L'accanimento in sè è una forma terapica finalizzata a
rinviare la morte senza incidere sulla qualità della vita.
Lo stesso sostantivo è declinabile in negativo poichè non
lascia intravvedere un uomo o una donna, bensì una
'sofferenza' che si prolunga per poco o lungo tempo,
il chè rattrista quanti vivono attorno la morente. Non è
pertanto semplice 'affezionarsi' al sotantivo se
l'aggettivo (terapeutico) non è funzionale alla cura.
Credo si più opportuno orientare gli sforzi della medicina
e della stessa bioetica in direzione di una migliore
qualità della vita del morente che ha il diritto di avere
risparmiate le 'pene' di una condizione
fisio/psichica indicibile. Ciò credo sia possibile
attraverso cure palliative mirate a sconfiggere il
'dolore' sino alla fine naturale della 'via
crucis'.