo generica e poco coerente con una normativa che, pur riconoscendo la facoltà di abortire, non ha affermato il diritto potestativo sul nascituro.

La questione è aperta e proprio su questo punto servirebbe una discussione serena e approfondita.

L'aspetto soggettivo non può essere trascurato.
La soluzione punitiva non mi convince proprio per nulla; cosa dovremmo punire uno stato d'ansia immotivato? una paura inconscia? Possiamo proibire la paura?
Saprai che ci sono donne che vanno in depressione durante la gravidanza... ma accantoniamo questo aspetto che rischia di portarci lontano.

Quel che potremmo fare è realizzare servizi sociali adeguati per ospitare bambini nati con anomalie e malformazioni (e non solo questi), ma con genitori che non se la sentono di accoglierli. Servizi sociali che si prendono cura di questi bambini anche attraverso il sistema dell'affidamento, quindi senza escludere i genitori naturali.
Situazioni di questo genere sono già sperimentate e possono funzionare.
Molto spesso una donna, una coppia, ha solo bisogno di tempo... perché non provare a darglielo?

Amore per la vita, per quel che mi riguarda, significa anche andare oltre la cultura "proprietaria" dei figli: possiamo cominciare a considerare i bambini un "patrimonio dell'umanità" come si fa per i monumenti?

Agire per superare pregiudizi e percorsi obbligati che mortificano e creano sensi di colpa, mi sembra una strada da percorrere.

Rifletti su un punto.
Come mai si preferisce talvolta partorire in segreto e poi disfarsi del pargolo abbandonandolo? Coloro che si comportano così non sanno che possono partorire in segreto, in una struttura pubblica, e non riconoscere il bambino?
Probabilmente il senso di colpa e la vergogna che scaturisce dal sapere che altri sanno è più forte del rischio di essere beccati. Si ritiene, sbagliando, che sia più facile mettere a tacere la propria coscienza quando non si deve condivedere con altri qualcosa (un figlio non desiderato) che è vissuto come una vergogna. Ma è una falsa convinzione, come ben sanno le donne che hanno vissuto il dramma dell'aborto clandestino e il dolore della solitudine in cui si consumava quel dramma.

Ecco, penso che se si abbandonano i toni da crociata, la presunzione che ci sia qualcuno che è per la vita e altri che sono per la morte, avremmo tanta strada da percorrere con esiti più costruttivi.
17 febbraio 2008 0:00 - Bertoldo
Kit Scarson, ti ci sai mettere con le persone educate che non ti mandano a farti fottere, sì?
Sergio, lascialo schiattare, tanto qualsiasi cosa gli dici si arrampica comunque sugli specchi. Ribattere ad uno senza argomenti è solo una perdita di tempo.
B.O.
17 febbraio 2008 0:00 - maria
la verita' fa male, a voi non interessa niente dell'aborto altrimenti lottereste per altre vie, come la lotta contro la violenza contro la poverta' per i diritti delle donne ecc ecc, a voi interessa solo ripristinare l'ordine maschile di ricatto contro la donna , ipocriti, della vita non ve ne frega niente, perhce' sapete perfettamente che l'aborto clandestino e' la manna per molti medici cosiddetti ''obiettori'', ipocriti!
17 febbraio 2008 0:00 - Reset
Non replico a Maria e Gianni che sostengono e difendono posizioni davvero...incomprensibili e talmente estremiste da far addirittura paura e rabbia, perchè in totale dispregio della vita dell'Uomo e della dignità e della serietà di migliaia di professionisti.

