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Ritratto di uno "scienziato immorale": il professor Austin Smith
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Articolo di Grazia Galli
11 giugno 2002 17:51
 
Il professor Austin Smith, direttore del Centro per la Ricerca sul Genoma all'Universita' di Edimburgo, si dice convinto che nel giro di 10 anni ci saranno i primi trials clinici che prevedono l'uso di cellule staminali per la terapia del Parkinson. Da circa venti anni, lo scienziato scozzese studia lo sviluppo embrionale ed il differenziamento delle cellule staminali nel topo ed ora intende trasferire la sua esperienza allo studio dell'uomo. E' lui il primo scienziato britannico che ha ottenuto dalla Human Fertilisation and Embryology Authority (HFEA), l'autorizzazione necessaria a estendere le sue ricerche agli embrioni umani avanzati dagli interventi di fecondazione assistita. Ed e' a lui che sono andati i primi finanziamenti della Wellcome Trust e del Britain's Biotechnology & Biological Sciences Research Council.
Attivisti dei movimenti contrari all'aborto e organizzazioni religiose integraliste hanno cercato di intimidirlo in tutti i modi, ma nessuno e' ancora riuscito a scalfire la paziente tenacia con cui si dedica al suo lavoro. La sua serieta' e' conosciuta in tutta la comunita' scientifica che lo considera, a ragione, una delle massime autorita' nel suo campo.
Il suo nemico ora e' la sindrome di Parkinson, contro la quale prepara con cautela le sue armi, con l'umilta' e la pazienza dell'artigiano che prima di tutto vuole capire il funzionamento di ogni singolo meccanismo, anche il piu' banale, prima di alzare la testa dal suo banco e dire "Ho trovato". Nel suo studio le foto dei familiari sono mescolate alle immagini di embrioni scattate al microscopio. Ma se cercate di trovare in lui qualche segno di malcelato fanatismo perdete il vostro tempo. Nessuna tragedia familiare lo ha indotto ad occuparsi di studi che alcuni considerano "moralmente inaccettabili". Anzi, nelle interviste che rilascia con molta parsimonia, ha dichiarato di comprendere le ragioni di chi si oppone alla ricerca sugli embrioni. Soprattutto quelle dei cattolici, come i suoi stessi genitori. Il suo rispetto per l'altrui pensiero e' tale che, pur avendo sottomesso il suo progetto all'HFEA nel 1994, il professore non ha fatto alcuna pressioni per ricevere l'autorizzazione, ne' si e' lamentato della lunga attesa, preferendo aspettare che nel suo Paese vi fosse un ampio dibattito sull'uso degli embrioni nella ricerca biomedica. E ad organizzare e promuovere la partecipazione di tutti i cittadini si e' dedicato personalmente, collaborando con tutte le associazioni pubbliche e private che lo hanno interpellato.
Ora l'autorizzazione a proseguire i suoi studi e' arrivata e pazienza se ci sono voluti anni. Anni durante i quali il professor Smith dice di non aver trovato una sola valida ragione per convincere un malato di Parkinson che e' meglio gettare un embrione nella spazzatura che usarlo per tentare di trovare una nuova terapia. E cosi', fino a che ci sara' un ragionevole motivo per sperare di ottenere nuove cure per malattie ora incurabili, lui andra' avanti nel suo lavoro.
 
 
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