Replico, invece, a Sergio.
Il tuo discorso è il seguente: bene, alcune malformazioni sono chirurgicamente guaribili, consentendo ai neonati che ne sono affetti una vita relazionale, sociale e personale del tutto normale per cui occorrerebbe davvero distinguere fra malformazioni e malformazioni in forza delle quali tenere in diverso conto eventuali risvolti psicologici negativi sulle future mamme, però il dato del risvolto psicologico non è quantificabile, non è prevedibile, per cui una donna potrebbe davvero ricevere un danno psicologico elevato per una malformazione anche di lieve entità del proprio bambino, per cui sarebbe lecito richiedere l'aborto per danni psicologici alla madre se proseguisse la gravidanza, pur se quella malformazione è chirurgicamente guaribilissima.
Concordo con te pienamente, però...dove metti, allora, il rispetto della vita umana?
Se una donna decide di abortire per, ad esempio, un onfalocele o un labbro leporino, o un piede torto bilaterale o una malfromazione cardiaca minore del suo bambino, pur se durante il counseling le viene spiegato che queste anomalie sono chirurgicamente riparabilissime, allora dovrebbe, dopo l'aborto richiesto ed ottenuto per gravi danni psichici connessi alla prosecuzione della gravidanza (come recita l'attuale 194), sempre per una nuova legge più rispettosa della scralità della vita, per esempio, prestare servizio presso un centro di riabilitazione per motulesi o in ospedali pediatrici dove ci si prende cura di bambini con problemi per un periodo non inferiore ad 1 anno, in maniera continuativa, per esempio.
Un deterrente ci vuole, non credi?
16 febbraio 2008 0:00 - maria
vallo a di re algi obiettori che non vedrebbro l'ora di ricomnciare ad operare in clandestina con grandi guadagni, la vita va difesa ma l'accanimento e' contro la vita , e' solo presunzione, e 'il tentativo di voler superare addirittura il dio per il quale vi arrogate il diritto di parlare, salvo poi favorire l'ipocrisia .
16 febbraio 2008 0:00 - Gianni
La 194 va difesa e ampliati i motivi per cui una donna possa abortire senza giustificazioni, occorre inoltre rendere regolare l'uso della pillola abortiva per non ricorrere ad interventi più invasivi.
Quelli che, per loro ragioni etiche morali religiose, rifiutano l'aborto, sono liberi della loro scelta, lasciate la stessa libertà agli altri.
Oppure vogliamo che si debba andare all'estero per l'aborto, come succede ora per quella cazzata fatta sulla legge 40.
Il bello che c'è uno stupido che se ne vanta.
Gianni
16 febbraio 2008 0:00 - Sergio
Carson, l'unico che ha la pretesa di affermare verità assolute, granitiche e senza alcun dubbio sei tu.

Gli altri, cercano di definire dei punti certi dai quali iniziare un confronto e un'analisi.

Abbiamo capito che per te l'aborto è sempre un omicidio. Abbiamo capito che per te la 194 va avolita.

Quel che non abbiamo capito è cosa succede dopo aver fatto queste meravigliose cosette.

L'abolizione della 194 ci porterebbe alla situazione ante 1978: aborti clandestini, morti e pochissimi processi.
Perché è bene che tu sappia, caro Carson, che a fronte di milioni di aborti avvenuti fino al 1978 in regime punitivo e proibitivo ci sono stati solo poche centinaie di processi. Che cosa ti lascia pensare che le cose andrebbero adesso diversamente? Non è che v'interessi solo l'ipocrita affrrmazione che l'aborto è proibito per poi far finte di non vedere, come succedeva in passato? Come mai nessun Paese al mondo - e tutti sono stati proibizionisti sull'aborto e molti lo sono ancora - ha sconfitto la piaga dell'aborto?

Possibile che queste elementari realtà - non verità, Carson, ma realtà incontrovertibili - non ti facciano venire qualche dubbio?

Se poi considerassimo l'aborto un omicidio non solo sul piano etico ma anche sul piano giuridico (perché è questo che affermi, no?), come ti ho già spiegato, ma sembra che non sei in grado di comprenderlo, si determinerebbero conseguenze catastrofiche che tu e i tuoi amichetti vi guardate bene dall'affrontare, limitandovi ipocritamente a sventolare la bandierina della vita della quale in realtà non ve ne frega nulla, diversamente accettereste il confronto sulle conseguenze giuridiche e pratiche dell'affermazione "l'aborto è un omicidio".
16 febbraio 2008 0:00 - carson
x il padreterno che sdottora da settimane sul forum,
vorrei dire a quel padreterno che si arroga il diritto di vivisezionare ogni intervento per poi rilasciare il suo personalissimo patentino di verità che qui stiamo parlando ESSERI UMANI non di cavalli o vacche!
come ti permetti di stabilire quando una vita vale la pena di essere vissuta e quando invece un feto si può uccidere??
la vita va difesa senza 'se' e senza 'ma'altro che 'aspetto soggettivo'!
vai in inghilterra dove si abortisce per la probabilità di avere un figlio col labbro leporino! l'aborto è un omicidio e la 194 va abolita mettitelo nella zucca! finalmente oggi, dopo anni di oblio, si torna a parlarne anche grazie alla disfatta che avete subito sulla legge 40!
16 febbraio 2008 0:00 - maria
Pedofilia: Viterbo, ex parroco condannato a quattro anni
16 feb 12:25 Cronache

VITERBO - Condanna a quattro anni e quattro mesi di reclusione per Don Massimiliano Crocetti, l'ex parroco di Oriolo Romano - in provincia di Viterbo - accusato di violenza sessuale su minori. Nell'agosto di due anni fa il sacerdote fu arrestato con l'accusa di aver abusato di due minorenni, uno a Oriolo Romano, l'altro a Vetralla, dove era viceparroco. (Agr)



SI OCCUPASSERO DI QUESTO PROBLEMA , PIUTTOSTO.
16 febbraio 2008 0:00 - Sergio
Bene Reset.
Adesso hai espresso compiutamente e correttamente una posizione che può costituire un ottimo punto di partenza per una discussione seria, concreta e non intorno a questioni astratte.

Non ci sono dubbi che andrebbero meglio definite le anomalie e le malformazioni del nascituro che possono consentire un aborto dopo i 90 giorni.

Biosgna fare però attenzione all'elemento soggettivo.
Mi spiego.

Una definizione più restrittiva delle anomalie e delle malformazioni o una puntuale elencazione delle stesse consentirebbe di accertare l'elemento oggettivo per l'eventuale ricorso all'aborto ma rimane scoperto l'elemento soggettivo a partire dalla componente psichica. Questo è il nodo più ostico perché ogni problema o difficoltà non è mai uguale per tutte le persone, risultando determinante l'aspetto caratteriale, culturale, sociale, psicologico dell'individuo.

Che ne pensi di questo aspetto?

Secondo me serve una definizione più precisa di "anomalie e malformazioni", ma eviterei una elencazione minuziosa che rischierebbe di escludere l'aspetto soggettivo che invece è rilevante nel ricorso all'aborto.
Penso si possa anche rivedere il termine temporale poiché oggi le conoscenze ci consentono di poter anticipare determinati accertamenti. Forse portare il limite a 5 o 5mesi e mezzo potrebbe essere possibile. Però su questo punto sono gli specialisti che devono esprimersi mentre i legislatori dovranno valutare l'efficienza del sistema sanitario.
16 febbraio 2008 0:00 - Reset
Cassazione sez. III civile N°16123 del 14.07.2006 (non 2005) chiedo scusa.

Nel merito.
Ho detto le stesse cose che sono state scritte da Sergio per ciò che riguarda il fatto di poter abortire dopo i 90 giorni, ma con parole diverse.
In altri termini si può abortire NON per le malformazioni del feto, ma per l'effetto di patologie fisiche o psichiche sullo stato di salute della madre (compresi gli effetti psichici negativi derivanti dal sapere di una malformazione fetale).
In buona sintesi non si abortisce perchè il feto è malformato. Non esiste il diritto, in Italia, a nascere SANI (vedi la sentenza della Cassazione civile sentenza già enunciata), quindi, NON ESISTE l'aborto EUGENETICO!!!
Chi dichiara di volere PER FORZA un bambino SANO, lo fa CONTRO LEGGE!!

Riguardo alla sindrome di Klinefelter, come per molte altre situazioni borderline, sarebbe quanto mai opportuno metter mano alla legge per limitarne un uso strumentale.
Vi sono malformazioni che consentono al nascituro una vita normale se trattate adeguatamente (malformazioni cardiache, della parete addominale dell'apparato gastroenterico, dell'apparato uropoietico, alcune anomalie cromosomiche) che dovrebbero portare ad una revisione della legge stessa, in considerazione della sacralità della vita umana.
Se fossi un legislatore, proporrei che l'interruzione della gravidanza possa essere richiesta per evitare problemi fisici o psichici alla madre SOLO SE una eventuale malformazione riscontrata al feto, di fatto, ne comporti la morte o una vita vegetativa o una vita con modestissime e ridotte capacità relazionali, dal momento che la scienza medica ha compiuto progressi notevoli nel riportare alla normalità quadri patologici un tempo invariabilmente infausti o, comunque, fortemente disabilitanti.
In altre parole, occorrerebbe spiegare alla futura mamma che un onfalocele (una sorta di ernia della parete addominale), è ormai perfettamente guaribile nella quasi totalità dei casi (counseling), per cui ella non è giustificata nei suoi "timori" talmente elevati da comprometterne l'integrità psichica, a causa di questa patologia, ripeto, quasi invariabilmente curabile.
idem dicasi per alcune malfromazioni cardiache minori, per problemi di vescica iperdistesa per valvole uretrali posteriori ecc.ecc.
Patologie, però, per le quali, ancora oggi, vi sono donne...che richiedono l'aborto!!
15 febbraio 2008 0:00 - DE pravato
In politica e in amore tutto è permesso!

Du' cojoni!!! (scusa, Gabriellì!)
15 febbraio 2008 0:00 - passante
X ? ? ? ?
anche io ho la stessa sensazione, mi piacerebbe proprio sapere chi ha fatto la famigerata denuncia.
E comunque anche le manifestanti non hanno avuto molto rispetto della donna che ha abortito, in fondo l'hanno strumentalizzata anche loro.
15 febbraio 2008 0:00 - ? ? ? ?
Tutta la vicenda (comprese le manifestazioni prontamente organizzate) mi puzza come un caso montato ad arte per contrastare la lista Ferrara (alla faccia della democrazia)...
15 febbraio 2008 0:00 - Sergio
Reset, hai ragione.
L’espressione “aborto terapeutico” è una delle tante infelici sintesi giornalistiche a cui ormai siamo abituati (come la storiella dell’embrione con tre genitori). Come infelice è l’uso che si fa del termine “eugenetica”, e l’elenco potrebbe proseguire con molti altri termini.

La legge 194/1978 prevede solo l’aborto nei primi novanta giorni o dopo (vedi art. 6)
a) quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna;
b) quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.

Come vedi, Reset, anche la tua sintesi è infelice: tra i processi patologici che possono determinare pericolo per la salute della donna rientrano anche le anomalie e le malformazioni del nascituro.
La norma non prevede che l’aborto sia praticato “in conseguenza delle malformazioni del nascituro” ma solo nel caso in cui queste malformazioni determinino “un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna”.

Può sembrare a prima vista una norma “ipocrita” e senza dubbio qualcuno sostiene ciò. In realtà, la norma mette in primo piano la salute della donna. Non solo salute fisica ma anche psichica.
E’ quindi la donna che deve valutare le sue forze e capacità nel far fronte a una situazione problematica che si potrebbe verificare con la nascita di un bambino con anomalie e malformazioni.

Sia ben chiaro, non sto esprimendo valutazioni morali (queste competono a ciascuno di noi) ma tento di riportare la questione al senso della norma giuridica, che è coerente con quanto affermato ripetutamente anche dalla Corte Costituzionale (in estrema sintesi, prima viene la donna e poi il nascituro; la donna, essendo già persona, ha diritto a una tutela superiore rispetto al nascituro che persona ancora non è).
Le norme possono essere cambiate, è ovvio.
Opportuno però non confondere l’ambito etico e l’ambito giuridico.
Un comportamento può essere lecito sul piano giuridico e allo stesso tempo illecito in una determinata concezione etica.
L’assurdo si verifica quando si vuole trasformare “l’illecito etico”, il peccato, in illecito giuridico, in reato, senza cambiare le norme ma con modalità subdole.

Riguardo poi alla sindrome di Klinefelter, anche se nella maggioranza dei casi non si tratta di una sindrome “terribile”, trovo di cattivo gusto la sortita di Ferrara sui testicoli piccoli e il seno grande.
Si presentano problematicità serie con percentuali di una qualche rilevanza e forse non è il caso di addentrarsi in questa materia sulla scorta di un dizionario medico...
Almeno per il rispetto che è dovuto a chi vive situazioni difficili a causa di questa malattia (per fortuna pochi, ma ci sono anche loro), il circo Ferrara è pregato di comportarsi in modo civile ed educato.

Non dimentichiamoci che ogni notizia assume un valore diverso in base a come è comunicata. Cosa ne sappiamo di come è stata presentata questa sindrome alla donna di cui tutti parlano? Che ne sappiamo del contesto familiare e sociale di questa donna; di come ha vissuto da quando ha appreso la “notizia”; dell’intelligenza o stupidità, competenza o incompetenza delle persone che le sono state vicine mentre ha maturato la decisione di abortire. Che ne sappiamo di tanti altri aspetti che sono determinanti nell’indurre una decisione?
Credo che nessuno abbia il diritto di fare “un processo” alla scelta di quella donna, tanto più che quella scelta è stata valutata dal medico che ha ammesso la donna al trattamento abortivo.

Reset, una cortesia, se citi leggi e sentenze vuoi usare la compiacenza di fare citazioni corrette?
Cassazione 14.07.2005 non significa nulla; sarebbe come dire hai visto il film del 1997? Quale film?
Una sentenza si cita indicando numero e data ma anche identificando chi ha emesso la sentenza (cassazione civile? Penale? Sezione?).
15 febbraio 2008 0:00 - maria
quello che e' successo a napoli e' di una gravita'assoluta anche alla luce del fatto che segnalazioni anonime di donne che subiscono violenza o molestie vengono dalle forze dell'ordine spesso ignorate...si sta facendo una campagna non contro la 194, legge saggia e necessaria , ma contro l'autodeterminazione della donna, mentre di preti pedofili non si parla piu'
15 febbraio 2008 0:00 - Gianni
Certamente è meglio mettere al mondo dei bambini anche se si può con certezza sapere che sarà malato o malformato o che non avrà possibilità di sopravvivenza, poi la legge permette di non riconoscerli e abbandonarli.
Oppure, per estremo rimedio, c'è sempre il cassonetto della immondizia.
Gianni
15 febbraio 2008 0:00 - Reset
Visto che si vuole fare (o si vorrebbe fare) informazione, ricordo a tutti voi che in Italia NON è consentito (vedi Cassazione 14.07.2005) l'aborto EUGENETICO, ovvero la facoltà di abortire per patologie del FETO.
La strumentalizzazione è proprio questa.
In altre parole, non SI PUO' ABORTIRE, per LEGGE, un feto PERCHE' MALFORMATO, come si evince dai vostri interventi.
Fino a prova contraria, si PUO' ABORTIRE per GRAVI PERICOLI PER LA SALUTE FISICA O MENTALE DELLA DONNA NEL PROSEGUIRE LA GRAVIDANZA.
Questo è perchè si FACCIA CHIAREZZA SUI TERMINI DELLA QUESTIONE.
In quanto, poi, alla sindrome di Klinefelter, moltissime persone (uomini)scoprono di esserne affette in età scolare o addirittura in età giovanile/adulta per problemi di infertilità. Quanto riportato in termini di ritardo mentale, è pura teoria/fantasia.
Come in tutte le sindromi cromosomiche, anche nella S. di Klinefelter si può avere una penetranza ed una espressività appena accennata del cromosoma X sopra-numerario, per cui il soggetto (il fenotipo) può risultare del tutto normale, ripeto DEL TUTTO NORMALE, tranne che per problemi di infertilità.
Facciamo della giusta informazione, per favore, almeno su di un sito di consumatori, evitando di sparare sentenze a gogò, senza essersi prima adeguatamente documentati.
14 febbraio 2008 0:00 - Gianni
Quanto accaduto a Napoli è anche conseguenza di quella schifosa e incivile campagna antiabortista, che una certa classe politica porta avanti con la compiacenza la complicità e l'appoggio del vaticano.
Gianni
14 febbraio 2008 0:00 - carmen
per fortuna ci sono persone come voi che reagiscono e chiedono giustizia per noi liberi cittadini sempre più depredati dei nostri diritti...
grazie per avere denunciato i responsabili di questo atto barbarico...
vorrei sapere come andrà a finire e se quell'infermiere lascerà il posto a qualcuno più meritevole (parliamo del Policlinico di Napoli e ne avrei da raccontarne!!!).
saluti cordiali

ps-vorrei potermi esprimere su Giuliano Ferrara...un maiale cui si è dato il diritto alla parola...mi riocorda un certo old major...
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